Nel Fuoco

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Arianna passò quel Natale leggendo un interessantissimo libro, che le aveva regalato Cristina. Come sottofondo musicale di quel Natale non aveva Jingle Bells o Tu Scendi Dalle Stelle, ma le canzoni del disco di suo fratello. Ammazzava così la solitudine di quel Natale: suo fratello era già partito per Milano, sua madre era andata nella regione del suo compagno, Cristina era andata in vacanza con la sua famiglia a Berlino e suo padre si era addirittura scordato che fosse Natale. Pioveva fortissimo, le nuvole erano talmente cariche, che sembrava che avrebbe continuato a piovere per sempre. Arianna ogni tanto solleva lo sguardo dalle pagine del suo libro e scrutava fuori dalla finestra, ma il grigiume delle  nuvole si faceva sempre più cupo e del sole non c' era alcuna presenza, forse si era addirittura spento.
Suo padre bussò alla porta della sua camera. <<Avanti!>> disse Arianna, volgendo i suoi occhi verdi alla porta.
La testa di suo padre sbucò dallo spiraglio lasciato dalla porta aperta. Aveva i capelli arruffati, non sembrava particolarmente brillo, ma Arianna riconosceva i segni delle sue bevute. <<Arianna, ti dispiace se vado? È successo un macello con il lavoro, devo andare. Mi perdoni se non passo Natale con te?>> le domandò.
<<Tranquillo>> lo rassicurò Arianna <<Va' pure, papà>>. Suo padre le sorrise, richiuse la porta e lasciò Arianna da sola. Non le importava di stare da sola, continuò a leggere per un po', poi chiuse il libro e lo appoggiò sul comodino. Restò stesa sul letto e pensò subito ad Alessandro. Quanto le mancava! Quanto avrebbe voluto chiamarlo e chiedergli di passare da lei, festeggiare con lui il Natale... Scrutò fuori dalla finestra, pioveva ancora più intensamente. Le vibrò il cellulare, sperò con tutto il cuore che fosse Alessandro, ma quando prese il cellulare e controllò le notifiche, scoprì che in realtà si trattava di suo fratello, che le aveva mandato un selfie di lui, mentre sorrideva divertito nel treno per Milano. Si fece un paio di scatti sul letto, con la linguaccia e due dita sollevate per fare il simbolo di vittoria. Inviò le foto al fratello e poi andò in cucina, perché aveva molta fame. Aprì il frigorifero, a parte due mozzarelle non c' era nient' altro.
Chiuse il frigo, aveva una fame cane e non aveva idea di dove avrebbe potuto trovare un negozio aperto il 25 dicembre. Iniziò a rovistare nei cassetti e nei tinelli, riuscì a trovare per fortuna una misera scatoletta di tonno. Le due mozzarelle e il tonno le sarebbero bastate e avrebbe brindato con l' unica birretta, che il padre non aveva fatto fuori. Apparecchiò con uno strofinaccio e consumò il suo semplice pranzo di Natale in un batter d' occhio. Accese la tv e mise su un canale di musica, alzando il volume al massimo. Seduta per terra continuò a pensare ad Alessandro... Lo amava... Lo amava. Non aveva alcun dubbio ora, lo voleva, lo desiderava più di tutto e tutti e lo amava. Il suo non era solo un desiderio sessuale, ma era soprattutto un bisogno di essere salvata. C' era qualcosa in lui, che lo rendeva l' unico capace di salvarla, perciò lei era certa di essere innamorata di lui. Chiuse gli occhi e lo sognò: bellissimo, mentre le andava in contro, avvicinandosi a lei, aiutandola, era stato così il loro primo incontro. Poi ricordò quando era andata a casa sua, lo aveva trovato a petto nudo, lui le aveva proposto di fare quel gioco, lei aveva reagito dapprima rifiutando e poi aveva ceduto e quest' ultima cosa era stata la scelta migliore che avesse fatto in tutta la sua vita. La musica alla televisione si interruppe e in quel brevissimo silenzio, Arianna riconobbe il campanello della sua porta d' ingresso. Arianna si alzò in piedi di scatto, spense la televisione e corse ad aprire. Era il suo vicino di casa, il signor Vito Taranto. <<Ciao, Arianna. C' è tuo padre?>> le chiese. Era un uomo massiccio di corporatura, sue braccia che sembravano le pale di un mulino, il collo taurino, gli occhi acquosi e quasi da bambino. Senza quegli occhi dolci, tutti avrebbero avuto una paura terribile di Vito, che invece era un vero e proprio gigante buono.
<<Mio padre non c' è>> rispose tranquilla Arianna, che si era accorro dell'atteggiamento strano di Vito, il quale solitamente era molto gioviale. Quel giorno sembrava cupo. <<Cosa è successo?>> gli chiese Arianna, guardandolo preoccupata.
<<Stai tranquilla, Arianna. Va tutto bene>> la calmò, ponendole una mano sulla spalla. Arianna capì subito che c' era qualcosa sotto, che doveva essere una bomba, perché un tipo tranquillo come Vito in quel momento era agitatissimo.
<<Vito, cosa sta succedendo mio padre?>> gli urlò contro afferrandogli con la sua debolissima forza il polso grosso e potente. Vito si vide costretto a spiegare <<Quello stronzo di Virigni ha licenziato tutti. Abbiamo solo pochi mesi e poi l' azienda chiude e si trasferisce in Albania. Quella bestia di Alessandro deve pagarla e tuo padre insieme ad altri stanno andando a dargli una bella lezione>>.
Arianna sbiancò in viso. <<No!>> esclamò atterrita, cercò di fiondarsi fuorsi, ma Vito la bloccò, la trascinò in casa e la spinse con forza nel bagno, estrasse la chiave dalla toppa, chiuse la porta a chiave e lasciò Arianna lì dentro, imprigionata. Lei iniziò a urlare, si scagliò contro la porta, battendo con una violenza inaudita le mani contro la porta. <<VITO, TI PREGO FAMMI USCIRE!>> gridava supplicandolo e con la voce rotta dal pianto. <<Scusami, Arianna. Tuo padre mi ha detto di fare questo, perché sapeva benissimo che saresti andata a fermarlo. Scusami, Arianna!>> fu l' unica cosa che Vito disse, poi probabilmente andò via. Arianna restò ore e ore chiusa in bagno, si sdraiò nella vasca da bagno vuota, urlava, ma nessuno sarebbe andata ad aiutarla. Aprì la finestra, pioveva ancora tantissimo, provò ad affacciarsi per urlare a squarcia gola, ma l' unico effetto che ottenne furono i capelli bagnati zeppi. Spiò dal buco della serratura, Vito era sicuramente andato via. La porta del bagno era di legno, iniziò a prenderla a spallate. La spalla iniziò subito a farle male, ma lei doveva salvare Alessandro, perciò il dolore imparò subito a sopportarlo. Sfinita rimase a fissare la porta, fuori iniziava a fare buio. Lei con gli occhi spenti guardò quella porta di legno a lungo, poi le venne un' idea. Disperata, iniziò a tirare il doccino, lo sradicò totalmente dalla parete e lo impugnò come se fosse una frusta. Colpì la maniglia della porta più volte, poi finalmente essa cadde a terra sotto i colpi del doccino. Arianna diede altre spallate alla porta e finalmente essa si aprì. Corse subito fuori, andò in camera sua e digitò il numero di Alessandro. Arianna chiuse gli occhi, con le labbra sussurravano parole di speranza pregando affinché lui rispondesse. Ma gli squilli suonarono a lungo, ma purtroppo invano. Arianna riprovò ancora, compose il numero mille volte, ma Alessandro non rispose. Aveva un' unica possibilità Arianna: correre da lui
per salvarlo.

Sul suo scooter la pioggia le sferzava il viso, le scorreva ormai tra i capelli e Arianna non riusciva neanche a vedere con chiarezza la via, che portava da Alessandro. Ma lei si lasciava guidare dal suo amore per lui e quando giunse davanti alla spettrale Villa Virigni, ciò che vide la fece tremare di paura: un' orda di uomini inferociti stava davanti alla villa spettrale, gridava e creava un boato, che sembrava quasi infernale. Molti di loro brandivano fucili, alcuni lanciavano delle bottigliette Molotov contro le finestre.
<<ALESSANDRO!>> gridò Arianna, lasciò cadere il motorino a terra e corse in quell' orda, superando quegli uomini, ignorando le loro urla e sentendo la vita di lui che dipendeva strettamente da quella di lei. Lui la aveva salvata, toccava a lei salvarlo. Si getto sulla porta, estrasse le chiavi dalla tasca e corse dentro. Gridò di paura davanti alla pozza di sangue, Alessandro era sdraiato sul pavimento, le braccia spalancate e distese, gli occhi chiusi e il corpo inerme. Arianna si gettò di lui, iniziò a chiamare il suo nome, si abbandonò con la sua testa sulla sua fronte. Le sue lacrime caddero sul suo volto. <<Non lasciarmi, ti prego! Non morire, Alessandro! Amore mio, ti prego... Amore, ti prego, se tu muori, di me non resterà nulla, perché il mio cuore andrà via con te... Non puoi lasciarmi>> lo supplica lei. Una bottiglia di molotov ruppe il vetro e rotolò sul pavimento, che prese subito fuoco. Arianna abbracciò il corpo di Alessandro, sentendo la fonte più forte di calore tra le sue braccia e non sul pavimento infuocato. Ne era certa, stava morire. Forse Alessandro era vivo, non lo sapeva, anche se sentiva il suo cuore. Non voleva morire, lo capì guardando il volto di Alessandro. Per lei voleva dire vita il suo viso e sapeva Arianna che quel fuoco non poteva prenderli, perché loro erano fuoco. Iniziò a trascinare Alessandro fuori dalla casa, cercando di muoverlo con molta delicatezza. Mentre era vicino alla porta, quell' orda di uomini stava entrando dentro. Arianna si fermò di scatto, quelli imbracciavano un fucile.
<<FERMI!>> gridò una voce. Arianna la riconobbe subito. <<<QUELLA È MIA FIGLIA! CHIAMATE L' AUTOMBULANZA!>> urlò il padre di Arianna, precipitandosi verso sua figlia.

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