Capitolo 49. -M

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la mia lingua sa di aspro
dalla fame della 
nostalgia di te

-rupi kaur; milk and honey.

-

"Questi caffè della macchinetta costano veramente poco!". 

"Vanessa, costano due euro". 

"Appunto!". 

"Devi rivedere la tua visione del concetto di economico. C'è chi deve portarselo da casa. Metti che ti prendi tre caffè al giorno, sono sei euro. Sei euro. E come fai a sopravvivere alle lezioni senza caffè? Ovviamente ti arrangi e paghi sei euro. Ma è così ingiusto, sono dei ladri". 

Mentre aspetto che la macchinetta dell'accademia si decida a sganciare il caffè che ho pagato, faccio finta di guardarmi intorno, per cercare di individuare i padroni di quelle voci. 

Dietro di me, un ragazzo e una ragazza, aspettano il loro turno. Lei, vestita firmata da capo a piedi, i capelli rossi con dei boccoli sulle punte e un volume impressionante, un tacco alto che solo nei film pensavo si potesse indossare in un ambiente scolastico. Lui, più basso di lei, a causa dei tacchi, con la pelle scura e i capelli riccissimi, una camicia di flanella abbottonata male e dei jeans neri strappati. Sono decisamente più strani di qualunque coppia io abbia mai visto. Più strano di Agatha e Leo, ed è tutto dire. 

Ritorno alla macchinetta, che ancora produce suoni strani, ma dal piccolo sportelletto non esce nulla. Sospiro, spazientita. Saranno almeno cinque minuti che aspetto; non voglio esagerare, ma una moka ci mette di meno. 

Il ragazzo dietro di me si avvicina al lato della macchinetta e la colpisce con una forte spallata, facendola dondolare. Presa alla sprovvista, sobbalzo e strabuzzo gli occhi. 

"Ogni tanto si blocca" si giustifica, sorridendomi gentilmente. 

Dopo un secondo, finalmente vedo il piccolo bicchiere di plastica con al suo interno il mio caffè. Vorrei gridare dalla gioia. "Grazie tante" rispondo al mio salvatore, ricambiando il sorriso gentile. 

Recupero il mio caffè e mi faccio da parte, permettendo alla coppia dietro di me di servirsi. Giro la stecca di plastica nel piccolo bicchiere, così che lo zucchero si sciolga e non rimanga sul fondo. Sono una di quelle strane persone a cui non piace raccoglierlo, una volta finito di bere. Niente giudizi, grazie. 

"Ehi, tu!" mi chiama la voce della ragazza, che se non mi sbaglio si chiama Vanessa. Mi volto, sorpresa. Mi raggiungono con entrambi un caffè in mano. 
Come diavolo hanno fatto ad averlo in così poco tempo?!

"Sei una matricola?" mi chiede Vanessa, quando mi raggiunge. 

Annuisco. "Sì. Primo giorno di lezione" ammetto, sentendo le guance scaldarsi. Sono piccola, bassa e in più sono una matricola. Chissà cosa provano per me... Probabilmente tenerezza e compassione. Nel peggiore dei casi, pena. 

"Oh, anche noi!" esclama lui in risposta. 

"Davvero?" chiedo, sbalordita. "Sembrate almeno del secondo anno!". 

"Beh, sì" fa lei, portandosi i capelli dietro le spalle. "I tacchi fanno questo effetto". 

Mi permetto di abbassare lo sguardo e mi sorprendo di notare solo adesso un fatto a dir poco sconvolgente. "Ma quelle sono Louboutin?!" esclamo, senza riuscire a trattenermi. 

"Sì" conferma, soddisfatta dalla mia reazione. "Una delle paia, intendo" aggiunge, stringendosi nelle spalle. 

Chi è che va in accademia con delle Louboutin ai piedi?! Capisco che sia una scuola di moda, ma fino a un certo punto!

non lasciarmi vincereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora