Capitolo 25. -M

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Apro la porta di casa, guardando l'ultima volta la sua macchina che fa inversione e va via. Salgo in camera, con un sorriso sulle labbra, posando la borsa sul letto, seguendola subito dopo. Perché deve avere quel sorriso così dannatamente bello? Ripenso a tutti i momenti in cui ha riso e cerco di fissarli nella mente. Poi mi alzo di scatto.

"Santo cielo" esclamo a voce alta. "Ma mi sono comportata come una bambina!". Insomma, appena visto la neve mi sono trasformata in una fan degli One Direction ad un loro concerto. Mi copro il viso con le mani. Cosa avrà pensato di me? Che sono una bambina che non ha mai visto la neve, che cade sui pattini e che si diverte ad avere fiocchi di neve tra i capelli? Prendo un cuscino e me lo spiaccico in faccia, urlando con tutto il fiato che ho. "Stupida, stupida, stupida!" grido, con la voce ovattata. Rimetto a posto il mio morbido psicoanalista e sospiro, scendendo per pranzo. Mangio velocemente, con la scusa che devo prepararmi: non voglio che i miei indaghino sul mio strano comportamento. E soprattutto non voglio che mi chiedano cosa ho scoperto di nuovo all'Accademia visto che non ci sono mai stata. Corro di sopra a prepararmi, e un bel po' di ore dopo, sento il clacson di Agatha avvertirmi della sua presenza. Scendo le scale di corsa e mi stringo poi nel cappotto, chiudendo la porta dietro di me. Salgo in macchina nei sedili posteriori e i gemelli mi salutano voltandosi.

"Mi spiegate esattamente a casa di chi stiamo andando?" domando, mentre Agatha mette in moto.

La luce del lampione di casa mia illumina benissimo i capelli gelatinosi di Leo che si gira ancora di più per guardarmi bene. "Ricorda. Noi non siamo quella plebaglia della nostra classe...".

"Cosa? Stiamo andando alla loro festa?!" chiedo, scandalizzata.

"Noi siamo migliori!" esclama Leo sicuro di sé. "Abbiamo accettato ad andare solo perché non è uscito nessun nuovo film sul Capodanno decente per rimanere a casa a mangiare come vacche. Tutto chiaro?".

"Credo di sì..." rispondo, ancora confusa.

"Bene. Comportati da regina quale sei. E mi raccomando non rivolgere la parola a nessuno, solo a noi due".

"Ma perché ci stiamo andando, allora?" chiedo, spazientita. "Potevamo andare in un locale pieno di sconosciuti!".

"Perché quegli asini credono che noi non abbiamo una vita sociale quando non hanno idea delle serate che passiamo ok? Zac Efron è reale. Non sta in uno schermo da dieci pollici per tutti. Solo per noi, solo per le nostre serate p-r-i-v-a-t-e". Detto questo mi guarda con un sopracciglio alzato, e io ricambio pensando che forse abbia già bevuto qualche goccetto.

"D'accordo..." dico, per farla finita, appoggiandomi allo schienale. Arriviamo alla casa dove si sarebbe svolta la festa. Leo mi prende sottobraccio, facendo lo stesso dall'altro lato con Agatha.

"Ragazze siete splendide. Mel, adoro quelle décolleté, ti fanno una gamba da urlo. Tu, Agatha potevi evitare i soliti stivali neri, ma preferisco sorvolare".

Scuoto la testa, con un sospiro. Entriamo e già c'è chi balla mezzo nudo sui tavoli. Ci saranno circa trenta persone, e tutte ubriache. Ci guardiamo, facendoci coraggio.

"Magari c'è qualche bel figone" dice Leo cercando di consolare tutti e tre, poi levandosi il giubbotto e andando a prendere da bere. Io e Agatha ci sediamo su un divanetto e poco dopo ci raggiunge Leo, offrendoci dei drink.

"Ragazzi" sbotto, guardandoli seriamente. "Devo dirvi una cosa".

"Oddio" squittisce Leo. "Quando dici così vuol dire che è successo qualcosa di importante, dicci!".

"Ok, ehm..." mi avvicino per cercare di sovrastare la musica a volume altissimo. "C'è un ragazzo... lo incontro sempre alla fermata dell'autobus e ci ho già fatto una buona dose di figuracce. Per esempio, la prima volta che ci siamo incontrati è stato perché io sono caduta salendo sull'autobus e lui mi ha sorretta". Leo si porta una mano alla fronte, scuotendo la testa mentre Agatha ride. "Oggi volevo andare in Accademia, come vi avevo detto... ma alla fine ho passato la mattina con lui".

"Oh mio Dio!" urla Leo, portandosi una mano sulla bocca. "Continua!".

"Nulla è che... siamo andati a pattinare e non abbiamo smesso nemmeno per un secondo di ridere e... che c'è?" chiedo a Leo che mi guarda con un sorriso furbo, lo stesso di Agatha.

"Non ci arrivi, eh?" mi fa Agatha.

"Ti piace" mi canzona poi Leo.

Io li guardo come se avessero detto che il mondo finirà domani. "No!" esclamo sicura. "Io... insomma... non credo... non... no. Ecco, no" dico infine, sicura.

"Certo".

"Come no".

"Ragazzi conto alla rovescia!" urla un tizio a torso nudo su un tavolo. Ci alziamo e con i bicchieri alzati cominciamo a contare.

"Dieci... nove...".

Che mi piacesse davvero?

"Otto... sette...".

Non ci avevo mai pensato, in quel senso.

"Sei... cinque...".

E' carino... molto più che carino, in effetti, ma...

"Quattro... tre..."

Non penso che possa ricambiare. Insomma è grande, ha quasi finito l'Accademia. Perché dovrebbe interessarsi a una come me?

"Due... uno...".

Infatti non succederà mai. Meglio che me lo tolga dalla testa il prima possibile.

"BUON ANNO!".





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