Capitolo 38

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"Fatto...HO FINITO!!" urlai
"Bene. Porta la valigia in macchina allora" disse mia mamma spuntando dalla porta.
La caricai nel bagagliaio della macchina e poi rientrai.
"Hey ciao"
Mi girai e vidi la vicina di casa che mi salutava dalla finestra.
"Buongiorno signora tutto bene?"
Chiesi educatamente.
"Certo! E voi? State partendo?"
Indagò, curiosa come sempre.
"Sì. Ci trasferiamo ad Ancona"
"Come mai?"
"L'aria qui si era fatta pesante. Così abbiamo pensato di cambiare un po'" risposi sorridendo. L'avevo spenta finalmente. Mi girai e tornai in casa. Quando guardai fuori vidi che non era più alla finestra.
Meglio così
Finimmo di caricare le valigie e partimmo. Stavamo per uscire dalla via che vedemmo Gabriel correrci incontro.
"FERMA!!" esclamai
Mio padre inchiodò nello stesso momento in cui aprii lo sportello della macchina.
Scesi e mi buttai letteralmente tra le sue braccia baciandolo.
"Ti prego. Resta vivo e raggiungici"
Dissi prendendogli il viso tra le mani.
Sentii le lacrime rigarmi il volto.
"Io ce la farò" disse asciugandomi le lacrime con il pollice.
Annuii. Anche perché non pensavo cosa avrei fatto se non ce l'avesse fatta.
Restammo in sielnzio a baciarci  e quando ci staccammo appoggiò la fronte sulla mia.
"Gabriel...io...io ti amo"
Mi tappai la bocca con la mano. Adesso dirà che non mi ama, che sono una ragazza carina e che sì gli piaccio, ma non mi ama.
Quello che disse mi spiazzò
"Tess...ti amo anch'io"
"Davvero?"
"Sì...credimi...ti amo tantissimo"
"Oddio anch'io Gabriel"
Ci abbracciammo. Inspirai a fondo l'odore di caffè che caratterizzava tutti i suoi vestiti. Chissà per quanto tempo non l'avrei più sentito.
Il clacson di mio padre interruppe il nostro abbraccio. Lo salutai un'ultima volta e salii in macchina.
Mio padre ripartì e io mi abbandonai contro il sedile. Ora che sapevo che mi amava mi sentivo più forte.
Supereremo anche questa
I miei stavano in silenzio. Mi infilai le cuffiette e feci partire la musica. Mi aiutava a rilassarmi. Guardavo fuori e ogni volta che vedevo una persona pensavo
Chissà che vita avrà avuto quella persona. Avrà mai sofferto? È mai stata felice?
In poco meno di un'ora raggiungemmo l'aeroporto. Mia madre mi consegnò la mia nuova carta d'identità e il passaporto falso.

Melissa D'Amico

Melissa...non male.
"D'ora in poi sarò Melissa quindi?"
"Sì tesoro"
Mio papà si chiamava Alberto D'Amico e mia mamma Francesca Bevilacqua.
Al check-in, quando mostrammo le nostre carte d'identità, nessuno fece obiezioni.
Ci sedemmo nella sala d'attesa. Mangiucchiai un panino e qualche caramella. Ripensai ai marshmellow nascosti nell'armadio.
Oddio...laggiù non conoscerò nessuno. Dovrò farmi dei nuovi amici.
Smisi di pensarci o mi sarei messa a piangere. Non potevo nemmeno telefonare a Gabriel. Mio padre era stato categorico: niente telefonate o comunicazioni di altro tipo.
Chiamarono il nostro volo. Salimmo sedendoci sui sedili scomodi. Quando l'aereo partì capii che non si poteva più tornare indietro.
Mi misi comoda sul sedile e accesi il telefono per ascoltare musica. Appena mi chiusi nel mio mondo grazie alle cuffiette mi sentii quasi a casa. Ora bisognava aspettare. E io odiavo aspettare.

Dopo un'ora di volo atterrammo a Malta. Lì faceva molto più caldo che in Italia anche se era primavera. Sentivo già il sapore dell'estate. Ci incamminammo e prendemmo un taxi che ci avrebbe portati all'appartamento che i miei avevano comprato.

Sulla soglia c'era una signora anziana con un vestito a quadri che ci aspettava.
"Buongiorno"
"Buongiorno"
"Venite vi mostro l'appartamento"
Salimmo al primo piano e ci aprì una porta laccata di bianco con la maniglia in ottone. Era molto bello il condominio.
Entrammo. C'era un salottino con divano e televisore. In una stanza adiacente c'era la sala da pranzo con la cucina. Ci riportò nel salottino e per mezzo di un porta scorrevole ci fece vedere la zona notte. Consisteva in un bagno con doccia, una camera matrimoniale con un terrazzo e una cameretta più piccola, con un terrazzino più piccolo. Mi innamorai all'istante di quella stanza. Le pareti erano celesti e i mobili erano beige con le maniglie bianche.
Mi distesi sul letto. Era morbido con le lenzuola pulite. Mi chiesi quanto era costato quell'appartamento. Uscii sul terrazzino e vidi il cielo blu senza neanche una nuvola. Era favoloso.
I miei parlarono ancora un po' con la signora e poi la congedarono, non senza difficoltà.
Disfai la valigia e riempii la cassettiera e l'armadio con tutti i vestiti. Nel terrazzino misi le scarpe da ginnastica.
Mi cambiai e indossai qualcosa di più leggero.
"Vado a fare un giro" dissi ai miei
"Non ti allontanare troppo"
"Sì ok" risposi quando ero già sulla porta di casa. Mi precipitai fuori dall'appartamento e imboccai una stradina sulla destra. Poi tornai indietro e imboccai un'altra stradina. Continuai così finché conobbi quasi tutte le stradine del borghetto.
Magari ci fosse anche Gabriel.
Chissà dov'era ora. Che cosa faceva. Chissà se mi pensava tanto quanto io pensavo a lui.

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