Capitolo 8. -J

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Questo giorno è il giorno.
Progetto.
Fotografo.
Colloquio.
Probabile disastro totale.
Non sono pronto.

Mi dirigo in perfetto orario verso lo studio, per varcare la soglia alle undici in punto. Parlo con la segretaria lì vicino e lei dopo aver cliccato sul computer, mi sorride e mi fa sedere su una poltrona di pelle. Prima di girare i tacchi, mi informa che sarò ricevuto tra qualche minuto.

Ho i nervi a fior di pelle, mentre penso a quello che dirà quando vedrà le mie foto... ne ho portate giusto una trentina, così che possa farsi un'idea.
Questa mattina pensavo fossero troppe, ma adesso ne sono sicuro. Perché diavolo ho portato con me trenta foto?
Forse se ne nascondo venti dentro quel vaso...

"James, giusto?".

Una voce mi risveglia dalle mie preoccupazioni. Una donna vestita elegantemente mi sorride. Annuisco alla sua domanda e lei mi fa cenno di seguirla.
Dopo tre corridoi finalmente raggiungiamo la porta dello studio e mi passo nervosamente la mano nei capelli.
Mi sono pettinato stamattina?

Quando entro mi guardo intorno, puntando soprattutto alla scrivania al centro della stanza, ma nessuno ci è seduto. Controllo bene anche altri probabili luoghi ma in questo posto ci sono solo io e la signorina che mi ha accompagnato.

"So che aspettavi qualcun altro, ma il mio capo è impegnato, quindi farai il colloquio con me" mi comunica, dirigendosi dietro la scrivania ancheggiando esageratamente. "Siedi, prego".

Sono deluso, avrei voluto che ci fosse lui in persona. Ma ovviamente un tipo come lui non è che si mette a ricevere ogni studente dell'Accademia, avrà i suoi impegni.

"Sei dispiaciuto?" mi chiede lei, fissandomi... intensamente.

"N-no..." borbotto, con le mani in fiamme. "Io sono solo... sorpreso".

Mi sorride, poggiando i gomiti sulla scrivania, mettendo in risalto il contenuto della camicetta, decisamente troppo scollata. "Sì, si nota. Sarai più contento però di essere ricevuto da me, piuttosto che da un vecchio con la barba".

Rido, istericamente. Cosa diavolo sta dicendo? "Ehm... mi scusi?".

Lei sospira, scuotendo la testa. "Non ti piacerebbe fare altro, oltre a questo colloquio?" mi chiede, abbassando la voce in modo sensuale.

Sgrano gli occhi, sorpreso. La guardo per alcuni secondi senza capire ma poi mi accorgo che me lo ha chiesto sul serio. "No! Voglio diventare un fotografo come il suo capo, un giorno. È per questo che sono qui".

"Beh, è un vero peccato" esala, mettendo il broncio. Poi mi sorride amorevolmente, mentre fa scivolare il suo sguardo su tutta la mia figura.

"Ehm, sì... Facciamo questo colloquio, che ne dice?" propongo, sperando di incitarla a cambiare discorso.

"Mmh..." fa lei, scarabocchiando distrattamente sul taccuino davanti a sé. "In realtà non mi va tanto".

Spalanco occhi e bocca davanti a quella risposta. "Sono venuto qui per fare un colloquio a livello professionale" comincio, senza riuscire a trattenere molto bene la mia rabbia. "Mi aspetto di essere ricevuto seriamente e da una persona che sappia fare il suo lavoro."

"Uuh" mi risponde, con una risatina. "Aggressivo il ragazzo. Mi piace" aggiunge, mordendosi un labbro.

"Basta, ne ho abbastanza" sbotto, afferrando le mie cose al volo. La guardo con disprezzo e mi chiudo violentemente la porta alle spalle.

Esco di lì senza rivolgere parola a nessuno. Sono troppo arrabbiato, furioso e deluso. Talmente deluso che mi viene voglia di mollare l'Accademia.
Che diavolo di ambiente è questo? Cos'è tutta quella gentilezza, i mobili moderni, le ragazze ben vestite? Falsità, ecco cos'è. Tutto fumo e niente arrosto, tanta classe per niente. E io lo stupido ragazzo onesto che si pensava di essere ricevuto come nei film, con tanto di stretta di mano. Cosa diamine pensavo di poter raggiungere? Questo colloquio è stato... Sì, penso sia la mia prima delusione a livello lavorativo.

non lasciarmi vincereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora