2. Incontriamoci al Central Park

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Non esiste circostanza, né destino, né fato che possa ostacolare

la ferma risolutezza di un animo determinato.

(Ella W.Wilcox)

«Sveglia, amico!» la voce di Klaus che ti sveglia di prima mattina non é esattamente quello che descriverei come il risveglio migliore.

«Guarda cosa ti ho portato..»

Apro gli occhi, aspettandomi un caffè fumante e una brioche calda, ma quello che mi ritrovo davanti agli occhi é un giornale.

Che il mio nome sia finito su un altro giornale? Non ho ancora ucciso nessuno a New York!

«Che diavolo.?!» esclamo e poi la vedo, ancora.

La ragazza che ho visto ieri sera é in copertina, raggiante come non mai e la sua vita é avvolta dalle braccia di un altro uomo schifoso.

Il titolo recita "Damon Black e Elena Gilbert annunciano il loro imminente matrimonio".

Sento un groppo allo stomaco e so che non é la colazione, visto che non ho ancora mangiato.

Lancio il giornale a Klaus e mi alzo, fronteggiandolo. Gli punto il dito contro il petto, come se lui si fosse tramutato in quel coglione di Damon Black.

«Quello schifoso non riuscirà ad averla!»

«Stefan, odio dovertelo dire, ma lei ha accettato la sua proposta di matrimonio e si sposeranno tra un mese.»

«Il signorino Damon non ha ancora fatto i conti con me. In un mese riuscirò a prendergli dalle mani la deliziosa Elena e a farla mia.»

«Non so se il tuo fascino da squartatore basterà a conquistarla.»

Guardo il mio migliore amico dritto negli occhi e colgo il giornale da terra.

Lo spezzo, lo lacero, lo faccio a pezzi in un solo gesto.

«Questa é la fine che farà il mio avversario, fosse l'ultima cosa che faccio.»

Klaus mi guarda e sorride. «Sono con te.»

«Buongiorno, succhiasangue.»

Bonnie entra nella mia camera, con un vestito lungo fino al ginocchio e un sorriso che sa di speranza. La speranza che, forse, ci fermeremo più a lungo qui a New York e lei potrà farsi delle amiche durature, senza il timore di dover preparare i bagagli prima ancora di averli svuotati.

Le sorrido e non posso fare a meno di sentirmi in colpa.

Anche se non lo ammetterà mai, è colpa mia se non può mai sentirsi a casa, in qualunque luogo.

Perché, con me come fratello, non c'è mai casa sicura. Non quando la mia sete di sangue supera la razionalità e la cosiddetta normalità che garantisce una vita tranquilla a tutti i comuni mortali.

Osservo il vestito bianco che ha deciso di indossare quest'oggi.

E' candido come lei e le mette in risalto la carnagione. Senza contare che, da artista qual è, non ha esitato ad abbinarlo con un paio di scarpe dello stesso colore e il suo cerchietto preferito.

«Ciao, sorella.» le dico, abbracciandola stretta.

«Ho intenzione di andare al Central Park. Cercate di non uccidere nessuno prima del mio rientro.» ci dice, come se quello potesse bastare a fermarci.

Io e Klaus annuiamo, poco convincenti.

Se solo sapesse che ho appena trovato la mia prossima vittima...

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