Capitolo 35: dolore e ancora dolore

20 3 0
                                    

Sbuffo a bassa voce chiudendo l'armadietto di scatto. Mi ci appoggio poi con le spalle, chiudendo gli occhi per alcuni istanti, cercando di calmarmi. L'immagine di Nate e del suo sguardo deluso non riesce proprio a lasciarmi in pace, e continua a tormentarmi. È come se si fosse incollata sotto alle mie palpebre, e tutte le volte che chiudo gli occhi me lo ritrovo lì, a guardarmi in cagnesco. Da sabato pomeriggio, quando mi ha visto con Will, non mi ha più rivolto al parola. E se prima parlava anche con gli altri, bè, ora non fa più neanche quello. A colazione, pranzo e cena, si siede al tavolo più lontano dal nostro, in compagnia di Toby. Se ci incontra in giro per il dormitorio ci ignora, oppure ci guarda malissimo. Quello che non sopporto è che si comparta in questo modo con tutti, anche se ce l'ha solo con me. Posso sopportare che sia arrabbiato con me, ma non con tutti i miei amici. Così mi fa solo sentire più in colpa. E anche se tutti mi hanno detto di non starci male, bè, non riesco ad ascoltarli. È come se un enorme macigno si fosse fermato proprio sul mio petto e non volesse abbandonarmi. Faccio quasi fatica a respirare in certi momenti, da quanto mi sento oppressa. E il suo guardarmi con disprezzo non aiuta di certo a sentirmi meglio. La campanella suona, facendomi sussultare. Mi affretto a riporre i libri nello zaino, per poi avviarmi a passo svelto verso la classe. Tengo lo sguardo basso, mentre cammino velocemente, e litigo con il libro di italiano, che non ne vuole proprio sapere di starsene buono buono dentro allo zaino celeste. Quando finalmente sembra avermi ascoltato, finisco addosso ad un ragazzo, cadendo a terra con un piccolo gemito.

"Ahi" borbotto, massaggiandomi il braccio.

"Stai più..."la voce gli muore in gola. Alzo lo sguardo di scatto, sentendo la gola seccarsi a mia volta.

"Nate" sussurro, ma la mia voce è quasi impercettibile. Senza degnarmi di uno sguardo, si alza in piedi di scatto, continuando poi la sua camminata, senza nemmeno aiutarmi a rialzarmi. Se prima, dopo la nostra chiacchierata nel giardino della scuola, c'era anche solo una minima possibilità che potesse cambiare idea, ora sono certa di averlo perso per sempre.

"Va tutto bene?" una voce maschile mi riporta sulla terra, costringendomi ad alzare lo sguardo. È solo Toby. E io che speravo fosse Nate, tornato indietro per scusarsi e per dirmi che non gli importava niente di tutto quello che è accaduto, e che mi voleva ancora bene. Sono solo un'illusa diciassettenne con così tanti problemi per la testa, da non riuscire nemmeno a guardare dove mettere i piedi.

"Sì, sono solo un po' distratta" scrollo le spalle, afferrando la sua mano, tesa dritta davanti a sé, rimettendomi in piedi.

"Lo so" accenna un sorriso.

"Come scusa?" lo guardo dritto negli occhi per capire se mi sta prendendo in giro oppure no.

"Ho passato molto tempo con Nate ultimamente, e anche se non mi ha detto proprio tutto, sono riuscito a completare il puzzle da solo" spiega, senza smettere di sorridere. Non capsico dove trovi tutta quest'allegria nel parlare di un amico con l'umore sotto terra. Annuisco leggermente, senza sapere cosa rispondere.

"Sta molto male, vero?" non so con che coraggio pronuncio queste parole.

"È abbastanza giù" annuisce, guardandomi negli occhi. Non appena il mio cervello realizza la sua risposta, il macigno che sul petto, che prima sembrava asfissiante, non è nulla in confronto alla sensazione orribile che sto provando in questo momento.

"E tu come stai?" mi coglie di sorpresa.

"Io?" chiedo infatti.

"Sì, tu. Come stai, Sofia?"

"Io sto bene..." forzo un sorriso, puntando lo sguardo sul muro difronte a me. Il corridoio è deserto, fatta eccezione per me e Toby.

"Dai, dico sul serio..." mi rimprovera.

Forever and More Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora