Capitolo 42: qualcuno di nuovo

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Un dolore atroce al fianco mi fa agitare sul terreno, dandomi almeno la consapevolezza di non essere morta nell'impatto. Tasto il terreno sotto di me, strappando via qualche ciuffetto d'erba. Questo vuol dire che sono riuscita ad atterrare sul prato, invece che sull'asta di ferro che tanto mi terrorizzava. Con uno sforzo non da poco riesco a sollevare le palperebbe, notando in primo piano un qualcosa di verdastro unito a chiazze marroni. Cerco di mettere a fuoco, ma l'immagine non cambia. Faccio quindi leva con le braccia, riuscendo a sollevarmi, anche se di poco. Gli strani colori che prima vedevo non erano altro che erba mischiata a terra umidiccia, e questo spiega anche la strana sensazione di sporco che mi permea il viso. Mi accarezzo delicatamente le guance, facendo cadere qualche granello di terriccio sulla maglietta rosso pastello che avevo scelto questa mattina. Passo poi le dita sulle labbra, pulendo anch'esse. Poi, un pensiero, o meglio un'angoscia, mi attraversa improvvisamente la mente, facendomi drizzare di scatto, iniziando a scrutare il terreno intorno a me. Dove diavolo è finito Will?

"So-Sofi? Stai bene?" una voce roca, alle mie spalle, mi fa girare di scatto. Sento il cuore fare un balzo all'indietro quando lo individuo, sdraiato in mezzo all'erba, a pancia in su, che mi guarda tirando indietro la testa a più non posso. Non posso immaginare in che modo sia riuscito ad individuarmi visto che si ostina a guardare il mondo capovolto, ma scaccio quasi subito questo pensiero dalla testa, alzandomi in piedi con fin troppa fretta, finendo così nuovamente a terra, in ginocchio. Non demordo, e così mi metto a gattonare verso di lui, raggiungendolo in un batter d'occhio. Gli prendo poi il capo tra le mani, poggiandolo poi sopra i jeans logorati dall'impatto.

"Ma che hai fatto alla faccia?" mi guarda ridacchiando. Possibile che riesca a trovare la forza di scherzare pure dopo aver fatto un volo di una decina di metri?

"Sai, capita quando finisci a faccia in giù nell'erba" rispondo ironica, senza riuscire a trattenere un sorriso.

"Ti dona sai?" ridacchia. Scuoto la testa, mordendomi un labbro per cercare di non mettermi ridere a mia volta. Si solleva poi con il busto, gemendo, fino a mettersi seduto.

"Ti sei fatto molto male?" gli muovo delicatamente la maglietta bianca, sotto cui si scorge un alone rosso che ha già impregnato gran parte della stoffa.

"Solo un taglietto" si sofferma ad esaminare la ferita che si apre sul fianco destro, serrando la mascella, molto probabilmente per contenere il dolore. "Tu invece" mi afferra delicatamente per i polsi, facendomi ruotare le braccia. "Ouch" commenta poi alla vista del mio gomito sinistro sfregiato. "Brucia molto?" chiede, tirandomi su delicatamente la manica del giacchetto di jeans, completamente rovinata, e poi anche quella della maglietta.

"Sinceramente non sento assolutamente niente" dico subito, fissandolo mentre cerca di tamponare la ferita con un fazzoletto di carta. "Non so se sia una cosa positiva o meno" aggiungo poi, gemendo subito dopo per il dolore.

"Scusa" mi guarda imbarazzato, ritraendo la mano. "Meglio se fai tu" mi porge poi il fazzoletto insanguinato. Lo afferro di malavoglia, premendolo all'altezza del gomito.

"Pensi che ci faranno prendere l'aereo conciati così o ci spediranno direttamente in questura?"

"Molto probabilmente la seconda" accenna un sorriso. "Dobbiamo liberarci dei vestiti e trovarne dei nuovi. Ci saranno sicuramente negozi nella città qui vicino...dobbiamo solo arrivarci" si alza poi in piedi, infilando un fazzoletto sotto la maglietta, per cercare di fermare il sangue che continua a fuoriuscire dalla pelle recisa. "Ce la fai a camminare?" mi porge la mano.

"Certo" sorrido, facendo incontrare le nostre dita, entrambe arrossate e annerite allo stesso tempo per via del sangue e del terriccio.

"Allora andiamo...il nostro aereo parte tra tre ore e non abbiamo più molto tempo" guarda l'orologio che tiene ancora al polso, per poi spostare lo sguardo su di me, ansioso.

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