47 - dad

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Sento il telefono squillare e noto che è una chiamata da parte di Jade: «Caroline.» la sua voce che riecheggia nell'altoparlante mi trasmette tranquillità. «Come sta Harry? Ho saputo poco fa che lo hanno portato all'ospedale, spero non sia nulla di grave.» parla velocemente, faccio fatica a comprendere tutto ciò che dice.

«L'infermiera ci ha detto che ha subito un'operazione ed avendo perso molto sangue a causa del colpo alla spalla deve riposare. Domani io e Logan andremo da lui, vieni con noi?» domando.

«Mi spiace Caroline, ma devo fare un esame di patente. Fatemi sapere come sta e ditegli che lo saluto, buonanotte ad entrambi.» risponde con cautela, questa volta le parole sono scandite per bene; sembra stanca.

«D'accordo, buonanotte anche a te.» riattacco e mi stropiccio gli occhi.

L'orologio col centurino nero in pelle che tengo al polso indica le tre e mezzo di notte, ho bisogno di dormire altrimenti le mie occhiaie saranno molto più evidenti di ora.

«Andiamo a dormire?» domando a Logan, mentre si mette una mano davanti alla bocca per sbadigliare.

Annuisce con la testa e saliamo le scale per poi dirigerci nella propria stanza, la finestra è ancora aperta e la luna rischiara ancora gran parte del letto.

Harry

L'orologio bianco appeso nella stanza segna le dieci del mattino, dalla piccola finestra entrano alcuni raggi del sole che colpiscono la parete opposta.

L'infermiera ha appena portato la colazione: del latte con alcuni biscotti e un succo di frutta.

La spalla mi fa parecchio male, è fasciata e faccio fatica a muoverla, sulle garze si vede il sangue scuro; probabilmente oggi me le cambieranno.

Prendo uno specchietto che ho trovato nel mobile accanto al letto e mi guardo il viso: i capelli sono scompigliati e probabilmente anche molto sporchi.

Gli occhi sembrano stanchi, forse è perché mi sono appena svegliato e sono ancora un po' frastornato, non ricordo bene cosa è successo.

Ricordo solo che Caroline si era accucciata accanto a me e mi sussurrava qualcosa, ma non ricordo bene cosa.

Dopo quell'episodio non ricordo più nulla, la mia mente è annebbiata, forse è meglio così.

Proprio in quel momento, una figura magra e alta, seguita da un ragazzo, entra nella stanza con cautela.

Cerco di mettere a fuoco le loro immagini, pian piano le figure si fanno avanti verso di me e i loro volti si rischiarano sotto il mio viso.

«Caroline.» sussurro, allungando una mano verso la sua, per accertarmi che non sia un sogno.

Ora la vedo meglio, un sorriso fa spazio sul suo viso e i suoi grandi occhi marroni mi osservano, i capelli sono legati in una treccia e alcune occhiaie si intravedono.

Il viso è pallido e gli occhi leggermente rossi, forse ha pianto ieri notte o, forse, ha dormito male.

«Ciao.» sussurra lei, accarezzandomi il dorso della mano con il pollice, noto che ha messo lo smalto rosa; le sta bene.

«Come stai?» domanda Logan accanto a lei, anche lui con alcune occhiaie e il viso pallido, i capelli scompigliati e le guance rosse.

«Mi fa male la spalla, ma è sopportabile.» accenno un sorriso e indico due sedie accanto alla porta, entrambi le prendono e le posizionano vicino al letto per potersi sedere al mio fianco.

«Prima abbiamo parlato con l'infermiera, dopodomani puoi uscire.» annuncia Caroline mostrando un tenero sorriso.

«Sono contento.» ammetto, ricambiando il sorriso e osservandola nei pochi minuti di silenzio che ci sono tra noi.

Il sole le arriva sul petto, facendo luccicare una collana, sembra un diamante.

«Forse è meglio se vi lascio da soli.» tossisce Logan, alzandosi dalla sedia e uscendo dalla stanza.

Io e Caroline sghignaziamo silenziosamente: «Ho avuta molta paura.» mi dice, accarezzandomi la mano.

«Ti ho sempre detto che ce l'avrei fatta e ce l'ho fatta.» le tiro leggermente la mano e avvicina il viso al mio, le bacio le labbra umide che mi sembrava di non sentire da anni.

«Ma sei anche una testa dura, avresti potuto morire.» mi rimprovera con calma, mi dispiace che abbia sofferto per colpa mia.

«Scusami.» le sussurro, sedendomi sul letto con la schiena appoggiata allo schienale, faccio segno a Caroline di sedersi nel posto libero sul letto e così fa.

La guardo per altri minuti, la guarderei come guardo l'alba d'inverno, la guarderei come guardo un uovo schiudersi, la guarderei come guardo la luna piena in una notte d'estate.

Le accarezzo il viso e le sposto una ciocca di capelli dietro l'orecchio che si era levata dalla treccia, il suo viso si avvicina al mio e le sue mani si poggiano sulle mie ginocchia.

La bacio lentamente, poi inizia a farsi sempre più intenso, i minuti sembrano non passare mai, vorrei rimanere così per sempre, mentre le accarezzo la schiena.

Mentre sento il suo naso sfregare contro il mio, mentre le sue ciglia lunghe battono contro le mie guance.

Mentre sento il suo petto pulsare contro il mio, anche se non si sfiorano minimamente; mentre mi sento in paradiso accanto ad un angelo.

«Ti amo.» le sussurro sulle labbra da cui le esce una piccola goccia di sangue, forse gliel'ho fatto io quando le ho morso il labbro.

Sorrido e le faccio stendere la testa sul mio petto, ma poco dopo la porta si apre e mostra una figura alta vestita in giacca e cravatta.

Ha con sé una valigetta, i capelli mori sono pettinati con cura all'indietro e riesco a vedere gli occhi chiari anche da qua.

Probabilmente è di ritorno dal lavoro.

Si avvicina lentamente strofinandosi il naso con la mano, Caroline alza leggermente il viso per vedere chi sia, si stropiccia gli occhi quasi incredula: «Papà?»

My drug » h.s.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora