33. Ok, mi sbagliavo, poteva andare peggio di così

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Uscì dal folto del bosco ancora sovrappensiero e mi incamminai verso casa.
Come avrei potuto dire ad Andrea di un nostro possibile trasferimento?
Il rumore di un campanello mi riportò alla realtà. Alzai la testa e posai lo sguardo sulla persona che stava davanti alla porta della villa, sotto il portico.
Corsi verso di lui, agitata.
«Ehi, Chiara!» mi salutò Andrea appena mi vide. Scese le scale nel mentre che un sorriso raggiante gli si formava sul volto e mi venne incontro.
«Vattene da lì!» gli urlai nel mentre che lo raggiungevo.
Il ragazzo mi guardò con uno sguardo interrogativo e rimase fermo.
«No, Bella, aspetta!» sentì dire da Edward all'interno della casa.
La vampira spalancò la porta ed uscì fuori. Guardò Andrea con uno sguardo famelico e si avventò alla sua gola.
Il ragazzo era rimasto a guardarla impietrito. Aveva sicuramente notato gli occhi rossi e le altre caratteristiche che la rendevano diversa dalla Bella umana.
Accelerai, correndo fin troppo veloce per un umano, e buttai a terra il mio ragazzo, togliendolo dalla traiettoria della vampira assetata di sangue.
Bella atterrò in piedi e si girò verso di me, ringhiando.
Mi rialzai subito in piedi, tremando e con gli occhi gialli. Mi avvicinai a lei, allontanandomi di poco da Andrea e piegai lievemente le gambe ed il bacino, assumendo la posizione di attacco. Le ruggì contro e poi iniziai a ringhiare in modo minaccioso.
Edward uscì fuori dalla casa, correndo alla velocità di un vampiro, e bloccò Bella.
Emmett mi si parò davanti, nascondendo la vampira alla mia vista. «Ferma, ferma, non serve» mi disse rassicurante.
Smisi di ringhiare dopo qualche secondo e tornai ad avere una posizione normale, eretta. Chiusi gli occhi e feci un profondo respiro per calmarmi.
Quando fui sicura di non avere gli occhi gialli e di non perdere il controllo, aprì gli occhi e mi girai verso Andrea.
Mi avvicinai cautamente al ragazzo che era rimasto a terra, dove lo avevo fatto cadere, e mi inginocchiai di fianco a lui.
«Ehi...» mormorai sfiorandogli il petto con una mano «Stai bene?» .
Lui annuì ancora un po' scosso «Sì» rispose accennando un sorriso.
Sospirai «Bene... adesso torna a casa, è meglio».
Ci alzammo e lo seguì fino alla sua moto, poco distante. Temevo che potesse svenire da un momento all'altro a causa di una reazione esagerata o che il battito del suo cuore, accelerato probabilmente dalla paura, potesse far aumentare ancora di più la sete di Bella.
Circa ogni tre passi lanciavo un'occhiata omicida alla vampira che Edward, Jasper ed Emmett stavano portando in casa.
Ci fermammo davanti alla moto rossa fiammante.
«Scusa» mormorò Andrea guardandomi negli occhi «Non sarei dovuto venire».
«Già» risposi con tono duro «Non saresti dovuto venire».
Il ragazzo si avvicinò un po' di più a me «Sono perdonato?» sussurrò.
Mi allontanai «Torna a casa» risposi tagliente e mi voltai avvicinandomi lentamente alla grande casa.
Lo sentì sospirare, prendere il casco, salire sulla moto, accendere il motore e partire.
Mi voltai a guardare la moto che si allontanava e, quando non sentì più il rumore del motore, mi voltai e mi avvicinai irritata ad Edward che stava uscendo tranquillamente dalla casa.
«Scusa» disse il vampiro «Non potevo immaginare che succedesse. Quello doveva evitare di venire qui. Non gli avevi detto di non venire?».
«Primo:» risposi «Quello è il mio ragazzo. Secondo: non doveva venire, ma non mi ha ascoltato, non posso vietargli di venire nei dintorni della casa. Terzo: dovresti imparare a controllare Bella prima che uccida qualcuno. Quarto: potevi sentire benissimo i suoi pensieri fino ad un kilometro di distanza da qui!
E con questo credo di aver finito l'elenco».
«Stavamo andando a caccia, non ci ho pensato».
«Certo, tu non pensi mai» risposi tagliente.
"Non ci ho pensato" oppure "Non lo credevo possibile" erano le sue scuse più usate.
Iniziai a tremare sempre di più e, perdendo il controllo sul lupo, mi trasformai.
Ringhiai ad Edward e poi corsi nel bosco.

Avevo il cervello completamente in tilt. Le zampe si muovevano da sole e mi conducevano ovunque volessero, nel mentre che i rami degli arbusti più alti e delle piante più basse mi sferzavano la pelliccia e non riuscivo a pensare a niente.
Andrea sarebbe potuto morire. Solo questo avevo in mente. Sarei potuta arrivare due secondi dopo e nessuno avrebbe fermato Bella in tempo. Andrea sarebbe potuto morire.
Lo sapevo che sarebbe successo. Questa vita era troppo pericolosa per un umano.
Continuai a correre accelerando sempre di più.
Intanto iniziavo a sentirmi in modo molto strano. Era come se ci fosse un buco nero nel mio stomaco ed un macigno mi schiacciasasse il petto; facevo sempre più respiri corti e veloci e mi sembrava di non riuscire a respirare; i battiti del mio cuore erano sempre più veloci e mi sembrava come se potesse scoppiare ed uscirmi dal petto; temevo anche di poter svenire o impazzire da un momento all'altro e mi sembrava di non essere più sulla terra, come se fossi in un mondo a parte. Sapevo cosa segnalavano questi sintomi, ma non lo credevo possibile. Non mi capitava più da anni ormai.
Non sapevo più controllare gli attacchi di panico, quindi continuai a correre in modo sempre più veloce e sperduto. Non sapevo cosa fare, ero nel panico più totale!
Ringhiai, saltai un tronco e continuai ancora a correre per un tempo indefinito. Poi, d'un tratto, mi fermai scavando dei piccoli solchi nel terreno. Alcuni sassolini rotolarono giù per lo strapiombo, cadendo nell'acqua con un tonfo.
Con gli occhi sbarrati fissai i cerchi concentrici che si andavano a formare sulla superficie limpida a causa della caduta dei sassolini. Cercai di recuperare un po' di lucidità, ma era abbastanza difficile. Il pensiero di ciò che sarebbe potuto accadere ad Andrea continuava a tormentarmi, come un fastidioso calabrone che ti ronza intorno e che spesso ti punge.
Continuai a fissare un punto indefinito sotto di me, nel mentre che tutte e quattro le zampe erano ancorate al bordo del burrone; se mi fossi fermata mezzo millimetro dopo, sarei caduta di sotto.
Mi ricordavo che solo una cosa riusciva a fermare i miei attacchi di panico: l'acqua fredda, gelata. Ma non sapevo assolutamente dove trovarla.
Forse, il lago è già abbastanza freddo. Dopotutto siamo nella città più piovosa d'America ed è quasi ottobre. Pensai. Dopotutto mi trovavo nel posto dove andavo tutte le volte che volevo stare da sola e il lago nel quale stavo per cadere era proprio quello che avevo contemplato migliaia di volte.
Un parte di me diceva: non farlo, è una grandissima cavolata! Non sei abbastanza lucida per poter nuotare!; mentre l'altra diceva: fallo, liberati di questo inutile attacco di panico!
Decisi il più in fretta possibile.
Presi un bel respiro, feci un mezzo passo indietro e saltai.
L'impatto con l'acqua avvene nel migliore dei modi, sapevo come tuffarmi da quella sporgenza. L'acqua non era fredda come speravo, però servì per fermare quello stupido attacco di panico e calmarmi lievemente.
Riemersi dall'acqua e nuotai verso la riva, sdragliandomi a terra sulla ghiaia mista a fango. Feci dei respiri profondi per calmarmi e riprendere fiato. Dopo qualche minuto, riuscì finalmente a tornare in forma umana.
Ero ancora piuttosto scossa. Era da secoli che non avevo attacchi di panico e, soprattutto, non avevo quasi mai perso il controllo dalla prima volta che mi ero trasformata.

I Cullen e i Quileutes 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora