39. Guai a New York (parte 2)

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Aprì gli occhi e accesi il telefono per guardare l'ora. Sospirai, erano solo le sette del mattino. Comunque decisi di alzarmi e fare un giro fuori, tanto non sarei riuscita a dormire.
Girai a caso per il giardino. Faceva freddo ma non mi dava fastidio; ed era ancora un po' buio, dopotutto eravamo alle sette del mattino di ottobre.
Avevo passato una pessima notte, infatti non ero riuscita a dormire a causa dei sensi di colpa. Temevo che il vampiro che mi aveva salvata fosse morto.
«Ehi» disse Andrea avvicinandosi a me e distogliendomi dai miei pensieri.
«Ehi, ciao» dissi girandomi verso di lui.
Il ragazzo mi abbracciò e mi mise una giacca sulle spalle.
Lo guardai confusa quando mi allontanai sciogliendo l'abbraccio.
«Fa freddissimo, come fai a resistere senza giacca?».
Giusto, non avevo pensato al fatto che gli umani provassero freddo più spesso di me.
«Ehm... mi ero dimenticata di prenderla e non avevo voglia di ritornare in camera...».
Ridacchiò. Non sapevo se si era bevuto la mia scusa oppure no. Perché era così difficile capirlo?!
«Come hai fatto a sapere che ero qui?» chiesi.
«Sono andato al bagno e, mentre tornavo in camera, ti ho vista dalla finestra del corridoio».
«Ah...».
«Che ci fai qui?» mi chiese.
Alzai le spalle. «Avevo voglia di fare un giro».
«Ok, allora facciamolo» rispose prendendomi per mano e sorridendo.
«In realtà... stavo bene anche da sola... torna pure a dormire».
«E se io volessi rimanere con te?» chiese avvicinandosi di più a me.
Alzai le spalle «Fa' come vuoi».
Sorrise e appoggiò la sua fronte alla mia «Abbiamo praticamente un'ora nella quale possiamo stare da soli, sfruttiamola».
Feci un passetto indietro.
Andrea ridacchiò e mi fermò «Paura che ci vedano insieme?».
«Beh, sai, siamo praticamente a scuola...».
«E allora?» chiese piegando lievemente la testa di lato, continuando a sorridere.
«E allora non voglio che ci vedano troppo insieme. Non so precisamente perché, ma non mi va a genio».
«Beh, ora non c'è nessuno che possa vederci» mormorò avvicinandosi di più. In un attimo mi baciò.
Sorrisi, ma mi allontanai poco dopo.
Andrea ridacchiò «Ok, ok».
«Non hai sonno?» gli chiesi iniziando a camminare.
«No, perché dovrei?».
«Sai, esiste una cosa chiamata "fuso orario"».
Alzò le spalle «Sono sveglissimo, nonostante il fuso orario. Tu, invece?».
«Non ho per niente sonno».
«Perfetto, allora possiamo goderci quest'ora di tranquillità».
Sorrisi «Va bene».
«Posso farti una domanda?» chiese dopo un attimo di silenzio.
«Dipende».
«E da cosa?».
«Da... se posso risponderti oppure no».
«Ok... beh, credo che non risponderai».
«Perché non dovrei?».
«Volevo chiederti cos'hai fatto ieri».
«Le gare di atletica con te e gli altri».
«No, no. Durante la campestre. So che è successo qualcosa».
Sospirai «Non... non posso dirtelo».
«Per piacere. Senza entrare nei particolari».
Annuì «Ok».
«Grazie. È successo qualcosa?».
«Sì».
«Cosa?».
Lo guardai implorante.
«Ok, ok, non devi dirmelo per forza. Dimmi solo se c'entrano anche quei due gemelli».
Annuì.
«Ti hanno fatto qualcosa?».
«No» dissi dopo un attimo.
Si fermò e mi guardò negli occhi, prendendomi il viso con le mani.
«Ti hanno fatto qualcosa?» ripetè.
Scossi la testa.
«Se ti hanno fatto del male, li ammazzo» mormorò riprendendo a camminare.
«Ti ammazzerebbero loro».
«Secondo te non mi so difendere? Soprattutto se è per salvare te?» mi chiese guardandomi.
Scossi la testa «Non da gente come loro».
Alzò gli occhi al cielo e distolse lo sguardo.
«Ehi» dissi fermandomi «Mi fido di te e so che sapresti difendermi, ma...» lo buttai a terra con estrema facilità e mi inginocchiai vicino a lui «Non sapresti farlo da gente come me o come quei due gemelli».
Mi rialzai.
«Mi... mi hai buttato a terra» mormorò sedendosi.
Alzai le spalle e mi voltai.
In un attimo mi ritrovai a terra.
«Ehi!» mi lamentai.
Era stato veloce ed agile per essere soltanto un umano, mi aveva stupita.
Mi bloccò a terra ed io misi le mani sul suo petto per spingerlo via, ma, in realtà, mi andava bene quel contatto.
«Non avresti dovuto buttarmi a terra» rispose minaccioso ma senza smettere di sorridere.
«E perché?» risposi stando al gioco.
«Perché... non lo so».
Mi misi a ridere «Dai, spostati».
«E se non volessi?» rispose avvicinando il suo viso al mio.
«Ti farei spostare a forza».
«Ah, davvero? E come?».
«Così come sono riuscita a farti cadere, prima».
«Mi hai solo colto di sorpresa».
«Certo, certo».
«Stavolta non ci riuscirai».
«Sicuro?».
«Sì, soprattutto perché mi sposterò io». Detto ciò si sdragliò su di un fianco, vicino a me.
«Finalmente non dovrò più condividere la camera con Jennifer e Kate» dissi felice.
«Tanto non le avete praticamente mai avute in camera».
«Come fai a saperlo?».
«Sono state praticamente sempre da noi».
«Ah, da voi?» risposi con una punta di gelosia nella voce.
«Sì».
«E perché?».
«Perché... non lo so».
Sbuffai.
«Dai, gelosa, non ti arrabbiare».
«Non sono gelosa e neanche arrabbiata!».
Andrea ridacchiò «No, certo che no».
Alzai gli occhi al cielo e sbuffai.
«Tranquilla, quando hanno visto che non prestavo molta attenzione a loro, sono state con altri due ragazzi più grandi di noi».
«Davvero?».
Lui annuì «Dai, ho occhi solo per te».
«Dicono tutti così» risposi cercando di non ridere.
«Ah, tutti chi?» chiese fingendosi geloso.
«Tutti i ragazzi nei film romantici».
«Ah... non ti facevo una da film romantici».
«Esatto, ma a volte mi capita di guardarli».
Ridacchiò.
«Che c'è?» chiesi sedendomi.
«Nulla» rispose spostandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Il suo telefono squillò all'improvviso.
Andrea sospirò «Ma chi è che rompe ora?!».
Ridacchiai «Rispondi, no?».
Tirò fuori il telefono e guardò il display «É Brian...».
«Rispondi».
«Ehi» disse rispondendo a Brian.
«Ehi, Bro, dove sei?» sentì in risposta con il mio perfetto udito.
«Fuori in giardino, con Chiara».
«Che ne dici se ti raggiungo con Alexis? Tanto è ora di colazione...».
«Che ci fa Alexis da te?».
«È venuta a vedere se trovava Chiara e, ovviamente, mi ha svegliato».
Sentì la risata di Alexis.
«Ah» rispose Andrea «Beh, guarda, vi raggiungiamo noi».
«Ok, ci vediamo sotto».
«Sì» rispose Andrea e riattaccò. «È finito il nostro momento di tranquillità, andiamo?» mi chiese.
Annuì «E comunque, anche a casa e a New York possiamo stare insieme in tranquillità» gli dissi.
«Sì, lo so, ma speravo che almeno in gita finissero le stranezze, così, almeno qui, non avremmo avuto segreti».
«Andre, la stranezza...» iniziai a dire ma mi interruppe.
«Sì, lo so. Fa parte del tuo mondo. Scusa, sarei dovuto stare zitto».
Lo abbracciai «Io vorrei dirti tutto, ma non posso» gli dissi respirando il suo profumo.
«Lo so, tranquilla» rispose abbracciandomi a sua volta «Adesso andiamo, se non vuoi che ci vedano insieme».
«Beh, in realtà... che spettegolino quanto vogliono» dissi e lo baciai, cogliendolo di sorpresa.
Sentì degli "uhh" formarsi alle nostre spalle, neanche ci fosse un branco di scimmie.
«Penso che qualcuno ci abbia visti» mormorò Andrea sorridendo.
«Lo so» risposi arrossendo lievemente.
Andrea mi prese per mano e raggiungemmo Brian ed Alexis per andare insieme a fare colazione.
Mi sentivo tutti gli sguardi puntati addosso, forse non era stata la migliore delle idee quella di baciare Andrea proprio quando tutti potevano vederci.

I Cullen e i Quileutes 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora