Capitolo 54. - L

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Lo ammetto, lo ammetto.

Va bene, è vero. È inutile che menta a me stesso, no?

Non è una cosa così grave, in fondo.
Anzi, è una cosa normalissima. È la prova che sono davvero un essere umano e non una qualche specie di alieno.

Mi manca mia sorella.

Ma è normale, no? Insomma ci ho vissuto insieme da sempre, inclusi i nove mesi di gestazione all'interno del grembo di nostra madre... Abbiamo vinto insieme la battaglia contro gli altri milioni di spermatozoi presenti nel momento del concepimento... Sì, la smetto.

Quello che intendo dire è che non dovrei preoccuparmi di un sentimento del genere, né vergognarmene. Infatti, oltre alla nostalgia, sono anche molto fiero di lei. Sta riuscendo in tutto quello che si era prefissata, la sua vita va a meraviglia. Da fratello, non potrei essere più felice per lei.

È l'altra sorella -con la quale non ho combattuto nessuna battaglia contro altri milioni di spermatozoi- a preoccuparmi seriamente.

Sono passati quattro mesi da quella fatidica telefonata. Lui non si è fatto più sentire, e penso che sia la cosa migliore. La distanza, in questo caso, non può che giovare a Melanie: le renderà più facile dimenticarlo.

Io, però, ho fatto una promessa. Ho promesso a lui che mi sarei preso cura di lei.

L'ho fatto? Ripenso un attimo agli ultimi mesi: fortunatamente per lei, è stata molto impegnata. Tra pochissimo dovrà affrontare la sua prima sessione di esami, non ha fatto altro che chiudersi in casa e studiare. Io, però, l'ho chiamata tutti i giorni per assicurarmi che la sua sanità mentale rimanesse intatta... o almeno quella che le è rimasta.

Oggi ancora non ho eseguito il mio dovere da migliore amico, e forse è meglio se rimedi. Metto in pausa "Kill Bill" -ogni tanto ho bisogno di sangue e assassini, e chi meglio di Tarantino?- e mi pulisco le mani dalle briciole della patatine, per poi afferrare il telefono alla mia sinistra e cliccare con il pollice sull'ultimo numero che ho chiamato, il suo. Attendo che risponda, mentre accarezzo distrattamente Tata, acciambellata sul lato del mio letto.

Dannazione, Mel, chiamo più te che il mio ragazzo.  

Dopo un paio di bip a vuoto, sento la sua voce chiara e serena. "Tesoro!".

"Carissima!" rispondo, esagerando il mio falsetto.

"Come stai?" mi chiede, dopo aver riso.

"Mai stato meglio. Tu, invece?".

La sento sospirare. "Leo, puoi anche smetterla di farmi da psicoanalista. Sto bene, non ci penso più".

"Il fatto che tu mi abbia detto che non ci pensi più è la prova che ci pensi ancora".

"Cosa ho appena detto riguardo la questione dello psicoanalista?!" mi chiede, esasperata.

"Io non ho mica tirato fuori quell'argomento, sei stata tu" la canzono, sapendo di infastidirla ancora di più.

"Smettila!" esclama, ma con un tono divertito.

Ridacchio. "Va bene, va bene. Rispondimi seriamente, però".

"Oh, santo cielo, Leo!" sospira.

"Lo sai che non smetterò di tormentarti finché non me lo dici".

Per qualche secondo non c'è che silenzio, dall'altra parte del telefono. Decido di aspettare pazientemente. "Niente di diverso da ieri" mi informa. "Sono malinconica ma non triste. Sto guarendo sempre di più".

"Era quello che volevo sentire"; sorrido, anche se so che non può vedermi.

"Parlami di te, invece. Non si può mica parlare sempre di me! Stai cercando lavoro, vero?'" mi chiede in tono minaccioso.

non lasciarmi vincereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora