34. Party time.

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Spesso si dice che il tempo senza che ce ne accorgiamo sistemi le cose, che in qualche modo strano e inconsapevole il tempo mette della colla su quei vasi che le circostanze hanno preso e rotto a terra. Arriverà quel momento in cui si riusciranno a superare cose che fino a prima sembreranno insormontabili, così da renderci pronti a prendere scelte senza rimorsi. Questo non è ciò che sta avvenendo con me, anzi dentro di me giorno dopo giorno la lotta si fa più forte e devastante, come se ogni secondo che passa mi sentissi ferita e stanca: stanca di riflettere, stanca di provarci, stanca di non provarci. Stanca di fingere, stanca di piangere, stanca di odiare , stanca di amare, stanca di non fare nulla, stanca di lottare, stanca di mettere muto a tutto quel formulare continuo di domande e risposte neutre a questioni che meriterebbero una posizione netta e decisa. Erano passati 3 giorni da quella mattina, quell'alba che aveva fatto riassaggiare alle mie labbra il sapore dell'amore della persona che più aveva il potere di rendermi mare e sabbia allo stesso tempo, di darmi gioia e dolore, nero e bianco, sole e luna. In quel momento in cui avevo accantonato perfino la parte di me che voleva celare anche il sentimento più piccolo che provavo per Camila, il ricordo di ciò che era successo emergeva, emergeva e mi faceva soffocare. Diamine, non potevo pensare a quella menzogna, a quello che era successo e che Camila non mi aveva detto. Non è tanto il gesto quanto il fatto di averlo nascosto: era quella la cosa che più mi impediva di poter voltare pagina su quel capitolo che tanto volevo finalmente lasciarmi alle spalle.

"Lauren..?" - un ticchettio attirò la mia attenzione. Qualcuno bussava alla porta.

"Entra!" - risposi, ancora sotto le coperte fissando il soffitto. Dinah dormiva ancora, ma al piano di sotto, poiché i miei fratelli erano ognuno nel proprio letto.

"Posso entrare?" - mia mamma entrò nella mia camerata con un grande sorriso.

"Certo, vieni"

Mia mamma era una donna così solare e sorridente da darmi un po' di felicità anche in quel momento in cui avevo nel corpo solo dolore e mancanza: la mancanza di Camila. La donna si avvicinò al mio letto e si sedette al bordo del materasso, accarezzandomi dolcemente la guancia.

"Lo sai che per qualsiasi cosa ci sono vero?"

La guardai, capendo che era davvero la donna che più capiva quello che provavo e che mi succedeva, senza saper a pieno, per filo e per segno, ciò che avveniva.

"Mamma..." - provai a risponderle, cercando di non mentirle.

"Non devi rispondermi, solo ...sappi che la tua mamma è sempre pronta ad ascoltarti ok?" - mi interruppe indossando uno dei suoi sorrisi migliori.

"Grazie mamma, è che.." - provai a mettere insieme ciò che sentivo. Era normale che si fosse accorta di tutto. Da quando Camila aveva dormito a casa nostra non ero uscita da casa se non con Dinah ed i miei fratelli nel pomeriggio, e una sera con tutta la famiglia per una piccola rimpatriata.

"C'entra per caso Camila?" - disse lei determinatamente.

Mi bloccai, come poteva essersi accorta..?

"Penso sia lei, qualche giorno fa ha dormito da noi e non è rimasta nemmeno per salutarci, come ai vecchi tempi...se andasse tutto bene, e mi stessi sbagliando, dimmelo pure" - l'espressione di mia madre era piena di verità. Camila era solita a rimanere da me a dormire, durante le nostre pause, o viceversa. I miei genitori erano un po' come se fossero anche i suoi e questo mio nemmeno nominarla in loro presenza era già un primo segnale di come ci fosse qualcosa che non andasse. Non risposi, sicura che anche il mio tacere fosse più valida di una risposta.

"Mamma" - presi fiato dopo qualche istante -" pensi che si possa perdonare qualcuno davvero?"

Mia mamma continuò a guardarmi, diventando più seria e concentrandosi sulla domanda che le avevo appena posto.

Philophobia; camren - chap. 1 #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora