Il Rituale

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IMPORTANTE:
I fatti, che si svolgono nei capitoli, possono svolgersi anche durante altri fatti narrati e descritti in altri capitoli.

Christian arrivò a casa di sua zia Susanna, che erano appena le 18:00. Aveva sempre amato fare visita da sua zia, perché la sua era una casa molto accogliente e calda: colori tenui, tendine e merletti in ogni dove e un eterno profumo di biscotti caldi appena sfornati. <<Christian, che bella sorpresa! Entra, dai>> lo accolse sorridente sua zia, facendolo accomodare nel suo soggiorno, dove le foto dei parenti erano appese al frigorifero con calamite souvenir di varie città e grassi e teneri gattini posavano con fiori in piccoli quadretti dipinti a mano. <<Come stai, zia?>> le chiese Christian mettendosi a sedere sul divano del suo soggiorno, mentre sua zia si metteva in azione per preparargli il caffè.
<<Io non sto male. Se Alessandro Virigni non stesse così male, starei ancora peggio però>> Susanna sembrava profondamente triste.
<<Ti dispiace molto per lui?>> le chiese Alessandro, incrociando con lo sguardo gli occhi umidi di sua zia.
<<Beh, che vuoi che ti dica, Christian? Io l' ho cresciuto e l' ho addirittura visto nascere. È normale che io mi senta uno strazio>> spiegò Susanna, mettendosi comoda su una delle sedie impagliate del soggiorno.
<<Ho saputo che il padre di Carlo Virigni si chiamava Christian, come mai ha dato a suo figlio il nome di Alessandro? Non era un tipo tradizionalista?>> la interrogò Christian. Sua zia non rispose subito, esitò con lo sguardo perso nel vuoto, mentre molto probabilmente ricordava quei momenti, che erano legati al passato. Susanna poi concentrando il suo sguardo sul nipote, gli rispose <<Carlo Virigni era un uomo sì legato alle tradizioni, ma preferì chiamare diversamente suo figlio. Sua moglie Bianca era una persona eccezionale, la porterò sempre nel cuore. Davvero sempre>>. Christian abbassò lo sguardo, la caffetteria iniziava a fischiare, perciò sua zia si alzò in piedi per spegnere e poi servire il caffè. <<Carlo Virigni era un donnaiolo?>> investigò Christian. Susanna gli consegnò una tazzina di caffè, sapeva che a suo nipote piaceva amaro il caffè. <<Carlo da giovane era molto libertino, ma dopo il suo fidanzamento con Bianco cambiò radicalmente>> Susanna sorrise e iniziò a zuccherare il suo caffè, poi a sorseggiarlo lentamente assaporandolo. <<Quanto tempo stettero insieme Carlo e Bianca? Fidanzamento e matrimonio compresi intendo>> chiese Christian. Susanna fece qualche conto mentale e poi rispose <<Beh molti anni in realtà: almeno un quattro anni di fidanzamento e penso una quindicina di matrimonio, poi ci fu la tragedia>>. I dati combaciavano, la teoria folle che Christian aveva elaborato trovava un altro punto a suo favore. Decise di cambiare argomento e puntare ora all' orfanotrofio <<Zia, tu lavoravi a quell' orfano, quando lì arrivai io?>>.
<<Si, facevo le pulizie lì all' epoca>> rispose con un caloroso sorriso Susanna.
<<Mi consegnarono i miei genitori biologici?>> domandò Christian, il suo cuore batteva spinto dall' ansia e sperava che sua zia fosse sincera e non lo imbrogliasse prendendolo in giro.
<<Perché mi fai queste domande, Christian?>> gli chiese lei accigliata e visibilmente colta di sorpresa.
<<Dai, zia, ti prego. È importante per me conoscere le mie origini>> la supplicò lui, cercando di fare breccia nel suo cuore. <<Non ti consegnarono, ma ti trovammo. Fosti un vero e proprio trovatello, c' era solo una lettera, che conteneva solo ed esclusivamente una parola, cioè il tuo nome. Ma non fui io a trovarti, furono delle altre signore, che in quei giorni lavoravano in quell' orfanotrofio>> narrò Susanna. Christian ascoltò con gli occhi bassi, perché sua zia lo stava guardando e lo stava esaminando con molta scrupolità. <<Zia, te l' ho chiesto, perché ho il sospetto di aver scoperto chi siano i miei genitori biologici>> ammise Christian sempre con lo sguardo basso, quando li risollevò, trovò sua zia, che lo guardava molto paziente e con uno sguardo dolce ma allo stesso tempo enigmatico e misterioso. <<Credi che Carlo e Bianca Virigni siano i tuoi veri genitori, vero?>> gli chiese guardandolo con molta attenzione.
Christian annuì e fece per alzarsi, ma sua zia scattò in piedi per farlo rimanere seduto. <<No, Christian, devi giurarmi che non penserai neanche più per scherzo a questa cosa, che hai detto!>> lo ammonì lei quasi severamente.
<<Perché?>>
<<Perché i Virigni sono maledetti e sono destinati a fare una brutta fine. Bianca ebbe un figlio prima del matrimonio, ma era una femmina e morì proprio a causa di questa bambina. I Virigni avevano un rituale molto macabro: davano fuoco ai primogeniti. Lei salvò sua figlia affidandola a me, fui io a nasconderla, ma non la portai in nessun orfanotrofio, la consegnai a un convento di suore, quello della Madonna del Cuore Santissimo. Lei fu uccisa, perché voleva difendere sua figlia da quel terribile rituale>> raccontò Susanna, in piedi con i pugni serrati e gli occhi iniettati di sangue per l' agirazione.
<<Perché davano fuoco ai loro primogeniti?>> chiese Christian sconvolto. Sua zia si sedette, sembrava più calma e rispose <<Virigni deriva dal latino, vuol dire: UOMO DI FUOCO. C' è una figura in fiamme sullo stemma, ma non è un uomo in realtà, è solo un bambino>>. Christian si sentiva troppo sconvolto, si alzò in piedi, salutò in fretta sua zia e corse via. Si sedette in auto e stette immobile con le mani sul volante, inspirando ed espirando per la forte agitazione. Una parte del discorso di sua zia era una menzogna, questo lo aveva intuito subito, ma nel discorso di sua zia non mancava la verità. Bianca Virigni non aveva partorito una femmina, ne era certo. Sua zia sapeva benissimo che era lui il figlio segreto di Carlo e Bianca Virigni. Quel rito descritto da sua zia veniva veramente svolto, ne era sicuro. Il suo cellulare rispose subito e risvegliò Christian da quel vortice di pensieri. Era la sua fidanzata Livia. <<Ciao amore, sono appena uscita da lavoro. Ti va di vederci da me? Ho una voglia matta di te!>> cinguettò la voce allegra e spensierata di Livia. Christian guardò il suo orologio, erano le 18:30. Livia gli avrebbe offerto un' ora di sesso tranquillo e sereno, ma lui era troppo nervoso e agitato per quella parentesi di calma. <<Scusami, Livia, ma ho mal di testa. Ci vediamo domani, d' accordo?>> le rispose lui.
<<Uffi, Christian. Io avevo voglia di te>> si lamentò Livia.
<<Anch' io, amore, ma sto davvero male. Non ti dispiace, vero?>>.
<<Va bene, dai. Ci vediamo domani alle 19:00 a quel negozio in centro per farti vedere quegli oggettini, che sarebbero perfetti come bomboniere!>> gli ripeté lei per l' ennesima volta. Christian la salutò. Livia non vedeva l' ora di sposarsi, anche Christian in realtà, ma lui perché i suoi genitori avrebbero gioito molto e sarebbero stati molto soddisfatti di lui. Christian non si preoccupava mai del momento, in cui avrebbe gioito e sarebbe stato soddisfatto di se stesso, a eccezione di alcuni istanti. E quegli istanti erano quelli che passava con lei, con Fiamma. Digitò il suo numero e sentì la sua voce suadente rispondergli.
<<Ciao Fiamma, sei a casa?>> le domandò subito senza perdere tempo.
<<Si, Chris, dai vieni che ti aspetto>> rispose lei con quella voce calda più del suo nome. Solo lei lo chiamava 'Chris', tutti gli altri lo chiamavano semplicemente 'Christian' e sua madre addirittura 'Cristiano' alcune volte. Christian accelerò al massimo e corse da lei.

La casa di Fiamma era grande e da ragazza ricchissima. Si erano riconosciuti a una festa organizzata da amici di famiglia, lei indossava un vestito rosso e attillato, i capelli rossi raccolti in un chignon e una ciocca ribelle che le ricadeva lungo la fronte fino alle lunga ciglie, che le impreziosivano gli occhi scuri e magnetici. Lei sembrava Jessica Rubbit, gli si era avvicinata e con le labbra rosse e carnose gli aveva detto <<Sai, che io e te ci baciammo in orfanotrofio?>>. Era stata anche lei adottata, però da una famiglia molto più ricca di quella di Christian. Al contrario suo, lei era una donna davvero libera, era andata via di casa a diciott' anni e dopo vari viaggi da nomade in Inghilterra, Paesi Bassi, America Latina e India, era tornata in Italia e si era laureata col massimo dei voti alla Ius, dirigeva gli uffici notarili di suo padre e abitava da sola in una villa fuori città, non molto grande, ma assolutamente da sogni. Christian aveva sempre visto in lei quella forza, che gli mancava e forse era sempre stata quella forza a portarlo nel suo letto, ad avvolgersi al suo corpo in quel sesso, che poteva sembrare a tutti gli stolti un qualcosa di animalesco, ma che per Christian corrispondeva al fuoco, che solo per qualche momento carbonizzava ciò che non era e faceva affiorare ciò che era.

<<Accomodati>> gli disse maliziosa Fiamma, aprendogli la porta. Aveva i capelli sciolti e indossava una vestaglia di seta scura, da cui si intraveda la sua carnagione rosea e le sue forme non molto generose, ma molto seducenti. Christian che in quel momento era Chris, la afferrò da dietro, fece aderire il corpo di lei al suo e sentì Fiamma già iniziare a godere. Le tolse la vestaglia in un secondo, lei da sotto era nuda. Si ritrovarono in un attimo entrambi senza vestiti, Chris con foga penetrò Fiamma sul divano elegante dell' ingresso. Il divano sbatteva continuamente contro il muro, ma il suo rumore non potevano mai essere più forti dei gemiti e delle urla di Chris e Fiamma, che prese in bocca il suo pene per poi strusciarci con i seni sopra. Chris attirò a sé Fiamma e la penetrò steso sul pavimento, le venne sul pube. Con le dita raccolse il suo sperma e infilò le sue dita nella sua femminilità con la tutta la sua energia, mentre con le sue indescrivibili espressioni di piacere Fiamma sorrideva a Chris.

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Fine Seconda Parte

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