Capito 47: la bella addormentata in Arizona

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Non appena il taxi accosta accanto al marciapiede, saltiamo fuori, correndo in direzione dell’immenso stabile che si erge a pochi metri da noi, e che abbiamo avuto modo di vedere più da vicino solo un mese fa, quando Hanna era stata investita da un pirata della strada, ed eravamo corsi qui a tutta velocità. Un po’ come stiamo facendo ora. Facciamo scattare le fotocellule delle porte a vetri, continuando a correre anche una volta entrati, fermandoci solo dietro ad una coppia di signori anziani, in fila all’accettazione. Abbiamo tutti e tre il fiatone e sembriamo essere usciti da una maratona di corsa durata per ore, piuttosto che da una festa.

“Come posso aiutarvi?” chiede una ragazza poco più grande di noi, seduta ad una scrivania dietro al vetro.

“Stiamo cercando Sara Swan” dico con il cuore che mi martella in gola, e i polmoni che si dilatano e si restringono ad un ritmo irregolare.

“Mhm” mugugna, facendo scorrere il cursore sullo schermo del pc. “Reparto di terapia intensiva…secondo corridoio a destra del primo piano” dice poi, alzando lo sguardo e fissandoci con aria assente.

“Grazie mille” gracchia Nate, afferrandomi per un braccio. Cerco istintivamente la mano di Will, tirandolo con me.

“Pensate che gli altri siano già arrivati?” chiede il moro, fermandosi davanti alla rampa di scale.

“Sicuro” bofonchia il biondo. “Abbiamo aspettato venti minuti per quello stupidissimo taxi! Gli altri saranno già qui da una mezz’oretta, vedrai” brontola poi, iniziando a salire. Lo seguiamo entrambi, fino ad arrivare al piano superiore.

“Ha detto secondo corridoio?” chiede Will, fermandosi.

“Sì, secondo” ripeto, annuendo con la testa. Riprendiamo a camminare, svoltando nella giusta direzione e finendo in un’altra corsia, praticamente identica a quella di prima, con porte che si aprono a destra e sinistra sulle pareti colorate di verde sbiadito, alternate da sedie azzurre.

“Eccoli lì!” Nate li invida subito, in fondo al corridoio, seduti e in piedi, davanti ad una porta, identica a tutte le altre.

“Em!” non posso fare a meno di chiamarla quando siamo abbastanza vicini. Lei si volta lentamente, le braccia strette al petto, i capelli scompigliati con alcune ciocche che sono fuggite all’elegante chignon che aveva fatto con cura, il trucco sbavato e gli occhi gonfi e arrossati. “Ehi!” sussurro, stritolandola velocemente tra le mie braccia. “Va tutto bene” sussurro dolcemente, carezzandole la schiena, mentre lei affonda il viso sulla mia spalla, stringendomi forte. “Come sta?” chiedo poi, alzando lo sguardo dalla mia migliore amica, senza però allentare la presa, e scrutando tutti gli altri. Gli unici seduti sono Taylor e Toby, e lei sembra essersi addormentata con la testa appoggiata alla spalla di lui, che le circonda la vita con un braccio, cullandola leggermente. Austin è in piedi accanto a loro, il volto contrito in una smorfia di tristezza e gli occhi bassi. E poi, poco più in là, appoggiato ad una seggiolina posta sull’altro lato della galleria, con la testa china e le mani congiunte, sta seduto Rhydian. Posso solo provare ad immaginare come si senta in questo momento. E lo stesso vale per la mora che è ancora tra le mie braccia.

“È…Sara…lei è…è tutta colpa mia” singhiozza la mia migliore amica, spingendo la fronte contro il mio giacchetto.

“Che…che cos’è successo di preciso?” provo a chiedere, anche se sono quasi sicura che non sarà lei a rispondermi. E di fatti, non appena finisco la domanda, si mette a singhiozzare, sempre più forte. “Em, non fare così, ti prego” cerco di consolarla, anche se a fatica. Vederla ridotta in questo stato mi fa raggelare il sangue nelle vene.

“Ti ho detto che le avevo proibito di vedersi con Rhydian, no?” dice tra i singhiozzi.

“Sì” sussurro, corrugando la fronte.

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