Iniziai a raccontare la mia storia, o meglio, quello che mi ricordavo di essa. In quegli anni non avevo ancora la super memoria da licantropo-vampiro.
«Diciamo che la mia storia inizia da quando avevo circa cinque anni e mezzo. Degli anni precedenti non mi ricordo molto, probabilmente ero troppo piccola oppure non succedeva nulla di così importante.
Mi ricordo che, un giorno ero a casa mia e il giorno dopo ero in un posto completamente sconosciuto. C'erano dei letti a castello con le lenzuola azzurre e i cuscini bianchi. Mi alzai spaventata ed uscì fuori dalla stanza. C'erano dei bambini e dei ragazzi di diverse età che parlavano fra di loro e camminavano per il corridoio.
Camminai a caso, sperduta, finché una ragazza più grande mi fermò e iniziò a parlarmi in modo dolce e tranquillizzante».
Mi ricordavo abbastanza precisamente di quel giorno. Il casino attorno a me, la mia paura, le persone che vedevo e quella dolce ragazza bionda con gli occhi azzurri che stava di fronte a me.
«La ragazza, che mi disse di chiamarsi Alessia, mi portò dalla direttrice di quel posto. Era una donna gentile che aveva circa cinquant'anni. Ci accolse in modo gentile e si presentò. Si chiamava Rosanna, ma tutti la chiamavano Rosa.
Mi spiegò perché mi trovavo lì e che fine avessero fatto i miei genitori».
Abbassai la testa e chiusi gli occhi che iniziavano a pizzicare a causa del colore giallo che stavano assumendo.
Non potevo perdere il controllo di nuovo. Ok, era una storia dolorosa, ma non così tanto da farmi trasformare.
Sentì la mano di Andrea che si poggiava sulla mia. «Coraggio» mormorò rassicurante.
Continuai a raccontare tenendo gli occhi chiusi nel mentre che rivivevo quel triste momento.
«Rosa mi disse che i miei genitori mi avevano portata lì quella notte, poco prima di mezzanotte. Lei si era opposta. Non potevano lasciarmi lì come se niente fosse. "Questo è un orfanotrofio, non un canile!" Mi disse che aveva urlato ai miei genitori.
Però, loro mi avevano lasciata comunque ed erano corsi via.
Qualche ora più tardi, era venuta a sapere che i miei genitori avevano avuto un incidente stradale in una piccola strada poco fuori Siena. L'auto era completamente bruciata, e quindi i corpi non furono più trovati. In realtà quelli che si occupavano del caso non capirono mai la dinamica dell'incidente, soprattutto perché dopo un annetto smisero di indagare.
Quindi, pian piano mi abituai a quella vita ed era strana forte.
L'orfanotrofio era una grande villa con delle camerate divise per i maschi e le femmine, un grande salone comune, una biblioteca, un enorme giardino, una grande mensa e, addirittura, una scuola solo per noi -che era una palla come quella normale- più molte altre cose. C'erano ragazzi e ragazze di diverse età e, ogni tanto, venivano dei nuovi genitori in cerca di un figlio da adottare. Quando venivano questi estranei, Alessia si incupiva sempre. Mi aveva detto che era perché lei ormai era grande, tutti volevano i piccoli e quindi non avrebbero mai preso una quindicenne. Beh... ora che ci penso era davvero come un canile dove gli umani... cioè, le persone» mi corressi «Scelgono i più piccoli e teneri».
«A che età ti hanno adottata gli Smitterson?».
«A otto anni» risposi lanciandogli una veloce occhiata.
«E quindi, per otto anni, nessuno ha mai voluto una ragazza bella come te?» mormorò Andrea spostandomi una ciocca di capelli che mi era ricaduta davanti al viso.
«No, in realtà qualcuno c'era. A sei anni una famiglia mi ha adottata. Erano bravi, certo, ma la mia nuova famiglia erano Alessia, Rosa e gli altri bambini. Sono andata da questi qui ma sono scappata dopo neanche una settimana».
Sentì Andrea che tratteneva a stento una risata.
«Salì di nascosto su di un pullman, fu facile nascondersi fra la folla di pendolari, e andai all'orfanotrofio».
Andrea scoppiò a ridere.
«Che c'è?».
«Nulla, nulla, continua pure».
Alzai le spalle e ripresi a raccontare «Alessia mi trovò lì vicino dopo un'ora. Non volevo entrare perché avevo paura, ma non volevo nemmeno tornare dalla mia nuova famiglia».
«Paura di cosa?».
«Della reazione di Rosa».
«Perché?» chiese Andrea ridacchiando.
«Perché mi aveva raccomandato di comportarmi bene con quei due... genitori. Ma io ero scappata» mormorai con tono innocente.
Andrea continuò a ridere.
«Hai finito di ridere?» gli chiesi.
«No, è troppo divertente questa parte» rispose lui ridendo.
Gli tirai una gomitata nelle costole.
«Ehi!» si lamentò ridendo ancora.
Ridacchiai e alzai gli occhi al cielo.
Continuai a raccontare.
«Alessia mi trovò e si arrabbiò parecchio quando le dissi perché ero lì. Mi portò da Rosa e, come temevo, anche lei si arrabbiò molto.
Alla fine quei due capirono di non essere pronti per un figlio, o cose simili, e mi lasciarono lì.
Poco prima che gli Smitterson mi adottassero, Alessia compì diciotto anni e poté uscire dall'orfanotrofio.
E, anche se era andata ad abitare con il suo ragazzo, o qualcosa di simile, mi veniva a trovare ogni giorno.
Poi, arrivarono gli Smitterson. Rimanemmo un mesetto a Siena e poi ci trasferimmo a Forks. Li odiai per questo: io non avevano nessuno ad eccezione di Rosa e Alessia, non potevano portarmi in un altro contiene così, a caso. Soprattutto non sapevo quasi nulla di inglese».
«Me lo ricordo» disse Andrea ridendo «"My name is Chiara, I... have eight... eight... ehm... eight anni" e poi hai parlato in italiano, immagino insultandoci».
Mi misi a ridere anch'io «Prova tu a parlare di fronte a venticinque persone in una lingua straniera che, a differenza di quelle persone, studi da solo un anno. Inoltre, la maestra non sapeva l'italiano, quindi non potevo nemmeno chiederle un aiuto per una traduzione».
«Sai, non te l'ho mai chiesto perché tanto non avresti saputo tradurlo, però... cos'è che ci hai detto in italiano?».
«Qualcosa del tipo "oh, basta, se non capite cavoli vostri". Soprattutto perché tutti tranne te, Brian ed Alexis stavano ridendo».
«Certo, non si usa "avere" per un età» rispose ridendo.
«In italiano sì, non rompere» dissi fingendomi offesa.
Andrea mi mise un braccio attorno alle spalle e mi fece avvicinare a lui.
«E poi ti hanno adottata i Cullen» disse.
«Già».
«Come si sta qui?».
«Bene. Certo, a parte il fatto che spesso litigo con Edward e che Rosalie è odiosa; ma, oltre a questo, bene».
Andrea ridacchiò.
«Però, devo ammettere che è stata una fortuna che gli Smitterson di portassero qui» aggiuse il ragazzo dopo un po' «Almeno ho potuto incontrarti».
Lo guardai negli occhi e sorrisi.
«Mi spieghi una cosa?» chiesi.
«Certo» rispose lui.
«Come hai fatto ad aprire la porta del bagno? Era chiusa a chiave».
Andrea ridacchiò e si alzò. Si diresse dalla sua giacca che aveva appoggiato sulla sedia davanti alla scrivania e prese il portafoglio.
«Con un portafoglio?» chiesi confusa.
«No, con questo» rispose estraendo una tessera magnetica ormai parzialmente distrutta.
Me la lanciò e io la presi al volo.
«Era il mio vecchio abbonamento del pullman che ora non mi serve più perché ho la moto».
«Quindi lo hai distrutto per rischiare la tua vita» dissi porgendogli la tesserina magnetica.
«Si è sacrificato per una buona causa» rispose riponendo l'abbonamento dentro il portafoglio che lanciò sulla sedia.
Il portafoglio cadde a terra con un lieve tonfo e iniziai a ridere «Hai una pessima mira».
«Grazie» rispose.
«Era una battuta».
«Lo so» rispose sorridendo divertito.
«Adesso posso chiederti io una cosa?» chiese Andrea poco dopo.
«Mh... ok»
«Perché non c'è un letto nella camera di Edward?».
«Oh, facile. Il letto è nella casa che abbiamo regalato ad Edward e Bella per il matrimonio. Beh, abbiamo... che i Cullen hanno regalato, visto che io non ne sapevo quasi nulla».
«Ah, giusto, non avevo pensato al fatto che si sono sposati».
«E che hanno una figlia».
«Cosa?!».
Smisi di respirare e sbiancai «Merda! Tu non sapevi nulla, cavolo! Me n'ero dimenticata!».
«Hanno una figlia?».
«Ti prego, tu... tu non sai nulla. Per Charlie, il padre di Bella, la bambina è stata adottata. Era tipo la figlia del fratello di Edward che è morto in un brutto incidente con la moglie».
Andrea ridacchiò «Questa storia mi ricorda qualcosa».
«Già, è vero. Brutto compione di un va... fratello» mi corressi.
«Di un vaccaro?» chiese Andrea ricordandosi la mia stupida scusa per nascondere la parola "vampiri" che stavo per dire.
Arrossì.
Andrea rise di nuovo e cambiò parzialmente argomento chiedendomi come si chiamasse la bambina.
«Renesmee» risposi.
«Renesmee?».
«Sì, è un'idea di Bella. È l'unione dei nomi delle madri di lei ed Edward: Renée ed Esme».
«Mh, carino» approvò annuendo.
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I Cullen e i Quileutes 3
FanfictionMolte cose sono rimaste in sospeso dopo il secondo libro. Jacob tornerà a casa? Chiara avrà rivelato qualcosa ad Andrea? Se sì, cosa? Cosa farà Chiara quando Bella rimarrà incinta e dovrà decidere se stare con il branco e combattere i vampiri che l'...