Sono stato un perfetto idiota.
O meglio, sono stato un genio ma ora che mi trovo a suonare il campanello invece che a scrivere un semplice messaggio mi sembra di essere tornato negli anni '90.La porta si apre e rimango alcuni secondi imbambolato. Ho pensato fin dal primo momento che fosse carina e le varie volte in cui ci siamo incontrati ho pensato persino che fosse bella, ma in questo momento... è perfetta.
"Sai" dico, per rompere il silenzio. "Mi sono dimenticato di chiederti il numero".
Lei sorride, guardandosi per un attimo i piedi. "Non fa niente".
"Temevo di ritrovarmi davanti i tuoi" dico, mentre ci avviamo verso la macchina.
"Oh, meno male che non è successo!" risponde, salendo in macchina insieme a me.
"Perché?".
Lei mi guarda, come se mi fosse sfuggito qualcosa di ovvio. "Non ti ricordi casa mia a Natale?".
"Oh, sì" dico, scoppiando a ridere. "Era la più luminosa della città".
"Beh, ora pensa a quella casa, come una persona, anzi due persone. Quelli sono i miei genitori, e fidati, sei stato fortunato a non incontrarli".
"Ora mi incuriosisci, però".
"Scordatelo" mi risponde, ridendo.
Arriviamo in questo piccolo locale all'aperto, dove una cinquantina di persone sono radunate intorno a un piccolo palco, sopra al quale la band sta suonando. Tiro un sospiro di sollievo: la band c'è, per un momento ho temuto che avessi sbagliato sera. La prendo per mano, portandola in mezzo alla mischia dove lei comincia a tenere il tempo mentre ci diciamo frasi all'orecchio per capirci. Mi dice qualcosa sulla band, che sono bravi. Vorrei ascoltarli anche io ma non ci riesco, sono concentrato sul suo sorriso e non posso fare a meno di guardarla. È possibile non stancarsi mai di guardare una persona?
Dopo qualche canzone ci sediamo, ordiamo dei drink e parliamo di quante più cose ci vengano in mente. Scopro che le piacciono i film e i fumetti Marvel, le mie stesse band e, cosa che mi colpisce di più, spera di vivere a Parigi.
"Parigi?" le chiedo, poggiando i gomiti sul tavolo, per avvicinarmi.
"Sì" risponde lei. "Sai, Parigi è la città della moda...".
"Non era Milano?" dico, facendola ridere.
"Sì, ma Parigi...".
"È Parigi, sì, lo so. E posso confermarlo, ci sono stato" dico, fingendomi di vantarmi.
"Oh, beato te. Non sai quanto ti invidio. Scommetto che c'erano un sacco di ragazze carine" aggiunge, poggiando anche lei i gomiti sul tavolo, tanto in mezzo a noi c'è solo la bottiglia d'acqua. Mi guarda con un sorriso di sfida.
"Sì, un sacco. Tutte bionde, con gli occhi azzurri, alte..." dico, reggendo quel suo piccolo gioco.
"Immagino..." commenta lei, leggermente acida per l'ultimo aggettivo.
"Ma non sono il mio tipo".
"No?" fa lei, alzando un sopracciglio.
"No" dico, sorridendo mentre le ammiro il viso.
Poi leva i gomiti dal tavolo, guardando in basso. La band, dopo l'intervallo, torna sul palco con una nuova serie di canzoni. Ci guardiamo e capiamo subito che entrambi vogliamo tornare a sentirli. O almeno lo vuole lei, io molto meno: sarei stato benissimo ancora lì a parlare con lei, all'infinito.
È quasi mezzanotte quando poi la band canta l'ultima canzone.
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non lasciarmi vincere
Romance(CONCLUSA) Questo libro parla di una storia, e a me piace pensare che sia vera. Una come tante. Una tra un milione. Questo libro parla di una storia, una storia di sogni. Loro sono i veri protagonisti, qui. Quelli che danno alla vita un senso, ch...