Sveglia alle 6 e poi via a scuola. Arrivata cercai Louis. All’armadietto non c’era. Con i suoi amici non c’era. Chiesi a Carly se lo aveva visto. Niente. L’amichetta, neanche. Gli mandai due messaggi prima di iniziare la lezione. Senza risposta. Suonò la campana indicando che era l’ora di entrare in classe. Dopo le ore noiosissime di matematica, storia e geografia finalmente uscii. Con un solo pensiero in mente. All’uscita non c’era. Non era venuto a scuola. “James sai che fine ha fatto Louis?” “No.”. Un semplice e facile no. Detto dalla bocca di mio fratello poteva racchiudere mille parole. “Mi devo preoccupare?”, “No.”. Un’altra negazione. Ok. Tornammo a casa. Non mangiai, non avevo molta fame e salii sopra. Arrivata davanti la porta della mia stanza notai qualcosa di strano. Attaccata ad esse vi era un bigliettino, “Entra, su! xx”. Questa cosa mi puzzava, e anche tanto. Entrai dentro la stanza. Era tappezzata di foglietti. Era stato Louis. Ne ero più che certa. Ve ne erano molti a terra che indicavano verso il letto, e sopra il cuscino ve ne era un altro, “Vedi questo sacchetto? Aprilo!” . Vicino al foglietto, c’era un sacchetto con un grosso fiocco rosso. Lo aprii. Trovai dentro un vestito stupendo. Era di un color beije, dove il corpetto aveva quasi la forma di un fiocco. Vi trovai un altro biglietto, “Indossalo con…” e una freccia che indicava il mio armadio. Mentre che facevo la mia caccia al tesoro, sorridevo. Che carino che era stato. Non capivo però perché di tutto questo. Aprii l’armadio. Era tutto apposto, o quasi. C’era qualcosa in più. Un paio di scarpe, che non sapevo di averle. Dello stesso colore del vestito, e quasi accanto “Queste! Adesso vai alla scrivania.”. Pensai che solo un pazzo come lui poteva fare tutto ciò. Mi recai alla scrivania, “Tutto questo indossalo stasera. Per me. E poi vieni a casa mia. Alle otto e mezza .Ti aspetterà qualcosa di bello.” Una freccia “ Ti amo.”. Feci un sorriso a 32 denti. Che era dolce. Tutto ciò mi incuriosiva sempre di più. Chissà quale sarebbe stata la sorpresa. Lasciai tutto per com’era e uscii, scendendo giù, “ Aww..” dissi io sospirando, “Che ti prende?” “Non hai visto la mia camera?” “Nope.”. Adesso usava anche termini da fighetto… Oh Gesù.. “Dovresti…”. Avevo i cuoricini negli occhi. “Dopo… dopo…” era tranquillamente spaparanzato sul divano a mangiare yogurt, “Vado a studiare Francese…” “Vai! E mi raccomando studia per bene!”. Era strano. Ma davvero strano. Non mi aveva mai incitato a studiare tanto. Ok…mio fratello si è fuso. Comunque, ritornando a noi, salii su e cominciai quel francese del cavolo. “Je suis Sum, et j’aime Louis.”. Questo mi uscì dalle labbra dopo aver finito di studiarlo. Ero fusa anche io. Erano le otto meno un quarto. Mi andai a fare una doccia calda. Uscita dalla doccia sentii le voci di mia madre e mio padre. Erano tornati. Mi preparai e poi scesi. “Mamma, papà!” “Sum. Dove stai andando? Domani c’è scuola.” Disse subito mio padre in difesa, “No, no, no. Non devo andare in discoteca, anche se mi sono vestita così. Louis mi ha invitato a casa sua… Buh… una sorpresa ha quanto mi ha detto.” “Conciata così?” chiese mia mamma guardandomi, “Mamma, ma a te, non va mai bene niente?” dissi io guardandola con una faccia da ebete, poi uscii prendendo le chiavi. Dovevo farmi tutto il pezzo di strada, da casa mia a casa di Louis a piedi. Sì che non era lontanissimo, ma di sera e con quei trampoli, porca la miseria, mi sarebbe venuto un colpo. Ma ce la feci, fortunatamente. Arrivai davanti casa di Lou. Le luci erano accese. Bussai. Subito dopo mi venne ad aprire, “Ehi!”. Era lì, con il suo sorriso sfacciato, i suoi occhi luminescenti, e il suo cuore caldo. “Ehi a te!” “Non pensavo azzeccassi la misura. Sono un genio.”. Lo guardai male, “Uh, scusa.” Disse avvicinandosi e baciandomi. “Perché tutto questo?” chiesi io guardandolo negli occhi, “Entra..” disse prendendomi la mano e portandomi dentro. Era addobbata una tavola per due, a lume di candela, e una rosa. “D-devo avere paura?” “No… dipende dai punti di vista…” disse lui ridacchiando. Era tutto così perfetto. Un’aria che non avevo mai respirato prima di allora. “Non mi dire che hai anche cucinato te.” “L’ho fatto.” Disse lui sorridendo. Guai in vista ragazzi. Guardai la cucina, “E’ sana e salva. Non le hai dato fuoco.” Dissi io sospirando. Mi fece sedere sulla sedia. Ricordavo quel posto diversamente da come lo vedevo adesso. Era tornato a casa sua. Quella dove mi stava per violentare. Quella dove era stato accoltellato. Ma adesso basta ricordare. Il passato e passato. E’ dietro le nostre spalle. Si ricomincia di nuovo. “Spero ti piaccia il pesce.” “Sì, certo, che mi piace.” Dissi io sorridendo. Veramente no, ma lo aveva fatto con le sue mani. Me lo sarei mangiato con la forza, solo per lui. Mise il pesce nei piatti. Quell’odore che saliva verso le mie narici era sconvolgente. Ma sorrisi ( ottima attrice, come sempre. Mi manca solo l’oscar). “ Buona cena, amore.” “Buona cena." Risposi io sorridendo. Lui cominciò a mangiare tranquillamente, mentre io mandavo i bocconi giù a stento, ogni volta finendo di masticare sorridendo. Finì il pesce, fortunatamente. Tutto sommato non era così male. “Adesso che c’è, caro mio chef?” dissi io sorridendo, “Ho fatto la torta al cioccolato con le mie manine e poi… poi basta…” disse lui alzandosi e andando verso la cucina. Tornò con un piatto coperto da un coperchio. “Mh… la cosa si fa interessante, caro Tomlinson…” dissi io scherzando. “Già, già…”. Mi prese la mano, mi fece alzare, si sedette e mi tirò su di lui facendomi sedere sulle sue ginocchia. “Apri un po’ vah…” disse lui sorridendo. Alzai il coperchio. Era una normalissima torta al cioccolato. La mia preferita. “Mmmmh.. se magna!” esclamai io ridendo, “Io voglio magnare solo te, ma… mi contengo, e mangio la torta..” disse sospirando. Mi passò un coltello, “Dove taglio?” “Boh… qui…” indicò lui. Tagliai una fetta, dove disse lui, e “uscendola” dalla torta, notai che vi era qualcosa dentro. “C-cos’è questo?” “Cosa?” disse lui curioso guardando verso la fetta, “Oh… boh…”. Riuscii a levarla fuori dall’impasto e con un tovagliolo la ripulii. Era una scatolina rossa. “Lou?” “Sai cosa devi fare adesso?” “N-no.” “Ecco, devi alzare il coperchio di sopra della scatolina, e osservare attentamente.” Disse lui indicandola, “Cretino, questo lo so.” Dissi io nervosa. L’aprii. Era un bellissimo anello, con una grossa pietra in mezzo luccicante. “C-che significa?”. Ero tesa quanto mai. Mi fece alzare, si alzò anche lui, per poi inginocchiarsi e prendere la scatolina e aprirla davanti me, “Mi vuoi sposare?”. E lì arrivò il bello…
SPAZIO AUTRICE
Salve geeeeenteeeeeeeeeee! Sono sempre io. Quella che nello scorso capitolo vi ha fatto piangere. Spero che con questo vi rallegrate un po'. Lo so... questo è un po' più "banale" dell'altro, ma era l'unica idea che avevo in mente. Naturalmente, con questo finale la storia non è finita qui, ( ci mancherebbe che vi lascio, come dicono dalle mie parti, n'tririci,). Continuerò con altri capitoli. Così non vi lascio. Mi dispiace di avervi deluso con il capitolo precendente, ma... purtroppo... sono moooolto pessimista. E...il finale della storia racconta un po' il mio pessimismo. E... niente... ci vediamo domani sera con un nuovo capitolo. Wrraaaaa ♥ Vi amo tanto -Ile ♥