Capitolo 18: la nuova Camilla

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MODIFICATO

Quel giorno c'era assemblea d'Istituto. L'argomento era "i giovani e i libri" e stavamo discutendo del fatto che i ragazzi non leggevano più, stavano sempre con il telefono in mano o con gli occhi puntati sulla tv o sul computer.
Ovviamente questo discorso non valeva per me: leggevo un libro a settimana e se volevo potevo finire un libro di 300 pagine in un giorno. Lo stesso valeva per Luca, anche se leggeva meno di me. Mi era seduto accanto e mi teneva la mano.
Erano passate tre settimane da Capodanno ed eravamo sempre più uniti. Con Silver le cose miglioravano di giorno in giorno: lo stallone si stava lentamente abituando ai comandi di Lu ed era particolarmente tranquillo e attento quando c'era Dorinne nei paraggi, come se volesse far colpo. Per questo facevamo spesso lezione insieme.
Sentii il respiro di Lu sfiorarmi l'orecchio. <<Piccola vado fuori a prendere una boccata d'aria>>
Annuii. <<Vuoi che venga con te?>>
<<Non fa niente. Ho bisogno di stare un po' da solo>>
Lo guardai preoccupata, ma preferii non insistere. Lo baciai dolcemente. <<Va bene>>
Mi baciò un'ultima volta e si alzò.
Sospirai: da qualche giorno era strano; stava spesso da solo ad ascoltare musica o semplicemente a guardare il cielo in silenzio. Non avevo fatto domande, sapevo che se non ne parlava aveva una ragione, e me l'avrebbe detto solo quando sarebbe stato pronto. Speravo solo che non fosse niente di preoccupante.
Passavano però i minuti e Lu non tornava; iniziai a preoccuparmi. Dopo un'ora decisi di andarlo a cercare e avvertii Sofia accanto a me.
<<Vengo anch'io>> mi rispose.
Scrollai le spalle, annuendo, e uscimmo furtivamente dall'aula magna. Percorremmo i vari corridoi fino a ritrovarci nel cortile interno.
E quello che vidi ridusse il mio cuore ad un cumulo di macerie: Luca seduto sul muretto con le spalle rivolte verso di noi, e Rebecca, accanto a lui, che gli faceva un massaggio e gli sussurrava parole suadenti all'orecchio. Non riuscivo a muovermi, e neanche a respirare; Sofia, accanto a me, era immobilizzata dallo stupore. Sentii la rabbia crescere mentre quella troia con i capelli biondi tinti baciava ripetutamente la guancia al MIO ragazzo e gli mordeva il lobo.
Ma all'improvviso Rebecca gli voltò il viso e lo baciò sulle labbra; un bacio che di casto non aveva nulla.
E le macerie divennero polvere, spazzata via da un gelido vento che sapeva d'abbandono. Non potei impedire alle lacrime di scendere, e scappai via. Presi la mia borsa e chiamai qualcuno perché mi riportasse a casa. Lontano da lui.
<<Mamma...>>
<<Ehi amor... tesoro stai piangendo?>> mi chiese subito, preoccupata.
<<Vieni a prendermi, per favore>> mormorai con voce rotta.
<<Tranquilla amore, arrivo subito>> e riattaccò.
Rimisi il telefono in tasca e iniziai a singhiozzare. Due braccia calde e familiari mi avvolsero, accarezzandomi dolcemente i capelli. Sofia. Mi lasciai cullare fino a quando non arrivò mia madre per portarmi a casa.

~

Erano giorni che uscivo dalla mia camera solo per andare in bagno. Ero distrutta. Luca non poteva farmi cosa peggiore: come poteva farsela con Rebecca e continuare a baciarmi come se niente fosse? Aveva provato a chiamarmi, innumerevoli volte, e mi aveva mandato minimo 1000 messaggi, che ovviamente non lessi, anzi, cancellai subito. Era venuto a casa mia ogni giorno, ma avevo detto chiaramente a mia madre di non farlo avvicinare alla mia stanza.
Mamma non aveva fatto domande, ma aveva capito perfettamente che il problema era il "mio ragazzo"; non sapevo neanche se potevo continuare a definirlo tale. Sofia veniva a casa mia ogni giorno dopo scuola, e rimaneva fino all'ora di cena. Mi raccontava che non lei e Luca non si parlavano più, ma il ragazzo le aveva spesso chiesto il motivo del mio comportamento... come se non lo sapesse.
Mio padre mi coccolava, ma neanche lui aveva il cuore di farmi domande; meglio, non sarei comunque riuscita a parlarne. Giacomo passava la maggior parte del tempo in camera mia, cercava di distrarmi in tutti i modi, da giocare al computer fino ad aiutarlo con i compiti.
Ero grata a tutti per quello che facevano, ma non riuscivo a togliermi dalla testa la scena che aveva preso il mio cuore e l'aveva gettato nella spazzatura; qualsiasi cosa facessi, quell'immagine era lì a tormentarmi. Finché un giorno non ricevetti una visita del tutto inaspettata.
Mauro entrò una mattina nella mia stanza, in silenzio. Si sedette su una sedia accanto al letto dove ero stesa e mi guardò; mi guardò soltanto, senza fiatare, per un tempo molto lungo. Alla fine si alzò. <<Questo pomeriggio, alle 15:30 in punto>> disse soltanto, poggiandomi una mano sulla spalla. <<Dorinne ti sta aspettando. Ha bisogno di te>> e se ne andò in silenzio com'era entrato.
Dorinne...
Dorinne aveva bisogno di me...
Dorinne aveva bisogno di me ed io me ne stavo a letto a soffrire per uno stronzo.
Fu quella consapevolezza a farmi reagire. Mi alzai dal letto e mi tolsi il pigiama che avevo addosso da una settimana. Ero stanca di soffrire, di evitarlo, di essere tradita. Basta. Era il momento di cambiare: addio ragazza timida, fragile e delicata, benvenuta guerriera.
Mi cambiare velocemente e uscii dalla mia stanza, dirigendomi in sala da pranzo. La mia famiglia stava preparando il pranzo e mi guardò stupita, ma il mio sguardo era concentrato sul ragazzo seduto ad una sedia che mi guardava immobile con gli occhi rossi di pianto, le occhiaie e il viso stravolto.
Qualcosa si accese in me nel vederlo ridotto in quello stato, ma lo spensi subito: basta soffrire per lui, mi ero detta, ed ero decisa a continuare.
Luca si alzò di scatto, venendo verso di me, ma lo fermai tendendo una mano. Il mio sguardo era duro e fermo. Lui si bloccò, con gli occhi pieni di disperazione.
"Non farti ingannare, è tutta una farsa" mi dissi.
<<Vattene>> parlai.
<<Piccola...>> sussurrò lui.
<<Vattene, ho detto>> ripetei dura.
<<Sto impazzendo, ti prego; non capisco cosa ho fatto per meritare questo comportamento>>
Sorrisi sarcastica. <<Hai anche la faccia tosta di chiedermelo? Vattene, non voglio vederti. Mi fai solo schifo>>
Vidi i suoi occhi riempirsi di lacrime. <<Io ti amo...>>
<<Bugie! Sono solo bugie!>> esclamai, portandomi le mani alla testa e stringendo gli occhi. <<Va a limonare con quella troia, e non ti avvicinare più a me>>
I suoi occhi si spalancarono, pieni di consapevolezza e rimorso. Abbassò la testa; singhiozzava in silenzio, mentre le lacrime cadevano sul pavimento. Si avviò lentamente verso la porta, le spalle curve e il passo strascicato di una persona che ha perso tutto, ma prima di uscire si bloccò. <<Non ho mai voluto farti del male. Io ti amo davvero, ma non posso spiegarti... sappi solo che lo faccio per proteggerti... spero solo che tu sia felice>>
Uscì, sparendo dalla mia vista. Proteggermi...? E da cosa? Probabilmente solo da sé stesso, era lui che più di tutti mi stava facendo soffrire.
Sospirai e mi voltai a guardare i miei. <<Oggi esco>>

Una Cavalla Difficile {Wattys2017}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora