«Caroline svegliati, non vorrai mica arrivare in ritardo al primo giorno di lezione?» sento scuotermi leggermente le spalle e, sentendo le parole di Jade, mi sveglio immediatamente, quasi cadendo dal letto.
«Merda, ho dimenticato di impostare la sveglia.» mi sbatto leggermente la mano sulla fronte e mi alzo di fretta dal letto, chiudendomi in bagno per poi sentire Jade sghignazzare tra sé e sé.
«Non siamo in ritardo Caroline, manca ancora un'ora.» tiro un sospiro di sollievo e ne approfitto per lavarmi sia i denti, sia il viso.
Esco dalla stanza e mi sdraio nuovamente sul letto per riposarmi altri dieci minuti.
«Che lezioni hai oggi?» chiede Jade che è seduta sul letto e, nel frattempo, controlla alcuni messaggi sul suo cellulare.
«Due ore di letteratura, due di chimica e una di storia.» rispondo, con gli occhi chiusi e le braccia sotto al cuscino ancora caldo.
«Anche Harry fa chimica, potreste conoscervi.» scrolla le spalle.
Penso subito che non sia una buona idea, ho già visto come si è comportato con me alla caffetteria e non credo che noi due potremmo andare d'accordo.
«Mh, quel tipo non mi sta molto a genio in realtà.» dico sinceramente, sdraiandomi sul fianco per poter avere un contatto visivo migliore.
«Oh Caroline, è così freddo perché non ti conosce ancora, ma è davvero un ragazzo simpatico, lo conosco da quando sono piccola.» mentre parla di lui mi mostra un tenero sorriso e mi fa pensare che ci sia sotto qualcosa, così non esito un momento e le faccio subito qualche domanda per saperne di più.
«Sei sempre così felice quando parli di lui?» il suo viso cambia immediatamente espressione, trasformandosi in stupore.
Credo che abbia capito a cosa stavo pensando.
«Non dirlo neanche per scherzo! Non mi piace, davvero. Siamo soltanto amici, ottimi amici.» scuote la testa un paio di volte e, infine, ridacchia silenziosamente.
Sghignazzo leggermente anche io ed alzo le mani al cielo, come se mi scusassi con lei per aver frainteso la loro amicizia.
Aspetto che Jade finisca di prepararsi per poter andare assieme verso l'edificio in cui si svolgono le lezioni.
«È accanto alla biblioteca.» mi spiega, appena scendiamo le scale in cemento che accedono al cortile principale.
Dopo aver raggiunto l'edificio ci salutiamo e ognuna si dirige verso il proprio corso con l'aiuto di una cartina con tutta la piantina delle aule, questo campus è davvero grande e ci vorrebbe un navigatore satellitare per trovare ogni aula e ogni edificio.
Quella di letteratura si trova al secondo piano e per fortuna riesco a trovarla facilmente.
Mi siedo in seconda fila, accanto ad una ragazza dai capelli biondi e, solo poco dopo, scopro che si chiama Amabel.
«Buongiorno ragazzi.» il professore dalla barba bianca ci saluta appena solca la soglia della porta e appoggia alcuni libri sulla cattedra.
Ci alziamo in piedi trascinando le sedie sul pavimento che provocano un rumore fastidioso e facciamo un saluto di gruppo, per poi ricomporci e ascoltare il professore.
«Io mi chiamo Albert Coleman e, come saprete, insegno letteratura.
Orma la insegno da molti anni e ho passato molto tempo in questo campus dove ho conosciuto davvero tanti ragazzi in gamba, alcuni un po' meno, ma tutti erano dei gran bravi ragazzi.
Oggi voglio conoscervi per bene, quindi uno ad uno vi alzerete in piedi e parlerete un po' di voi, non abbiate vergogna, siete ormai grandi e non serve a nulla essere timidi, o sbaglio?» a primo impatto, sembra un uomo con la testa sulle spalle e molto intelligente.Per essere un professore, devo dire che non sembra il solito insegnante noioso e spero affatto che non lo sia.
Si appoggia sulla cattedra e incominciamo il giro iniziando dal ragazzo in primo banco.
È un ragazzo biondo e, da come si è presentato, sembra anche molto simpatico.
Tocca poi ad una ragazza, poi ad altri ancora, fino ad arrivare a me.
Mi alzo in piedi e parlo a voce abbastanza alta per farmi sentire da tutti.
Mi tocco ripetutamente le dita le una con le altre, è un gesto che faccio spesso quando sono agitata o in ansia per qualcosa.
«Ciao a tutti, mi chiamo Caroline Chest, vengo da New York e ho diciassette anni. Mi piace leggere e scrivere, sono alcuni dei miei hobby preferiti. Adoro passare del tempo con i miei amici e divertirmi con loro.» emetto una piccola risatina alla fine della frase e mi tocco il retro del collo, sentendomi leggermente in imbarazzo anche se non ne vedo il motivo.
Finiamo il giro e, nei pochi minuti rimasti, parliamo degli argomenti che svolgeremo durante l'anno e di quali libri tratteremo e quali, invece, leggeremo.
Le due ore passano velocemente e io mi precipito al terzo piano per le due ore di chimica.
Anche qui, iniziamo la lezione presentandoci ai compagni e al professore.
Io mi sono seduta in prima fila per poter ascoltare meglio ciò che verrà detto dato che in chimica non me la cavo molto bene, anche se oggi non faremo lezione.
Durante le presentazioni, io ho detto le stesse cose dell'ora precedente e ho parlato con meno timidezza rispetto a prima.
Quando arriva il turno di Harry, che si trova in ultima fila, continuo a fissare il mio libro sul banco, mentre lo ascolto attentamente.
«Mi chiamo Harry Styles, vengo da Trenton e ho 18 anni.» la sua voce roca riempie la stanza e, per un motivo sconosciuto, sorrido.
Mi aspettavo che dicesse qualcosa di più, ma si siede e inizia a parlare un compagno alla sua destra.
Non capisco perché sia così freddo con tutti, o almeno con le persone che non conosce.
È molto chiuso in se stesso, così mi sembra.
Sono davvero curiosa di sapere cosa lo possa turbare o cosa lo possa portare ad essere così freddo con tutte le persone che ha attorno.
Se tratta gli altri in questo modo, sicuramente c'è un motivo, una persona non diventa acida da un momento all'altro se in ballo non c'è un motivo plausibile.
Scaccio via tutti i pensieri che mi ronzano nella testa e, dopo le due ore di chimica, mi avvio verso il corso di storia.
La giornata è stata abbastanza monotona, in tutte le lezioni si parlava di sé stessi e degli argomenti che tratteremo durante l'anno, ma era prevedibile una giornata così noiosa.
Finalmente suona la campanella dell'ultima ora e mi dirigo a passo svelto verso la mia stanza per potermi riposare.
Percorro il grande prato e, appena arrivo agli appartamenti femminili, salgo le scale e cerco la mia stanza tra le tante altre nel lungo corridoio esterno.
Apro la porta che avevo precedentemente chiuso a chiave e mi butto a capofitto sul letto, dopo aver cacciato lo zaino in un punto qualsiasi della stanza.
Pian piano le palpebre si fanno pesanti e il sonno si fa sentire, finchè non cado in una lunga dormita.
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My drug » h.s.
Fanfiction[...] Le sposto una ciocca di capelli dietro l'orecchio e la vedo sorridere e poi passarsi la lingua sulle labbra per ammorbidirle. Non resisto più, il mio autocontrollo è sotto zero: le prendo il viso fra le mani e la bacio, chiedendo con la lingua...