MODIFICATO
[Luca]
Passavano i giorni, una settimana, due, ma Camilla non si svegliava. I medici erano sempre più scuri in volto e iniziarono a dirci di prepararci al peggio.
Sofia reagì male, molto male, tanto che fummo costretti a portarla a casa. Ma come potevo biasimarla, quando la sua migliore amica rischiava di non svegliarsi più?
Io per conto ero distrutto, non mi allontanavo mai da lei se non per andare a scuola. Studiavo il minimo indispensabile per arrivare alla sufficienza e non perdere l'anno, ma per il resto ero sempre al suo fianco, le parlavo, le leggevo i suoi libri preferiti, pregandola di svegliarsi.
Rebecca, distrutta quanto me e mia sorella, stava sempre con Sofia. Credo che si consolassero a vicenda. Erano diventate amiche. Penso che nessuno abbia mai davvero capito quella ragazza, ma ero certo che Camilla avrebbe potuto farlo. Per questo, anche, speravo che si svegliasse.
Un altro motivo importante era Dorinne. Le poche volte che ero stato al maneggio, in quelle due settimane, la vedevo sempre nervosa e inavvicinabile. Era ovvio che sapesse che era successo qualcosa a Camilla.
Non mi ero mai avvicinato, preferivo fare lezione con Silver e Balèm, stare un po' con loro e tornare a casa per una doccia prima di precipitarmi nuovamente in ospedale, sperando ogni volta di vederla sveglia. Ma la speranza si indeboliva giorno dopo giorno, al contrario, la preoccupazione dei medici aumentava.
Non riuscivo a crederci, non volevo crederci. Potevo anche fingere che stesse solo dormendo, che andasse tutto bene, ma il commento del dottore mi fece tornare alla realtà: <<se ne sta andando, il suo cuore è sempre più debole. Se entro una settimana non si sarà svegliata staccheremo la spina. Purtroppo non possiamo più fare niente per lei. Mi dispiace>> e, chinando il capo, se n'era andato.
Staccare la spina equivaleva a lasciarla morire, ucciderla... Non ressi. Scoppiai a piangere come un bambino a cui viene tolto il suo giocattolo preferito, ma con l'unica differenza che mi stavano portando via la persona più importante della mia vita.
Mi sfogai ancora un po', nella testa le parole che Camilla mi ripeteva quando soffrivo: <<piangere non è da deboli; o meglio, deboli sono quelle persone che piangono per qualcosa di scarsa importanza, mentre chi è forte, forte dentro e davvero, piange per ragioni vere e troppo dolorose, ma il suo coraggio è proprio quello di rialzarsi e dire: "sto bene, ora sono più forte">> E come sempre, aveva ragione.
Mi asciugai le lacrime e presi un profondo respiro, alzandomi. <<Vado al maneggio; voglio avvisare Mauro di persona>> dissi. Tutti mi guardarono con uno sguardo perso, tipico di chi ha perso ogni speranza. Di speranza ne avevo poca anch'io, ma conoscevo Camilla e la sua voglia di vivere, non si sarebbe arresa fino all'ultimo, ma aveva bisogno di un aiuto, e io sapevo chi avrebbe potuto salvarla.
Uscii a passo svelto dall'ospedale, montai sulla mia moto e mi diressi verso il maneggio.
Parlai con Mauro, e come immaginai rimase pietrificato; alla fine gli esposi la mia idea.
<<È una follia... i medici non te lo permetteranno mai>> disse scettico.
<<È l'unico modo per salvarla, non lascerò niente di intentato!>>
Mauro mi guardò per un po', poi sospirò e annuì. <<Va bene; in fondo credo che tu abbia ragione: è la nostra ultima speranza>>
Annuii e mi diressi verso i paddock: anche lei aveva il diritto di sapere.
La trovai nel paddock più grande, assieme a Silver e Balèm, proprio come li avevo lasciati la scorsa volta. Dorinne era in un angolo, immobile, con lo sguardo fisso nel vuoto. Non reagiva, non mangiava, assolutamente niente, restava soltanto lì ferma ad aspettare la sua amazzone, che forse non sarebbe più tornata.
Mi avvicinai. Silver e Balèm mi videro per primi e mi vennero incontro. Li salutai con alcune carezze.
Appena Dorinne percepì i movimenti, si voltò di scatto, una luce di speranza negli occhi neri, che assomigliavano ad un cielo notturno punteggiato di stelle. Ma appena si accorse che ero solo io, quel cielo stellato si riannuvolò; si voltò di nuovo.
Sentii un groppo alla gola: non mi piaceva vederla ridotta così. Entrai nel paddock e mi affiancai a lei.
Mi guardò, negli occhi una domanda muta, che tuttavia non feci fatica a interpretare; era come se mi stesse parlando. E mi chiedeva: perché lei non è qui?
Sospirai: dovevo dirglielo. Iniziai a parlare, a spiegare.
I suoi occhi, pieni di angoscia e tristezza, non mi abbandonarono un attimo. E quando finii, vidi due grosse lacrime rotolarle lungo le guance. Mai come in quel momento mi resi conto di quanto i cavalli riescano a capire ogni cosa diciamo loro.[Dorinne]
Non era vero, non poteva essere vero. Non poteva abbandonarmi anche lei, me l'aveva promesso; aveva promesso che sarebbe stata sempre al mio fianco. E ora rischiava di morire, rischiavo di non vederla più, di non poter più galoppare insieme. Era troppo per me: se lei moriva, non avevo più motivo di continuare a esistere.
Luca dovette intuire i miei pensieri, perché mi prese il muso tra le mani e fissò i suoi occhi nei miei. Azzurro ghiaccio contro nero più assoluto. Guardai quegli occhi, quegli occhi, talmente simili a quelli di Silver, che avevano fatto innamorare Camilla del ragazzo e me del grigio.
<<Ascoltami Dorinne>> iniziò. <<Lei non morirà, capito? Lei. Non. Morirà. La salveremo; ma devo fare una cosa, e per riuscirci ho bisogno di te>>
Chiusi un secondo gli occhi. Avevo intuito cosa aveva in mente e, anche se sapevo che mi avrebbe distrutta, era la nostra unica possibilità.
Riaprii gli occhi, lo sguardo deciso. "Ti aiuterò".
STAI LEGGENDO
Una Cavalla Difficile {Wattys2017}
RomanceMIGLIOR POSIZIONE: #1 in narrativa generale dal 17/06/17 al 22/06/17 #5 in narrativa generale il 4/12/16 #4 in narrativa generale il 12/1/17 #2 in narrativa generale il 22/06/17 Camilla è una ragazza come tante, con una grandissima passione per i ca...