Dopo aver terminato i compiti per l'indomani, quella stessa sera, uscii dalla mia camera per cercare Abel, trovandolo nientemeno che sopra il tetto di casa, comodamente seduto sulle tegole rossastre. Fu una scena piuttosto bizzarra che mi strappò un'esclamazione di stupore e un sorriso, ma in fondo perché no, visto che Abel poteva volare? In mano aveva qualcosa che riconobbi solo quando mi raggiunse a terra: un vecchio libro universitario di mio padre, di quelli che aveva deciso di conservare per il suo lavoro di biologo.
«Che facevi sul tetto? Leggevi?» mi stupii quando mi fu accanto.
«Sì. In camera di tuo padre ce ne sono tantissimi, di questi» mi indicò. Stringeva quel libro tra le braccia come se fosse un piccolo tesoro.
Ricordavo quel tomo, un paio di anni prima avevo provato a studiarci sopra, ma si era rivelato troppo approfondito per me.
«E hai letto per tutto questo tempo?».
«Sì, ero curioso. Nel mio mondo queste cose non esistono, le conoscenze si trasmettono quasi del tutto oralmente».
Non riuscii a nascondere lo stupore. Se avessi avuto ancora qualche dubbio, questa era la conferma della disumanità del ragazzo che avevo davanti: era riuscito a trovare interessante un libro universitario senza avere nemmeno confidenza con la lettura. Ero davvero impressionata.
Rientrammo in casa subito, dato che di sera le temperature avevano già iniziato ad abbassarsi, ed io ebbi la pessima idea di andare a riporre personalmente il libro di mio padre nello scaffale della sua camera.
Grazie ad Abel stavo sopportando relativamente bene la sua perdita, ma quando mi trovai da sola nella stanza, ancora piena delle sue cose, fui travolta dai ricordi. Sulla sua scrivania c'era una foto di noi due scattata anni prima, durante un pomeriggio autunnale come questo...
Senza nemmeno accorgermene, mi rannicchiai sul letto ad osservarla, rimanendo così per molto tempo. Troppo tempo, perché Abel venne in camera e mi trovò ancora in quella posizione.
«Sarah» mi chiamò a voce bassa.
Si avvicinò in silenzio. Non aveva bisogno di spiegazioni per capire cosa accadeva.
«Mi manca così tanto...».
Il mio angelo si sdraiò accanto a me, avvolgendomi con le sue braccia forti e le ali morbide. Non disse nulla, si limitò ad accarezzarmi i capelli con movimenti regolari e delicati che riuscirono a farmi rilassare in poco tempo. Chissà come, trovava sempre il modo di farmi stare meglio.
Chiusi gli occhi tra le sue braccia e improvvisamente sentii tutta la stanchezza di quella lunghissima giornata, tanto da cadere in un sonno profondo senza nemmeno rendermene conto.
*
Sognai l'incidente sotto la pioggia scrosciante, poi candide ali che accompagnavano mio padre in un luogo migliore, simile al paradiso terrestre che mi aveva descritto Abel.
Al mio risveglio, ore dopo, lui era ancora sul letto accanto a me.
Quando aprii gli occhi non riuscii a ricordare subito cos'era accaduto; notai solo che aveva il viso un po' assonnato e l'espressione di chi era in difficoltà. ...E che attraverso le persiane filtrava la luce del mattino.
«Ehm, buongiorno» mi salutò con un mezzo sorriso.
«Abel! Che ci fai nel mio...». Un momento, mi stavo sbagliando, quello non era il mio letto! «Ma questa non è la mia camera! Che cosa è successo?».
«Ehm... ieri sera ti sei addormentata qui, non ti ricordi?».
Me ne ricordai solo in quel momento e mi sentii immediatamente avvampare dalla vergogna. Accidenti, sicuramente lo avevo messo in difficoltà. «Scusami! Ehm, potevi svegliarmi».
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My Own Angel
FantasyLa giovane Sarah, rimasta sola al mondo ad appena 18 anni, vede materializzarsi davanti ai suoi occhi un ragazzo dalle ali piumate e lo sguardo dolce che si presenta come suo angelo, nato per starle accanto fino a che lei ne avrà bisogno. Dopo qualc...