Capitolo 32. -J

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Ho passato tutta l'ultima settimana chiuso in casa a studiare

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Ho passato tutta l'ultima settimana chiuso in casa a studiare. Per lo più organizzarmi, non proprio studiare. Ma Mel ha gli esami di maturità tra molto poco, quindi ad essere più esaurita è lei. Anche se non capisco la sua preoccupazione. Io non ero così nervoso. Sono molto più nervoso adesso, visto che non devo diplomarmi ma laurearmi

Parlando del diavolo, vedo il telefono vibrare sul tavolo e rispondo con un "Ehi". Poi sento Mel piangere. "Mel! Tutto ok? Cosa è successo?". 

"No, non va tutto ok!" strilla, facendomi allontanare il telefono. "Non mangio e non dormo da giorni! Dimmi che finirà presto, ti prego". 

"Beh, tecnicamente mancano tre settimane al tuo orale, quindi non è proprio presto". 

"Stronzo". 

Io ridacchio, ma la mia tattica non funziona e lei ricomincia a piangere. "D'accordo, ascolta. Il tuo stronzo sta arrivando. Vedi di non suicidarti, mentre sono in macchina, ok?".

La sento tirare su col naso. "Ok". 

Sospiro e attacco, abbandonando i miei libri e salendo in macchina sotto il sole cocente. Mi sbrigo ad accenderla e mettere l'aria condizionata. Dopo dieci minuti arrivo a casa sua e suono il campanello. 

Quando lei mi apre, faccio un sorriso. Ha la coda spettinata e il pigiama sporco di Nutella. Per di più gli occhi e il naso sono più rossi che mai e non perché si è bruciata con un'insolazione. 

"Ciao" mi dice allargando le braccia, aspettando che io la abbracci. Lo faccio subito dopo aver chiuso la porta dietro di me. 

"Sei sudato" mi dice, affondando la faccia nel mio petto. 

"E tu puzzi". 

"Non è vero!" urla, con la voce ovattata. "Mi sono fatta la doccia stamattina". 

"Io anche, ma fuori fanno trenta gradi all'ombra" dico, pensando che per fortuna in questa casa ci sono i condizionatori. 

La prendo in braccio, e lei allaccia le gambe intorno al mio busto e le braccia intorno al mio collo, poggiando la guancia sulla mia spalla. Le bacio dolcemente il collo, riconoscendo il suo solito profumo. "Dove andiamo?".

"Su" dice semplicemente. Salgo le scale, raggiungendo la sua camera con un leggero fiatone. Pesa mezzo chilo, compresi i capelli. 

La adagio sul letto ma lei si lamenta, senza mollarmi. Così la riprendo in braccio e mi siedo io, con lei sopra che fa di tutto per non dover fare nessun tipo di movimento inutile. Tipo sedersi. 

La stringo a me, passando su e giù la mano sulla sua schiena. "Andrà tutto bene" le dico, baciandole ancora il collo per poi fermarmi alla spalla. 

"Non è vero" dice lei. Sento del liquido bagnarmi la maglietta. 

"Ah, non piangermi addosso, adesso! Ascolta" le dico, prendendola per le spalle, così che possa vedermi in faccia. "Adesso ti racconto come è andata la mia di maturità, così la smetti di piangere e ti tranquillizzi. Perché, davvero, non è niente di che". Lei annuisce, passandosi una mano sugli occhi. 

"Sono arrivato agli scritti con la media del sei striminzito" inizio, poggiando le mani dietro i miei fianchi per mettermi comodo. "Più povero di quello ce l'aveva solo il peggiore della classe. Alla prova di italiano ho scritto quante più cazzate mi venivano in mente e in seconda prova è uscita matematica. Mai studiata in tutta la mia vita. Non che non la capissi, se mi ci mettevo riuscivo a farne di esercizi, ma non mi andava. Così, mi ha passato tutto una una mia compagna di classe, e mi sono preso un bel sette e mezzo a quella prova. Lei ha preso dieci. Ero così bravo a copiare che sapevo dove mettere gli errori senza insospettire nessuno" A questa mia frase rotea gli occhi e io sorrido. "In terza prova devo dire che è stata tosta. Mi sono arrivate le quattro risposte solo a mezz'ora dalla fine. Come ho fatto a copiare tutto non lo so, ma penso che sia anche per la mia pessima scrittura che sono state decenti. E poi l'orale" dico, ridendo appena, ricordandomi di quel momento. "Mi hanno fatto esporre la tesina. Avevo portato come tema una fotografia, che era un'illusione ottica, l'avevo scattata io. Ce l'ho ancora da qualche parte. E con quel pezzo di originalità si sono accontentati tutti e le domande che hanno fatto erano così semplici che un bambino avrebbe potuto benissimo rispondere. Così" dico, quando lei alza gli occhi al cielo, di nuovo. "Sono uscito dal liceo con il mio bel settantadue centesimi, del tutto non guadagnato" concludo, sfoggiando un sorriso soddisfatto.

Lei ride leggermente, e appoggia la guancia sulla mia spalla. "Io non ho mai copiato in vita mia. E non sono una secchiona. Sono normale. E quelli normali non li considerano mai". 

"Meglio!" esclamo, sistemandomi meglio sul letto e appoggiando la schiena contro il muro. "Così sei già fuori". 

"Ma senza il voto che mi merito, come te". 

Sospiro. "Mel, credimi che il voto non sei tu. Soprattutto quello della maturità. Insomma come fai a dire che una persona è da cento o da sessanta? Sono solo numeri. E poi, a nessuno interessa più niente il voto del diploma". 

Sospira anche lei e poi si sposta per guardarmi in faccia con un\ broncio da bambina. "È vero che resti qui con me?" mi chiede, accoccolandosi meglio tra le mie braccia.  

"Per tutto il tempo che vuoi". Le do un bacio sulla fronte e lei sorride. La tengo in braccio come faccio con mia sorella quando non vuole dormire. Non so se sia inquietante o estremamente dolce. 

"Grazie" mi dice chiudendo gli occhi. 

"Diciamo che per ringraziarmi devi prendere almeno più di me. Non mi interessa se non è il voto che ti meriti. L'importante sarà la soddisfazione di aver preso più del tuo ragazzo". 

"Mm-mmh". Fa un ultimo sospiro prima di cominciare a respirare regolarmente con la pancia. 

Decido di chiudere gli occhi anche io. Certo, la posizione non è delle migliori, ma sono stanco per lo stesso suo motivo. Non so come, riesco ad addormentarmi. 

Riapro gli occhi non so quanto tempo dopo, ma decido di andare. Devo studiare come se non ci fosse un domani. Mel ancora dorme beatamente tra le mie braccia e non ho la minima intenzione di svegliarla. Insomma, del sonno non può che farle bene. 

Così sguscio via, adagiandola piano sul letto e rimpiazzando il mio petto col cuscino. Sorrido mentre la guardo. È vero che è passato poco tempo, ma ormai è diventata una pura necessità averla al mio fianco. Senza, mi sento come se mi mancasse un pezzo di me. 

Le do l'ultimo bacio sulla guancia, tanto so che non si sveglia. Non lo fa nemmeno se un tram passa attraverso le pareti della sua camera, sfiorandola di poco. 

Poi vedo un libro aperto lì vicino e prendo una matita. "Mi raccomando riposati. E mangia tanta Nutella. Vedrai che andrà tutto bene. Quando sarà tutto finito, ti prometto che recupereremo i giorni perduti ;) baci J". Scrivo di fretta, lasciando la matita in mezzo alle pagine, così che possa trovarlo. 

Esco e rientro in macchina, diretto verso casa, a scrivere cose molto più noiose sui miei appunti. 

non lasciarmi vincereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora