19. Devo stare con lui oppure no?

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Quando ormai mancavano circa dieci metri alla casa di Andrea tornai in forma umana.
Continuai a correre senza fermarmi, sapendo di essere a rischio. I licantropi di Sam potevano attaccarmi. Soprattutto sapevo di star facendo una stupidaggine, ma non ce la facevo più a correre a quattro zampe.
Sentì un rumore alle mie spalle e mi fermai. Mi voltai ringhiando e fissai spaventata l'oscurità attorno a me. Non vedevo nessuno.
Era meglio se fossi rimasta in forma di lupo, lo sapevo.
Un ringhio alla mia destra mi fece voltare verso quel punto.
Non mi accorsi del lupo che, adesso, si trovava dietro di me finché non mi saltò addosso. Cercai di schivarlo ma ormai era troppo tardi.
Nel mentre che rotolavo giù per una piccola discesa sentì un dolore lancinante alla coscia sinistra. Sicuramente mi aveva graffiata con gli artigli.
Quando mi fermai ero con la schiena a terra. Sentivo il gusto di sangue in bocca e mi faceva male un po' ovunque, soprattutto mi dolevano la coscia sinistra e la guancia destra.
Portai una mano sulla coscia e sentì subito che si bagnò di un liquido caldo e denso.
Cercai di alzarmi. Dovevo tornare a casa.
Con un ringhio un lupo uscì dall'oscurità e mi saltò addosso, inchiodandomi al suolo.
Portai istintivamente le mani davanti al viso, cercando invano di spingerlo via.
Lui aumentò il volume del ringhio.
Sapevo che era Jared, lo riconoscevo dall'odore e dai pensieri.
Arrivarono anche altri due lupi: Collin e Brady che si disposero di fianco a me, ringhiando.
Cercai di divincolarmi, ma lui era più forte e pesante.
«Lasciami andare!» urlai ringhiando.
"Certo che no" pensò.
Sentì Quil avvicinarsi in forma umana. Probabilmente lui avrebbe dovuto trascinarmi a La Push insieme ai lupi.
"Scusa" pensò davvero dispiaciuto. Sicuramente lo avevano ricattato in qualche modo. Anche quando era venuto da noi, qualche giorno prima, si capiva che era combattuto; voleva restare con noi, ma doveva tornare alla riserva da Claire.
Se mi avessero preso sarebbe stata la fine... perché ero stata così stupida ed ero tornata in forma umana?!
Tutti e cinque sentimmo dei passi umani e la luce di una torcia illuminò la notte buia che, in questo momento, era senza luna.
"Merda!" pensò Jared. Ormai l'umano era vicino, non avrebbero potuto portarmi via a forza senza essere visti. Per evitare di far scoprire il segreto dei licantropi sarebbero dovuti tornare in forma umana e, sicuramente, vedere tre ragazzi nudi e uno vestito che portavano via una ragazzina sarebbe parso un po' ambiguo.
Jared, Quil, Collin e Brady corsero via, lasciandomi lì.
L'umano mi raggiunse e mi illuminò con il fascio di luce di una torcia.
«Chiara!» esclamò inginocchiandosi vicino a me.
Mi sedetti e lo guardai.
«Stai bene? Che ti è successo?!»
«Stai tranquillo, Andre. Non serve che tu abbia un attacco di panico. Sto bene»
«Bene?! Tu lo chiami bene?!» con una mano, gentilmente, mi girò il viso in modo da vedere meglio il taglio che avevo sulla guancia. Era sicuramente frutto della caduta.
Con il pollice mi asciugò il sangue che stava colando sulle labbra.
«Che ti è successo?» mi chiese di nuovo.
«Prima rispondi tu ad una cosa: come facevi a sapere che ero io?»
«Non lo sapevo. Ho solo sentito i ringhi animaleschi, sono venuto e ti ho visto»
«Sei stato molto stupido. Poteva essere pericoloso»
«Intanto immagino di averti salvata»
Sospirai «Ok, ok, hai ragione»
Cercai di muovere la gamba per capire meglio i danni che aveva subito. Era troppo buio anche per me, non vedevo bene il graffio, dovevo basarmi solo su ipotesi e sensazioni. Se solo le nuvole non avessero oscurato la luna sarebbe stato molto più semplice capire quanto era grave il taglio.
Provai a piegare la gamba e gemetti per il dolore, portando le mani sul graffio.
Andrea illuminò quel punto e sussultò «Oddio! Questo è un taglio fin troppo profondo. Ti porto in ospedale» fece per prendermi in braccio ma lo bloccai.
«No! L'ospedale no! Ti prego» supplicai spaventata. Avrebbero fatto troppe domande, degli esami del sangue e scoperto cosa ero.
Capì da solo perché non potessi andare in ospedale e annuì «Ok, giusto, credo di aver capito. Ti porto a casa. Tuo padre è un dottore, saprà cosa fare»
«Se solo fosse a casa...» mormorai, ma Andrea mi sentì.
«Di male in peggio. Dovevi farti aggredire proprio oggi, eh?» chiese sarcastico.
Gli tirai un pugnetto sulla spalla, ricordandomi troppo tardi di avere la mano insanguinata.
«Oddio, scusa, non volevo» mi scusai avendogli sporcato la maglia.
«Non è un problema. Adesso pensiamo a te. Cosa devo fare? Non ti lascio qui a morire dissanguata»
«Hai delle bende e del disinfettante a casa?»
«Ovvio»
«Ok, portami lì, so cosa fare»
«Per quel taglio non basta questo, Chiara. Servono dei punti di sutura»
«Fidati di me»
Lui annuì poco convinto e si alzò. «Riesci a camminare?» chiese.
Annuì anche se, in verità, non lo sapevo neanch'io.
Mi misi in ginocchio e mi alzai, ma quando posai il peso sulla gamba sinistra persi l'equilibrio.
Andrea mi prese al volo.
«Ok, non riesco a camminare» dissi.
«Lo avevo notato» rispose «Dai, ti porto io»
«E come?»
«Così» rispose prendenomi in braccio in quello che molti chiamavano "stile sposa".
«Ma così ti sporchi» mi lamentai.
Iniziò a camminare verso casa sua «Non è un grave problema»
Sorrisi ed apoggiai la testa al suo petto. Non pensai al fatto che la mia guancia stava sanguinando e che la sua maglia bianca ne avrebbe risentito.
Chiusi gli occhi cercando di non pensare al male alla gamba.
In più, fra le sue braccia mi sentivo bene. Non perché mi piaceva o robe simili, mi sentivo al sicuro. Poteva sembrare stupido: io ero un licantropo-vampiro! Ma sapevo che i lupi di Sam non mi avrebbero mai attaccata con lui nei paraggi.
Si accorse dei miei occhi chiusi e pensò subito male. «Stai bene?»
Annuì.
«No, voglio sentirlo dalla tua voce»
Cercai di non fargli sentire quanto in realtà mi sentissi male «Sì, Andre, sto bene»
Quando arrivammo davanti alla porta di casa sua prese a fatica le chiavi dalla tasca ed aprì la porta.
«Aspetta un attimo!» dissi aprendo di scatto gli occhi.
«Che c'è?»
«I tuoi genitori» non potevano di sicuro vedermi.
«Tranquilla. Non sono a casa»
Sospirai di sollievo e entrammo in casa. Con un calcio fece chiudere la porta e mi portò nel bagno al piano di sopra.
«Riesci a stare per cinque secondi in piedi?» mi chiese.
Annuì e mi lasciai posare a terra, mettendo tutto il peso sul piede destro.
Andrea uscì dal bagno e tornò poco dopo con due sedie.
«Siediti qui» disse indicandone una «E metti la gamba qui» disse indicando l'altra.
«Le sporcherò di sangue» mi lamentai.
«Chiara...» disse guardandomi male.
«Ok, ok, scusa» saltallai su di una gamba fino alla sedia e seguì le sue indicazioni.
Intanto lui prese delle bende, delle garze e del disinfettante, forse era acqua ossigenata. Rabbrividì: avrebbe bruciato parecchio.
Si avvicinò alla mia gamba. «Scommetto che non ti farai togliere i pantaloni»
Annuì arrossendo lievemente «Esatto... se vuoi rompili, tanto ormai sono andati»
Lui aprì cautamente lo squarcio dei pantaloni creato da Jared.
Riempì una garza di disinfettante e me la posò cautamente sulla ferita.
Sussultai spostando di scatto la gamba, bruciava un sacco.
«Scusa ma non posso farci nulla, devi stare ferma» sussurrò.
«Fosse facile» risposi allungando lentamente la gamba sulla sedia.

I Cullen e i Quileutes 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora