Capitolo 59. -A&L

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Varco la soglia, togliendomi il giubbotto, la sciarpa e i guanti e mi dirigo in cucina

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Varco la soglia, togliendomi il giubbotto, la sciarpa e i guanti e mi dirigo in cucina.
Ci trovo Jun intento ad impastare con acqua e farina. È stranamente sexy con la maglia e il grembiule sporchi di farina. Lo guardo in viso e scopro che è sporco anche lì.
Jun cucina molto più spesso in questo periodo, non so se sta cercando di accumulare punti a suo favore. Vorrei fargli sapere che non ne ha bisogno, ma dall'altra mi fa impazzire l'idea che lui cucini per me. Insomma, è così bello mangiare senza aver cucinato o strisciato la carta di credito.

Sorrido e vado da lui, per abbracciarlo da dietro. "Ehi, che fai?".

"Gli gnocchi di riso" mi risponde, girandosi quel che basta per scoccarmi un bacio in fronte.

"Oh, mio Dio, sposami" mugugno, contro la sua schiena.

Il suo corpo trema sotto le mie braccia alla sua risata. "Ci sto lavorando" mi risponde.

"Molto bene" commento, lasciandogli un piccolo bacio sulla scapola. Mi poggio sul tavolo mentre lo guardo dare la classica forma allungata degli gnocchi cinesi.
Mi viene un'idea, ma ancora sono parecchio ignorante sulla sua cultura. Mi dispiace, perché le culture asiatiche mi piacciono molto. Mi rallegro pensando che ho tutto il tempo per imparare tutto ciò che voglio sul suo mondo. Un mondo incredibilmente vasto, visto che sua madre è cinese e suo padre è giapponese.
Vorrei fargli uno scherzo e chiamarlo «Junichi-chan», usando il suffisso giapponese, ma non so se sia corretto. Decido di buttarmi e farlo lo stesso.

"Quindi" dico, avvicinandomi e accarezzandogli i capelli scuri. "Come mai stai cucinando, Junichi-dono?".

Lui alza lo sguardo su di me e sgrana gli occhi. Il mio viso avvampa appena mi rendo conto che ho sbagliato suffisso.
Naturalmente. Quante probabilità c'erano che lo chiamassi nel modo sbagliato?

"Ehm..." borbotta. "Non hai idea di cosa significa dono, vero?".

Sento le mie guance ancora più in fiamme. "In effetti, no...".

Un sorriso malizioso gli compare sul viso. "Significa padrone, signore. Cosa stai cercando di dirmi, Agatha?".

Scoppio a ridere, imbarazzata. "Nulla di ciò che pensi!" esclamo. "Quindi cosa usare per chiamarti?".

non lasciarmi vincereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora