Capitolo 12: ritorno al passato

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"Che succede?" ripeto, alzandomi in piedi di scatto. Chiudo gli occhi per alcuni secondi, cercando di sopportare il dolore. Mi dimentico sempre di avere ancora questa cavolo di slogatura e così faccio tutto come se niente fosse. Ma poi ne pago le conseguenze.

"Rimettiti seduta, puoi ascoltarci anche da qui" si avvicina Rhydian, abbassandomi dalle spalle. Mi siedo, sotto la spinta delle sue braccia, invitandolo poi a sedersi accanto a me.

"Credo proprio che Toby possa rivelarsi un problema più grande del previsto" asserisce, serio, sedendosi.

"Perché? Ha scoperto qualcosa?" chiede Emma, alzandosi di scatto ,avvicinandosi al mio letto.

"L'abbiamo beccato ad origliare una nostra conversazione" risponde Will, appoggiandosi al muro.

"E che ha detto?"

"Ha negato l'evidenza, dicendo di non aver sentito nulla"

"Ma io l'ho visto! Stavo tornando dal fare il bucato e l'ho beccato con l'orecchio attaccato alla porta della loro stanza!" obbietta Nate, indicando con un cenno della mano Will e Austin.

"E ha avuto la faccia tosta di dirvi che non stava origliando?" domanda ancora la mora, allibita.

"Si!" ribatte Rhydian, leggermente seccato.

"E poi che è successo?" sussurro, notando Austin ,in piedi, in disparte.

"Se n'è andato come se niente fosse, ma ho come il presentimento che possa tornare mentre non ci siamo e mettersi a frugare tra le nostre cose" mi risponde il biondo al mio fianco.

"Di che stavate parlando di preciso quando vi ha sentito?" chiede Emma.

"Bè...dell'alfabeto...di dove avremmo ancora potuto cercarlo...di quello!" risponde Will.

"E...ora? Che facciamo?" chiedo, angosciata.

"Innanzitutto chiudiamo le stanze quando ce ne andiamo" propone Nate, appoggiandosi alla parete.

"Ma suo padre è il guardiano! E poi non incrementeremmo solo la sua curiosità, chiudendo le porte a chiave?" rispondo.

"In effetti hai ragione.... Cavoli!" si lamenta Will, tirando un calcio al comò.

"Austin?" chiede Rhydian, spezzando il silenzio.

"Mhm?" il moro sembra quasi risvegliarsi dal suo stato di trance.

"Che hai, si può sapere?" sbotta l'altro.

"Non ho niente, va bene? Ho solo voglia di essere lasciato in pace!" ribatte, spalancando la porta.

"Dove stai andando ora?"

"Via da qui!" sbatte la porta dietro di sé. In stanza cala il silenzio, mentre il biondo al mio fianco si volta a guardarmi.

"Vado io" mi alzo in piedi, facendomi passare le stampelle. Mi trascino fino alla porta, uscendo poi rapidamente. Chiudo lentamente la porta alle spalle, voltandomi verso il corridoio, deserto. Mi volto poi verso le scale, notando il moro, appoggiato alla ringhiera di legno che si staglia ai lati della scalinata, chiudendo il corridoio, ed evitando anche che qualche studente depresso possa avere la strana idea di buttarsi di sotto. Appoggio le stampelle al muro, avvicinandomi lentamente a lui. Mi appoggio anch'io alla ringhiera, senza dire una parola. Lo sbircio con la coda dell'occhio, mentre lui rimane immobile, a fissare l'atrio sottostante, praticamente deserto.

"Puoi anche andartene, Sofi" sussurra.

"E invece io voglio restare qui" mormoro sicura. Si volta a guardarmi, incuriosito. Abbassa poi la testa, accennando un sorriso beffardo.

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