51. The last seconds

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La donna mi aprì la porta di casa.
«Ciao, Chiara, come va?» mi chiese.
«Tutto bene, grazie, e voi? È tutto ok?» risposi.
«Sì, sì, va tutto benissimo. Anzi, stavamo giusto per uscire per andare a Seattle tutti insieme, anche se Andrea non vuole venire perché voleva stare con te, visto che dovevate vedervi».
«Oh... ehm... scusa, non sapevo che doveste uscire» risposi imbarazzata; non volevo togliere il figlio alla madre e creare problemi in famiglia.
«Tranquilla, è stata una decisione presa all'ultimo minuto, la nostra» rispose Marika sorridendo.
«Beh... ok» risposi accennando un lieve sorriso.
«Puoi iniziare a salire, se vuoi. Anche se credo che Andrea stia ancora finendo la doccia, sai com'è, non è mai puntuale».
Sorrisi divertita.
«Noi ora dobbiamo andare, ma evitate di fare cose strane, voi due».
Arrossii. «C... certo».
«Più che altro, non mi fido molto di lui. Si sa: spesso i maschi non ragionano con il cervello ma con altro...».
Mi sentivo tanto imbarazzata in quel momento, così tanto da voler sprofondare nel pavimento e sparire.
«Se ti si avvicina troppo, ti do il permesso di picchiarlo e di fargli male» continuò la donna prima di salutarmi.
Corsi velocemente in camera di Andrea, sperando di non dover più affrontare una conversazione così imbarazzante.
Mi sedetti sul letto del ragazzo, per aspettarlo, finché la mia attenzione non fu attratta da un ammasso di libri e fogli sparsi sulla scrivania. Mi avvicinai incuriosita e iniziai a leggere tutto.
Trattenni un ringhio: Andrea non doveva sapere nulla!
«Ehi, ciao» mi salutò il ragazzo entrando nella camera.
Aveva un asciugamano legato in vita e piccole goccioline d'acqua gli cadevano dai capelli. Mi morsi il labbro al ricordo della sera precedente, ma poi mi ripresi. Scossi la testa e lo guardai con uno sguardo di fuoco.
«C'è qualcosa che non va?» mi chiese facendo mezzo passo avanti e piegando lievemente la testa di lato.
«Perché stavi facendo delle ricerche? Credi a tua nonna?».
«Sì e no» disse «Stai tranquilla, sono solo scartoffie».
Scossi la testa e lo scansai.
«Ehi, dove vai?» mi chiese prendendomi per un polso e bloccandomi.
«A casa» risposi fredda.
«Perché?».
Lanciai un'occhiata inceneritrice alle "scartoffie", come le aveva chiamate lui stesso.
«Dai, erano solo delle ricerche per passare il tempo».
«Andre... tu non puoi sapere nulla! Ci uccideranno».
«Amore, tu non mi stai dicendo nulla» mormorò «Sto scoprendo tutto da solo... al massimo, dovrebbero prendersela con gli autori di quei libri». Mi baciò dolcemente. «Anche se continui a negarlo, so che sei un licantropo e, sinceramente, non mi interessa. Ti amo lo stesso e ti amerò per sempre, anche se so che tu e Aleu, il vostro lupo addomesticato, siete la stessa cosa».
Sospirai e lui mi bloccò contro il muro.
«Non rovinare tutto a causa della mia curiosità».
«Tutto cosa?».
«Tutto».
Vedendomi confusa si spiegò meglio: «Il nostro rapporto e tutto il resto. Ieri è stato fantastico...».
Arrossii.
«Sei imbarazzata per quello che abbiamo fatto?» chiese divertito.
«Sì» mormorai.
Sorrise. «Dai, mi sembra normale per una coppia che sta insieme da un po' di tempo».
Arrossii di nuovo e lui iniziò a baciarmi e mordicchiarmi il collo, facendomi rabbrividire. Repressi facilmente l'istinto di irrigidirmi, ormai questa sottospecie di tic -probabilmente "appreso" a causa delle continue battaglie che vedevano il collo come punto più semplice per uccidere- mi stava sparendo quasi del tutto in presenza di Andrea, di lui mi fidavo.
Il ragazzo mi tolse la felpa ed iniziò a sfilarmi anche la maglia, ma, a quel punto, lo fermai.
Mi guardò con sguardo interrogativo.
«Meglio di no...» mormorai.
«Perché?».
«Mh... no».
«Abbiamo la casa tutta per noi, non saremo disturbati da nessuno».
Scossi la testa.
«Sarò cauto, come ieri. Se non vuoi fare qualcosa, oppure se ti sto facendo male, basta che me lo dici e mi fermo subito».
Riprese a baciarmi, mi accarezzò i fianchi e riportò a galla tutte le sensazioni della sera prima. Era stato fantastico, ma non me la sentivo di rifarlo, quindi, a malavoglia, mi allontanai un po'.
«Sei sicura che sia tutto ok?».
Annuii.
«Hai paura?».
«Sì, forse, non lo so».
Mi diede un veloce bacio a fior di labbra. «Stai tranquilla» mormorò «Rilassati». Riprese a baciarmi e sentii le sue mani scivolare sotto la maglietta, accarezzarmi la schiena e raggiungere il gancio del reggiseno, per sganciarlo.
A quel punto mi allontanai bruscamente.
«Meglio di no» ripetei.
«Ok...». Rimanemmo in silenzio per un po', poi Andrea mi chiese: «Posso farti una domanda?».
«Sì».
«Ti ho fatto male, ieri? È per questo che non vuoi rifarlo?» domandò posandomi le mani sulle braccia.
«No, no, certo che no. È stato molto bello anche per me. Certo, forse un po' di dolore iniziale c'è stato, ma è passato quasi subito. Solo... non me la sento di rifarlo adesso... dammi almeno un giorno di pausa» risposi sorridendo sinceramente.
Andrea sorrise e annuì. «Ok, mi va bene. Cosa facciamo oggi?».
Alzai le spalle, non sapendo cosa rispondere.
La suoneria del mio telefono interruppe la conversione. Risposi immediatamente: era Emmett.
«È successo qualcosa di grave?» chiesi agitata.
«No, stai tranquilla» rispose il vampiro ridendo. «Volevo solo dirti che abbiamo visto il meteo in televisione e...».
Lo incitai ad andare avanti.
«E domani notte dovrebbe nevicare. Questa volta la neve rimarrà per un bel po'...».
Impallidii. Solo due giorni. Pensai agitata ed impaurita.
«Tutto ok?» chiese Andrea.
Annuii fingendo di sorridere.
«Chiara? Sei ancora viva?» domandò il vampiro.
«Ehm... sì... o... ok. Cosa facciamo?» balbettai.
«Carlisle ha detto che, se vuoi e se non è di disturbo, puoi restare da Andrea e poi verremo a prenderti domani sera per portati al "campo di battaglia"». Una breve pausa. «Ovviamente, potresti anche restare da lui e verremo a prenderti quando sarà tutto finito. Ci farebbe stare molto più tranquilli il sapere che almeno tu sei al sicuro».
«Tanto non ci sarà nessuno scontro, no?».
Emmett sospirò.
«Combatterò, non voglio ritirarmi».
«Ok... allora più tardi ti darò, se ci saranno, altre informazioni».
«Sì, grazie». Lo salutai e riattacai la telefonata.
«Cosa ti hanno detto?» chiese Andrea.
«Era Emmett, mi ha... "annunciato" che dopodomani arriveranno quei tizi che vogliono ucciderci e ha detto che, se non è di disturbo, posso restare qui fino a domani sera, quando verrà a prendermi».
Il ragazzo rimase in silenzio ad elaborare le informazioni poi disse: «Ok. Sì, certo che puoi restare, telefono subito a mia mamma per dirglielo».

I Cullen e i Quileutes 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora