Capitolo 19. -M.

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Dopo essere uscita dalla vasca da bagno, quando ormai la bath-bomb era totalmente sciolta e il profumo quasi completamente svanito, ho acceso la radio.

Pessima scelta. Il fatto che mi preoccupa è che è stato un gesto del tutto naturale. Come se stessi scegliendo i vestiti da indossare.
Non ho pensato che potevo benissimo scegliere di riprodurre la musica usando il mio telefono, invece di dover accendere la radio.
Insomma, ormai la radio si ascolta solo in macchina, no?
Invece, ho scelto di accendere la radio.
Ho acceso la radio perché sapevo benissimo che era già sintonizzata su Whistle Radio e che avrei sentito la sua voce.

Infatti, è proprio la sua la voce che le casse della radio di mia madre fanno risuonare. Odio aver ragione, in questi casi. Scelgo di fingere nonchalance con me stessa, come se quella voce non provocasse in me alcun cambiamento e mi pettino i capelli.

Poi, però, lui comincia a parlare di amori sbagliati.
Amori sbagliati? Quali amori sbagliati?
Per un momento la mia mente mi fa sperare che stia parlando di me, ma mi ricredo subito. Non mi conosce affatto, parlare di "amori sbagliati" direi che sarebbe un'esagerazione, nel mio caso. La parola sbagliati, poi, non mi ci fa rimanere così male. Se è sbagliato, vuol dire che non è giusto. Se non è giusto vuol dire che è finita. Amore sbagliato uguale amore finito.
È logico, no?

Tuttavia, per quanto io possa gioire delle mie supposizioni su un suo amore finito, mi sento anche molto triste. Nemmeno io lo conosco -perciò potrei anche smettere di pensare a lui- ma mi sembra un bravo ragazzo e sicuramente non merita di soffrire.

Ascolto la canzone, riconoscendola e canticchiandola in silenzio. Non c'è niente da fare. Per quanto io mi impegni a non cercare in lui ulteriori pregi, non posso fare a meno di notare quanti ne abbia. Per esempio, il suo eccellente gusto in musica.
Capisco che andrò avanti sempre peggio se non la smetto di ascoltare la sua voce, così appena finisce la canzone spengo la radio. Mi guardo allo specchio e riduco gli occhi a due fessure, dandomi un'occhiata truce attraverso il mio riflesso. "Non si può fare con lui. Dimenticatelo."
Dopo un sospiro, decido di legare i capelli in due trecce e lasciarli asciugare naturalmente così che quando le scioglierò, avrò una chioma ondulata.

Esco dal bagno e mi dirigo in camera, sentendo al piano di sotto mia madre e mio padre chiacchierare. Non riesco a capire cosa dicono, ma ridono. Finché ridono non credo ci sia nulla di cui io debba preoccuparmi.
Mi siedo sul letto, sentendomi frustrata e annoiata. Una buona cura potrebbe essere parlarne con Agatha e Leo. Certo, lei non è la migliore quando si parla di ragazzi ma è sempre pronta a sostenermi. E Leo... Beh, lui morirebbe per un po' di gossip.
Afferro il telefono e cerco il numero di Agatha nelle chiamate recenti.

"Mel?" mi risponde, con il suo solito tono di voce annoiato e arrabbiato.

"Ciao, Agatha! Metti in vivavoce, voglio raccontarvi un po' di cose" le spiego, mettendomi sul letto a gambe incrociate, come faccio sempre quando parlo con i gemelli.

"È inutile mettere in vivavoce, Leo non c'è" replica, con una strana tranquillità nella voce.

"Oh" esclamo, sorpresa. "E dove è andato?".

"Non ne ho idea. Non me lo ha voluto dire"-mi risponde, e questo mi rende ancora più scettica. Agatha che non sa dove sta Leo?! Dev'essere successo qualcosa.

"Ok... Tu invece cosa stai facendo?" le chiedo, per investigare su quella strana situazione.

"Oh ehm..." dice, mentre sento che mastica qualcosa. "Sono occupata in effetti. È un problema se ci vediamo domani e chiacchieriamo a scuola? Tanto durante storia nessuno di noi vuole seguire."
A queste parole, sento un vuoto nel petto. Pensavo di potermi sfogare, ma non posso costringere le persone ad ascoltare le mie lagne.

non lasciarmi vincereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora