CAPITOLO 22

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- MEGAN-

-Meg, per favore muoviti, sto morendo di fame- mi dice Trevor che è seduto sul mio letto, impaziente. Dovremmo andare in un ristorante, entrambi abbiamo voglia di una pizza come si deve. Oggi è stato il mio ultimo giorno di libertà, i miei genitori sono in viaggio e tra poche ore saranno a casa.

-se tu non mi avessi sedotta, non avrei perso tempo- gli dico ridendo. Do un occhiata all'orologio le otto e trenta, guardo fuori. È completamente buio. -puoi prendermi gli stivaletti e la giacca, si muore di freddo- gli dico gentilmente. Mi passa le scarpe che infilo velocemente, pettino un'ultima vola i capelli e prima di uscire di casa mi infilo il giacchetto .

-mi farai mai guidare questa macchina?- gli domandò abbassando il volume della radio di poco. -assolutamente no- risponde deciso. -ma perché?- domando aggrappandomi a un suo braccio e guardandolo.

-è il mio amore, non voglio ritrovarla distrutta- dice con un leggero sorriso. -mmmh, guarda che ho la patente da quasi tre anni e sono un'ottima guidatrice- gli dico

- soltanto non ho la macchina perché i miei genitori non ci sono mai- continuo. -Vedremo piccola-mi dice piano con voce roca. Un fremito mi attraversa la schiena. Posa il una mano sul mio ginocchio e di tanto in tanto mi guarda. Pensandoci bene, noi ci comportiamo come fidanzati, ci baciamo, facciamo sesso, usciamo insieme, soltanto che io sono innamorata pazza di lui, mentre invece per Trevor sono una sorta di passatempo.

***

-ti pregoooo mi porti a prendere un gelato? - lo imploro sussurrando al suo orecchio mentre siamo in fila per pagare. - e andiamo a prendere questo gelato, ma è inverno e non capisco come tu possa pensare di trovare una gelateria aperta alle dieci e trenta di sera il ventinove novembre- ride tirandomi verso di lui per poi baciarmi il naso. -devo darti i soldi, quanto ?- gli domando tirando fuori il portafoglio dalla borsa.

-offro io, più tardi saprai come sdebitarti- strabuzzo gli occhi e scoppia a ridere. Prendo i soldi dalle sue mani e mi avvicino alla donna dietro il bancone -io dovrei pagare il conto del tavolo 20- le dico autoritaria. Trevor si mette dietro di me e mi cinge la vita con le braccia, facendo dei piccoli movimenti con le mani sulla mia pancia. Porgo alla signora le banconote e a denti stretti dico- smettila-, proprio mentre sto per prendere il resto mi posa una mano sul sedere, e stringe un po'. Lo trascino via. -non farlo mai più- sussulto. -era bellissimo vedere la tua agitazione-mi dice mentre ci avviamo verso l'uscita.
-Trevor- sento dire.

Ci voltiamo entrambi verso un uomo che ha gli stessi occhi verdi di Trev e il suo stesso sorriso.

-TREVOR-

Mi sento chiamare da una voce profonda, la riconosco. Cosa cazzo ci fa mio padre in America?! Mi volto verso di lui. C'è una signora al suo fianco.

Ci guardiamo per un lungo momento negli occhi, poi esco dal ristorante seguito da Megan. -chi era?- mi domanda affiancandomi. Sta respirando affannosamente perché per starmi dietro ha dovuto camminare velocemente dato che sono uscito a passo svelto.

-mio padre- rispondo semplicemente passando una mano tra i capelli. Mi accendo una sigaretta e inizio a fumarla. Mi guarda in silenzio. So che vuol dire qualcosa. -su avanti domanda pure- le dico freddamente. -perché te ne sei andato così, senza nemmeno rivolgergli parola?- mi guarda con gli stessi occhi con cui mi guardano tutti, quello sguardo compassionevole e severo, ma non so perché i suoi mi facciano sentire ancora più merda di quello che io sono realmente. -perché è un ipocrita del cazzo- rispondo nervoso. Butto a terra il mozzicone e ne accendo un'altra appoggiandomi alla macchina. Annuisce piano.

Salgo in macchina e lei fa lo stesso. Sto zitto per il resto del viaggio, non sono incazzato sono solo amareggiato. Fermo la macchina sotto casa di Megan. Mi guarda un po' in imbarazzo. Si slaccia la cintura e si avvicina a me. Poggia la fronte e una mano sul mio petto. Mi sta abbracciando. Mi sta seriamente abbracciando, in queste situazioni non lo ha mai fatto nessuno. Il bambino di undici anni che vede suo padre uscire dalla porta e abbandonare sua moglie malata e suo figlio, si impossessa di me . Mi rannicchio su di lei e la abbraccio anche io. Sento il battito del suo cuore, è così rilassante. -sai sempre cosa fare, tu sei così diversa Meg, sei così buona, ti prego non lasciarmi, per favore non farlo mai- parlo senza rendermi conto di ciò che le ho detto.

Se l'amore non esiste, facciamolo. (COMPLETA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora