Capitolo 6. -J

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Esco di casa verso le dieci e mezza di sera e mi stringo nelle spalle, correndo verso la macchina.
L'umidità di questa città mi fa sempre più schifo.
Metto in moto e accendo i riscaldamenti al massimo. Lo studio non è poi così lontano da casa mia perciò ci metto poco ad arrivare. Una volta superata l'entrata, prendo l'ascensore salendo al quarto piano di quell'edificio. Quando entro, Bob, il direttore, mi saluta con un sorriso.
"Ehilà, James. Tutto bene?". Annuisco, con un sorriso. "Sempre quell'aria stanca! Ma cosa fai nella vita?" continua, scuotendo la testa.

Gli rivolgo un sorriso stanco. "Mi stresso".

Ridacchia, annuendo. "Oh, capisco. Siamo in due".

"In tre!" esclama Peter alle mie spalle. "Mia moglie ha cominciato il periodo viola".

"Il periodo viola?" ripeto, ridendo.

Lui alza gli occhi al cielo, annuendo. "Sì, il periodo in cui mi tira i calci per ogni cosa sbagliata che faccio. Fidati, è stress. E non posso ricambiare o chissà cosa succederebbe al piccolo".

Gli sorrido, togliendomi la giacca e appendendola vicino alla porta d'ingresso. "A quanti mesi sta ormai?".

Mi guarda con aria fiera. "Cinque, ma bisogna sempre essere prudenti, dice il dottore".

Io rido ancora e saluto Bob con un cenno, chiudendomi del mio piccolo studio. Le pareti sono imbottite in modo da attutire il suono e la stanza è divisa in due da un vetro: una parte con un tavolo rotondo, un computer, un microfono e delle cuffie - la mia postazione- e l'altra invece con vari computer e interruttori per i collegamenti radiofonici. Mi accomodo sullo sgabello in pelle e tiro fuori la USB attaccandola al computer. Le playlist per questa sera sono più o meno movimentate. Le persone che si sintonizzano in queste ore, però, sanno benissimo il tipo di musica che metto, quindi non mi faccio problemi. Peter entra in sala, ponendosi dalla parte opposta del vetro e mi fa ok con un gesto della mano.

Mi segna cinque dita, poi quattro, tre, due, uno e mima con la bocca "IN ONDA".

"Buonasera a tutti gente, qui il vostro Hermes. Spero personalmente che la giornata di oggi sia stata per voi migliore della mia. Niente di che, solo problemi di vita, sapete, quelle cose da tutti i giorni. Ma in caso la vostra giornata abbia fatto schifo tanto quanto la mia, che ne dite di tirarci un po' su il morale? La musica è la cura per ogni male, dico bene? Allora, diamoci dentro ma partiamo con qualcosa un po' più indie. Ecco a voi Is It Any Wonder? dei Keane!". Spengo il microfono, mentre Peter fa partire la canzone. Mi sorride, facendo un'occhiolino.

Fare questo lavoro non mi dispiace affatto. Non è ovviamente quello dei miei sogni, ma venire qui, parlare a un pubblico sconosciuto senza che questo abbia modo di conoscere la mia identità mi fa sentire libero e spensierato. Mi dimentico per qualche ora dei miei problemi a casa, dello stress causato dall'accademia e mi lascio guidare dalla musica che scelgo ogni sera. Musica, che oltre a rallegrare me, sicuramente rallegra anche chiunque la ascolti. È, nonostante tutto, il modo più facile per comunicare visto che tante volte per esprimere le proprie emozioni le parole non servono.
In più, le persone che lavorano qui sono tutte molto simpatiche e mi aiutano a distrarmi ulteriormente. Bob è il direttore della radio, ormai va per la sessantina e ha sempre la Coca Cola vicino a sè. Ho provato a dirgli più volte che è quella a causare il gonfiore del suo stomaco, ma a lui non sembra importare.
Peter è un classico neo padre: capelli e barba brizzolati, occhiaie sotto gli occhi, caffè sempre a portata di mano e tante storie da raccontare sul piccolino. Rabbrividisco al solo pensiero: spero di non diventare mai padre. Lo so che la maggior parte dei ragazzi lo desidera, ma io non sono la maggior parte dei ragazzi.

La canzone dei Keane finisce e riprendo io: "Eccoci di nuovo su Whistle Radio. Ho sempre pensato, ragazzi, che la notte in questa città fosse molto più produttiva del giorno. Di giorno qui non succede mai niente di nuovo, la routine è sempre la stessa: ti svegli, imprechi un qualsiasi Dio mentre fai colazione, vai a lavoro, o a scuola, pranzi, ricominci e la sera arrivi così stanco che non hai neanche la forza per dirlo. Però una cosa la puoi fare: puoi rimanere davanti la finestra con una tazza di tè a guardare le stelle, che misteriosamente qui si vedono benissimo, oppure puoi prendere la macchina e fregartene della stanchezza, puoi andare a ballare e divertirti con i tuoi amici e fare tardi anche se sai che la mattina dopo dovrai alzarti presto. Anzi, sapete che vi dico? Queste sono tutte cose che dovete fare. Ve lo impongo! Cos'è la notte, se non viene vissuta? Con questo vi lascio ad una canzona che ci hanno consigliato tre nostri ascoltatori. Saluto Mel, Agatha e Leo: godetevi questa serata, ragazzi! Ecco quindi un pezzo dei Paramore".

La canzone parte e tiro un sospiro di sollievo. L'sms è arrivato mentre parlavo e sono stato nel panico più totale per comunicarlo a Peter, che però se n'è fortunatamente accorto in tempo. Gli sorrido, cominciando a ridere, mentre rileggo senza farci troppo caso il messaggio arrivato qualche minuto prima in cui i tre ragazzi ci scrivono che stanno in strada verso la discoteca. Brutto posto.

Mi piace parlare alla radio, fare lo speaker, almeno so che qualcuno qui mi ascolta. So che posso dire tutto quello che voglio perché nessuno conosce la mia faccia, né sai chi sono. Mi conoscono solo per quello che dico e per le canzoni che scelgo e se potessi piacere solo per questo già so che la mia vita migliorerebbe. Una volta finita la trasmissione saluto gli ascoltatori dandogli la buonanotte e esco dallo studio, salutando Bob e Peter.

Domani avrò quel maledetto colloquio e già so che non riuscirò a dormire stanotte.

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Salve a tutti, cari lettori!
Ci tenevo a dirvi che la canzone scelta da James non è stata messa a caso! Descrive le sue emozioni in questo periodo della sua vita e vi consiglio di ascoltarla :3

Detto questo, spero che la storia vi stia piacendo! ^^
Con affetto,
Mars.


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