36 - Amore

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Quando mi risvegliai, il mattino dopo, Abel era ancora addormentato accanto a me. Se ripensavo alla sera precedente mi sentivo sprofondare dall'imbarazzo, eppure ero felice come non lo ero mai stata prima. Rimasi a guardarlo dormire tra le lenzuola bianche, trovando che fosse stupendo perfino nella posa rilassata del sonno, e mi resi conto che ormai nulla al mondo, per me, era più importante di Abel. Nemmeno la mia stessa vita.

Ora ne ero certa. Lo amavo.

Amavo lui come non avrei mai più potuto amare nessun altro, perché Abel era diverso da tutti gli altri. Era unico nel suo modo di pensare, di amare, di trovare il buono in ogni cosa e di mettere tutto se stesso in ciò che faceva. Speciale non solo perché era un angelo, ma perché era cresciuto come tale.

Dopo aver amato un ragazzo come lui, nessun altro avrebbe mai più potuto sostituirlo. Avrei continuato a volere solo Abel per tutta la vita e sarei riuscita a sopportare di perderlo solo se in cambio lui fosse stato felice. ...E se per farlo avesse dovuto dimenticarmi, allora mi andava bene così.

Solo ora, finalmente, capivo molti dei suoi discorsi sul nostro futuro.

Restai a guardarlo dormire ancora un po', mentre metabolizzavo quella nuova consapevolezza. Quando aprì gli occhi, qualche minuto dopo, non fece in tempo a darmi il buongiorno che mi buttai tra le sue braccia. Gli diedi un lungo e dolce bacio e poi mi appoggiai a lui, lasciandolo piuttosto compiaciuto per quello strano risveglio.

«Uhm, buongiorno anche a te» scherzò con quel suo bellissimo sorriso.

«Ti amo» sussurrai.

Lo dissi quasi inconsapevolmente. Abel sussultò, mentre la sua espressione passava dallo stupore alla contentezza, ma sembrava anche preoccupato e non mi era difficile capirne il motivo.

Accarezzò il mio viso con dolcezza. «Ti amo anch'io, amore mio. Più di ogni altra cosa al mondo».

Eppure, amarci non sarebbe bastato a farci restare insieme.

La domenica non continuò serenamente com'era iniziata. Mentre ero in giardino a curare le piante, in piena mattina, incrociai David intento nella stessa attività, che approfittò dell'incontro casuale per invitarmi a casa sua. Con un annaffiatoio in mano non potevo di certo fingere di avere grandi impegni, perciò stavolta dovetti accettare, e Abel iniziò subito a sentirsi in ansia.

Trasmise quell'ansia anche a me, al punto che, mentre entravo nel giardino del mio vicino, le mie mani ormai tremavano; sicuramente David mi avrebbe chiesto notizie sui miei problemi con Abel e di conseguenza avrei dovuto dire al ragazzo che mi era sempre piaciuto che mi ero fidanzata con quello che a lui avevo presentato come "il mio migliore amico".

Speravo tanto che non mi avrebbe giudicata superficiale per questo...

Era una bella giornata di sole, così decidemmo di restare a parlare sulle sedie in vimini all'esterno della casa. Abel era venuto con me, ma restò a distanza, appoggiato al muro con le braccia conserte. Dalla mia posizione mi era facile guardarlo, ma dovevo stare attenta a non farmi notare da David, che era seduto proprio di fronte a me.

Era incredibile, nonostante fosse un bellissimo ragazzo, ormai per lui non sentivo più nessuna attrazione.

«Sembri felice» notò lui dopo un breve dialogo di cortesia.

Mi lasciai scappare un sorriso. Si vedeva così tanto? «Beh, hai ragione, lo sono».

«E' successo qualcosa di bello?» immaginò, protraendosi leggermente verso di me.

Faticai a deglutire. Era arrivato il momento di raccontargli tutto, dopodiché per lui sarei stata per sempre solo una vicina di casa innamorata di un altro ragazzo.

My Own AngelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora