27- paris we're ready

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Tre giorni dopo

Caroline

«Cazzo, finalmente! Pensavo sarei dovuta partire io da sola.» sghignazzo al telefono con Harry, dopo la decina chiamata che gli ho fatto nel giro di pochi minuti.

«Caroline sono sveglio ora, non ho bisogno di alzarmi un'ora prima della partenza, non sono come te che ci metto anni per prepararmi.» sorrido, ma non per quello che ha detto, ma per la sua voce roca.

È bellissima e il solo pensiero che la sentirò per una settimana intera mi fa rabbrividire la pelle.

«Ci vediamo dopo, non venire in ritardo.» lo ammonisco.

«Certo signorina.» dice ridacchiando, per poi salutarmi e riattaccare.

Finisco i pancake che ho ordinato poco fa in caffetteria e mi dirigo poi nella mia stanza dove ho le valigie, i biglietti e tutti i documenti necessari.

Appena apro la porta noto Jade che si stiracchia sul letto e deduco che si sia appena svegliata.

«Buongiorno.» le dico, chiudendomi la porta alle spalle e andando verso il mio letto, dove avevo appoggiato alcuni vestiti che dovevo ancora riporre nella valigia.

«Una settimana senza di te, non so se ce la farò.» ridacchia, per poi abbracciarmi forte a sé.

«Anche tu mi mancherai, ti chiamerò ogni volta che ne avrò l'occasione e ci potremmo sentire su Skype.» la consolo, dopo averle dato un casto bacio sulla guancia.

«Certo!» mi dice, facendo un piccolo saltellino in seguito alla sua esclamazione.

Finisco di preparare le valigie e prendo il mio cappotto nero che mi lancia al volo Jade.

«Harry dovrebbe già essere qui fuori con l'auto.» dico, controllando l'ora sull'orologio che tengo al polso.

«Va bene, allora... Ci vediamo fra una settimana Caroline.» Jade si avvicina a me e mi abbraccia una seconda volta, così ricambio e la stringo ancor più forte di prima.

«Ciao.» la saluto con la mano, avvicinandomi pian piano alla porta della stanza.

Jade ricambia ed io esco dalla stanza, dirigendomi euforicamente verso la macchina di Harry che riesco a intravedere fin da qua su.

Scendo velocemente le scale, facendo attenzione a non cadere e, appena arrivo dal riccio, carico la valigia nel bagagliaio e salgo nel sedile accanto a quello del guidatore.

«Sei contenta, eh?» mi prende in giro Harry, vedendomi entusiasta del viaggio.

Annuisco con la testa e gli dico di partire, emette un'ultima risata e poi accende il motore e si avvia velocemente verso l'aeroporto.

Ieri ho salutato tutti: Logan, Ethan, Selene e molti altri miei amici.

Mi dispiacerà stare lontana da loro anche solo per una settimana, ma non vedo l'ora di prendere quell'aereo e andare a Parigi con Harry.

Smontiamo dall'auto nell'esatto momento in cui mi accorgo che siamo arrivati a destinazione.

«Te la porto io la valigia.» mi dice il riccio, chiudendo il bagagliaio e portando con sé entrambe le valigie.

Lo ringrazio con un sorriso e stringo ansiosamente tra le mie mani i due biglietti.

Non sono mai salita su un aereo e sono un po' spaventata all'idea di volare a milioni di metri di altezza.

«Allora, sei contenta che partiamo?» mi chiede Harry, mentre aspettiamo che la voce proveniente dall'utoparlante ci avverta della partenza del nostro volo.

«Sono felicissima, ancora non ci credo che andremo a Parigi, mi sarebbe sempre piaciuto andarci. Dio, non potevi farmi un regalo migliore di questo.» batto le mani, sembrando leggermente pazza, ma non me ne importa.

Andrò nella città dell'amore con Harry e tutto questo mi sembra solo un sogno.

«Sono contento che ti sia piaciuto il mio regalo e sono ancora più contento che tu abbia scelto di andare a Parigi con me.» gli sorrido ampiamente e lo abbraccio.

«Il volo per Parigi partirà fra venti minuti, si prega alla gentile clientela di avviarsi verso gli sportelli per la consegna dei bagagli e l'assegnazione dei posti. Arrivederci e buon viaggio.» la voce elettronica risuona forte nell'aeroporto, facendo sobbalzare sia me, sia Harry.

Prendiamo ognuno le nostre valigie e ci dirigiamo verso gli sportelli dove alcune hostess dai vestiti striminziti ci prenderanno i bagagli e ci assegneranno, come ha detto la donna all'auto parlante, i posti.

Percorriamo un lungo corridoio che ci porta all'interno dell'aereo, un'altra hostess più anziana delle precedenti ci indica due posti ed io mi affretto a prendere quello vicino al finestrino.

«Stronza.» ridacchia Harry, sedendosi poi accanto a me.

Dopo qualche minuto risentiamo la voce elettronica: «Buongiorno signori e signore, tra qualche minuto il FlyLine decollerà. Si raccomanda di allacciare le cinture di sicurezza. Grazie e buon viaggio.»

Faccio un gridolino di felicità e Harry si volta verso di me divertito: non credo che mi abbia mai visto così felice.

«Oddio, tra poco voleremo, non sono mai stata su un aereo.» dico in modo agitato, controllando le persone attorno a me e dando qualche occhiata fuori dal finestrino e ad Harry, che si prende beffa di me sempre più spesso.

«Non preoccuparti, non è poi così male.» sghignazza, mostrandomi le due fossette che mi ipnotizzano per qualche secondo.

«Oh mio Dio, sta decollando, Harry, perché è così veloce? Sicuro che andrà tutto bene? Mi sembra che questo aereo si muovi troppo, non so se...» non finisco la frase perché Harry mi ferma e mi accarezza la guancia delicatamente, mostrandomi un tenero sorriso e facendomi tranquillizzare.

«Non è la prima volta che salgo su un aereo, quindi rilassati e non pensare a nulla, ci sono io, okay?» alza le sopracciglia, mostrandomi ancor meglio il colore dei suoi occhi: c'è qualcosa in questo ragazzo che possa farmi schifo?

Annuisco con la testa, ancora turbata dal suo tocco sul mio viso.

«In quali posti sei andato con l'aereo?» chiedo al riccio cambiando argomento.

«Sono andato in Italia, più precisamente a Milano, è un bellissimo posto. Poi sono andato qualche giorno in Germania, ma non ricordo dove. E molto spesso vado a Londra, a Holmes Chapel; dove sono cresciuto. Là ci sono i miei nonni e alcuni cugini, un giorno ti ci porterò, è un posto davvero bello.» adoro vedere Harry parlare della città in cui è nato con un sorriso grandissimo, si vede quanto gli piaccia quel posto.

«A che età ti sei trasferito qui?» chiedo curiosamente.

«Avevo all'incirca nove anni, i miei genitori si separarono e Anne, mia madre, non volle più stare lì e decise di trasferirsi il più lontano possibile da mio padre.» ne parla con tranquillità, forse non gli ha scosso molto l'allontanamento dal padre, credo che non abbiano mai avuto un forte legame.

«Mi dispiace.» accenno un piccolo sorriso di consolazione, forse ci teneva al padre, in fondo era solo un bambino di nove anni.

«Tranquilla, ormai è passato tanto tempo, non mi ricordo neanche il volto di mio padre.» sentire quelle parole uscire dalla sua bocca mi fanno tremendamente male, quanto può essere brutto non ricordarsi il volto del proprio padre?

Forse ad Harry non importa, forse avevo ragione a pensare che non avessero avuto un forte legame, ma mi dispiace tantissimo a vederlo così e sono sicura che, anche se non lo da a vedere, a lui manca il padre, semplicemente ha paura di dirlo.

My drug » h.s.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora