49. Dichiarazioni

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Mi sorpresi di quanto fosse difficile fingere di fronte ai miei amici e conoscenti umani di avere una routine normale; soprattutto quando dovevi fingere di star bene anche se entro poco avresti combattuto la battaglia che avrebbe segnato profondamente la tua vita e quella di molti altri.
Ad essere sinceri, era una battaglia davvero impossibile da vincere. O forse pensavo così solo perché avevo perso qualsiasi briciolo di speranza.
In ogni caso, quella sarebbe stata una piccola vittoria, se si pensava al fatto che da millenni i Volturi non venivano sfidati sul serio.
E così continuava la sequenza delle mie giornate, che non sapevo quando si sarebbe conclusa, poiché non sapevamo quando la neve avrebbe attecchito al suolo, segnando l'arrivo dei Volturi.

Il giorno di Natale io, Bella, Edward, Renesmee e Jacob andammo a trovare Charlie. C'era tutto il vecchio branco di Jacob, oltre a Sam, Emily e Sue. Rincuorava vederli tutti radunati nella stanza, con quei loro corpaccioni tiepidi incuneati negli angoli intorno all'albero di Natale dalle scarse decorazioni -si vedevano i punti precisi in cui Charlie si era annoiato e aveva lasciato perdere- e più alti del mobilio. Si poteva sempre contare sull'esaltazione dei licantropi per una battaglia imminente, anche se era un'impresa suicida. L'elettricità della loro eccitazione trasmetteva una corrente piacevole, che annullava il mio pessimo umore.
Renesmee portava un medaglione che Bella le aveva dato all'alba -era un ciondolo dorato che si apriva e all'interno aveva un foto di lei, Bella ed Edward e una bella frase in francese, che significava "più della mia stessa vita"- e nella tasca del giubbotto aveva il lettore MP3 che le aveva regalato Edward: un oggettino minuscolo che poteva contenere cinquemila canzoni, già riempito con le preferite di Edward. Al polso sfoggiava un bracciale intrecciato della tribù Quileute, secondo Bella ed Edward era l'equivalente di un anello di fidanzamento. Edward aveva stretto i denti vedendolo, Bella, stranamente, non era apparsa turbata.
Edward aveva salvato la situazione ordinando un regalo anche per Charlie. Era comparso il giorno prima -spedizione prioritaria notturna- e Charlie aveva passato tutta la mattina a leggere il voluminoso manuale di istruzioni per il suo nuovo sistema di pesca con il sonar.
Il pranzo imbandito da Sue era decisamente molto buono e anche Renesmee mangio qualcosina. Mi chiesi come sarebbe sembrato quel raduno agli occhi di un estraneo. Recitavamo abbastanza bene la nostra parte? Uno sconosciuto ci avrebbe creduto un gruppo di amici spensierati, che si godevano la festività in allegria?
Sembrava strano sprecare energie per mantenere la nostra apparenza umana quando c'erano altre incombenze molto più importanti di cui occuparsi. Facevo fatica a concentrarmi.
Un messaggio sul telefono mi destò dai miei pensieri. Lo lessi ma feci finta di nulla.
«Dai, vai da Andrea» mi disse Edward a bassa voce. Aveva sicuramente letto i miei pensieri. «Ti telefono quando stiamo per tornare a casa».
Sorrisi «Ok, grazie».
Fortunatamente la casa di Charlie non era troppo distante da quella di Andrea, in poco tempo mi trovai lì davanti.
Il ragazzo era seduto sui gradini davanti alla porta d'ingresso. Appena mi vide, mi venne incontro.
Mi abbracciò e mi baciò delicatamente. «Buon Natale» sussurrò ad un passo dalle mie labbra.
Sorrisi. «Anche a te. Ma... non ci eravamo già fatti gli auguri con un messaggio?».
Andrea ridacchiò e mi accarezzò la guancia. «Sì, ma volevo farti gli auguri a voce».
Scossi la testa divertita.
«E avrei anche voluto farti un regalo» disse ed una smorfia gli si dipinse sul viso.
«Avevamo detto niente regali!».
«Tranquilla, ti ho dato ascolto, per questa volta».
Sorrisi e lo baciai, non sapevo quanto tempo avremmo potuto trascorrere ancora insieme.
Un rumore a sinistra, verso l'altro lato del marciapiede, mi fece voltare di scatto.
Anche Andrea si girò a guardare e si irrigidì. «Chi è?» mi chiese in un sussurro.
Guardai il vampiro dagli occhi rossi che stava appoggiato ad un albero.
«Un amico di Carlisle» risposi. «Puoi aspettare un attimo qui? Torno subitissimo».
Andrea annuì ed io sorrisi. Era un ragazzo davvero straordinario, nessun altro avrebbe mai fatto tutto quello che lui stava facendo per me.
Attraversai la strada e mi avvicinai al vampiro. «Alistair, cosa ci fai qui?» gli chiesi stupita di trovarlo così tanto vicino a degli umani. Sbiancai. I suoi occhi erano di un rosso acceso: aveva cacciato da poco.
«Stai tranquilla, non ho cacciato qui, sono andato molto più lontano».
«Allora cosa ci fai qui?».
«Me ne vado».
Quelle parole, stranamente, mi colpirono come un proiettile sparato al centro del petto. Mi ero ormai affezionata al vampiro brontolone che mi aveva salvata vicino a New York. «P... perché?» gli chiesi.
«Ho paura, lo ammetto. Non voglio essere ucciso dai Volturi e tutto il resto».
Annuii, dopotutto aveva ragione. «Se non dovessimo fermarli, fai attenzione. Soprattutto, stai attento a Demetri».
«Tranquilla. Voi, piuttosto, cercate di sopravvivere, anche se penso proprio che uno scontro sarà inevitabile».
Annuii di nuovo.
«Solo, per piacere, non dire a nessuno perché me ne sono andato. Se riesci, nemmeno ad Edward».
Annuii ancora e, sull'orlo della commozione, lo abbracciai. «Mi ha dato un enorme sollievo vederti, pensavo che quel vampiro e quei licantropi ti avessero ucciso a causa mia».
Il vampiro, stupito dal mio gesto, ricambiò velocemente l'abbracciò e poi si allontanò di poco.
«Sta arrivando quel tuo... "amico"» mi disse muovendo il capo nella direzione di Andrea che, lentamente, si avvicinava. «Anche se sembravate piuttosto intimi».
Arrossii «Ehm... no... vedi...» balbettai.
«Dai, non ti faccio domande. Cercate di sopravvivere... comunque siete dei pazzi suicidi» commentò prima di inoltrarsi, a velocità umana, dentro il bosco.
«Chiara?» mi chiamò Andrea.
«Sì?» gli chiesi voltandomi.
«Chi era?».
«Un amico di Carlisle, te l'ho già detto».
«Ok, giusto, cambio domanda: cos'era?».
«Una persona umana... cosa vuoi dire? Non capisco» mentii.
«Aveva gli occhi rossi».
«Oh, sì! Lenti a contatto. Sai, gli piace cambiare colore degli occhi... ieri erano verdi, l'altro ieri di un intenso blu, il giorno prima viola...».
«Non me la conti giusta... ma vabbè, ci penseremo dopo, avevo promesso ai miei parenti che ti avrei presentata a loro. Sai, vengono direttamente dall'Italia».
«Ah... ehm... ora?» chiesi imbarazzata.
«Sì, certo! Non fare la timida».
«Ok...» mormorai e lo seguì in casa.

I Cullen e i Quileutes 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora