Capitolo 36: amore complicato

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MODIFICATO

[Matteo]
<<Perché io lo amo!>>
"Che cosa?!" pensai sconcertato. Mi amava, Rebecca mi amava.
Quella ragazzina viziata, ricca e permalosa, mi amava. "È uno scherzo..."
Si, doveva essere davvero uno scherzo, Rebecca non aveva mai avuto sentimenti, e in quei due mesi, da quando conosceva quelle irritanti ragazzine, non poteva essere cambiata così tanto.
"A meno che..."
A meno che quei sentimenti non li provasse già da prima e li avesse nascosti per tutto quel tempo.
E così si sarebbero spiegate tutte quelle attenzioni da parte della ragazza, non solo quando eravamo a letto, ma anche a scuola, quando ancora ci andavo, ad esempio, quando ci mettevamo d'accordo su dove vederci, mi salutava sempre con un bacio casto, era sempre disponibile quando la chiamavo e prestava attenzione ad ogni mia singola emozione.
Ora, se quello che aveva praticamente urlato era vero, tutto assumeva un significato differente, visto sotto quell'altra luce.
"È innamorata di me..." pensai ancora, mentre qualcosa nel mio petto e nel mio stomaco si contorceva e si risvegliava dopo tanto, troppo tempo.
"Mi ama..."
Mi riscossi, tornando in me. Mi diedi dello stupido: non dovevo permettermi certi pensieri oziosi. Ghiaccio e indifferenza mi ero promesso di essere, nessun sentimento sciocco, nessuna emozione, nessuno doveva vedere le mie debolezze. L'unico con il quale potevo essere me stesso era Zaryan.
Feci per allontanarmi e andare dal mio cavallo quando un sussurro di Camilla mi bloccò: <<da quanto?>>
Non potevo andarmene, non riuscivo ad andarmene; dovevo sapere. Mi affiancai alla porta e tesi le orecchie.
Un sospiro, forse di Rebecca. <<Non lo so... da tanto, credo; probabilmente dall'ultimo anno delle medie, quando... beh, è successo con lui>>
"Da sei anni?!"
<<È successo... la tua prima volta?>> chiese una voce che identificai come quella di Sofia.
Rebecca non rispose, ma supposi che avesse annuito: mi ricordavo bene il sangue, come mi avesse graffiato la schiena prima dal dolore e successivamente per il piacere, la sua voce piccola e leggermente spaventata nel dirmi della sua purezza, la mia contentezza nel sapere che ero il primo...
Scossi la testa e scacciai quei ricordi. "Ghiaccio e indifferenza."
<<E in questi anni? Hai nascosto a tutti i tuoi sentimenti. Perché?>>
<<Perché sono stata costretta. Io... non volevo altro che stargli accanto, baciarlo ogni giorno, renderlo felice, e non me lo ha permesso. Era diventato freddo e distante, sembrava disprezzarmi, anche se non gli avevo fatto niente. Ho nascosto le mie emozioni e i miei sentimenti, diventando la ragazza facile e altezzosa che avete odiato per anni. Era l'unico modo per farmi notare da lui: mi chiamava ogni volta che voleva, ed io arrivavo, sperando ogni volta stupidamente di riuscire a fargli capire ciò che provavo, ma niente, non mi ha mai dato la possibilità di stargli accanto, di aiutarlo. Perché Matteo è un ragazzo solo, che non ha nessuno>>
Basta, non volevo sentire altro; volevo andarmene, smettere di ascoltare, ma il mio corpo non mi rispondeva.
<<Ma se lui ti ha trattata, e continua tuttora, in questo modo, perché lo ami ancora?>> questa era Camilla. Trattenni il fiato.
Potei quasi percepire il sorriso triste sulle labbra carnose della bionda. <<Tu smettesti di amare Luca quando ti lasciò per proteggerti?>>
Seguì un breve silenzio carico di tensione. <<No...>> confessò poi. <<Per quanto volessi odiarlo, i miei sentimenti non si sono affievoliti, né sono cambiati...>>
A quel punto non ce la feci più. Le mie gambe si mossero da sole, portandomi verso il paddock dove avevo lasciato Zaryan, leggermente più isolato dagli altri, a causa del carattere aggressivo del mio stallone.
Mi appoggiai allo steccato, ansimando per la corsa. Zaryan si avvicinò a me, preoccupato. Lo accarezzai piano in mezzo agli occhi, tirandogli piano il ciuffo.
<<Sono un completo disastro, Zar... non riesco a tenermi le cose belle; le rovino, le allontano, le smentisco, finendo per farmi odiare. Sono solo Zar, ancora, come sempre. Almeno tu non mi abbandonare, amico mio>> mormorai strizzando gli occhi per non piangere, ma ormai avevo le guance fradicie.
Il mio cavallo strofinò il muso contro il mio viso. Mi capiva, come sempre.
Io e lui eravamo uguali, soli contro il mondo, incompresi ed esclusi da tutto e da tutti, ci appoggiavamo l'uno all'altro per non cadere, e finora non ci eravamo mai separati. Fin da piccolo Zaryan era scontroso, aggressivo, diffidente verso tutti. Volevano abbatterlo, ma riuscii a salvarlo, rendendolo il campione che era ora.
Da quel giorno eravamo inseparabili. Quando poi i miei genitori mi buttarono fuori casa, delusi da me, che infangavo in continuazione il buon nome della famiglia, a detta loro, Zaryan era stato la mia ancora di salvezza. Ero un disastro per tutti, tranne che per lui, una delusione per ogni persona che incontravo, tranne che per lui.
Dopo quell'episodio, giurai. Giurai sulla tomba di mia nonna, l'unica persona che mi voleva bene veramente e mi ascoltava, che sarei diventato il migliore nel salto ostacoli, l'unico sport in cui mi sentivo davvero bravo. Zar mi era stato accanto, sostenendomi quando credevo di non farcela, tirandomi su quando stavo per mollare; sì, io gli avevo salvato la vita quando era ancora un puledro, ma lui mi salvava ogni giorno ormai da anni.

Una Cavalla Difficile {Wattys2017}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora