24 - Compromesso

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Qualcosa in me si spaccò a metà: da un lato mi sentii travolgere dall'ansia e dalla paura, dall'altro mi sentii elettrizzata per l'ammissione di Abel, contro ogni razionalità. Eppure non aveva senso, Abel ed io non avremmo potuto nemmeno sperare in un futuro insieme.

«...E quindi dovremo trattarci da sconosciuti in casa?» proseguii la discussione, ancora preoccupata per le sue intenzioni.

«No. Non se questo ti fa soffrire così» si arrese, finalmente.

Tirai un sospiro di sollievo, mentre Abel si avvicinava a me come non aveva fatto per settimane... Mi sfiorò appena il viso con i polpastrelli, con una dolcezza che mi calmò subito. Capivo dal suo sguardo frustrato che avrebbe voluto abbracciarmi, ma si sentiva costretto a trattenersi.

«Ti prometto che non mi comporterò più così, Sarah, ma tu devi aiutarmi a contenere questa situazione, te lo chiedo per favore».

Cioè... intendeva mettere dei limiti al nostro rapporto? D'accordo, pur di non rivedere in lui quella freddezza ero disposta a tutto.

«In che modo?» accettai.

La risposta sembrava non piacere nemmeno a lui, aveva sulle labbra un sorriso amaro che non si addiceva per niente all'Abel di sempre. «Per esempio niente pomeriggi sdraiati insieme sull'erba, e niente uscite senza motivo».

«Cosa? Quindi oggi pomeriggio non verrai con me?» mi lamentai, cercando di nascondere in un tono eccessivamente lagnoso quanto tutto questo mi facesse male.

«E' meglio di no».

Si vedeva bene che ne soffriva anche lui... e questo non era nulla: ora che finalmente potevo fermarmi a ragionare, mi resi conto che per tutto il mese passato Abel aveva sofferto il distacco quanto me, se non di più, e non aveva mai potuto parlarmene nemmeno di fronte alla mia insistenza. Non riuscivo nemmeno a immaginare quanto doveva essere stato difficile per lui...

«Non è giusto, se lo avessi saputo avrei aspettato stasera per parlarti!» provai a scherzare per alleggerire l'atmosfera, dato che i nostri piani per il pomeriggio erano appena saltati.

Riuscii a farlo ridere. «Non pensarci. E poi devi ammettere che anche tu mi hai evitato. Studiavi tutti i giorni fino a tardi, non ci credo che avessi tutti quei compiti».

Già... ormai tanto valeva confessare. «E' perché mi sentivo in imbarazzo, non volevo evitare te. Mi dispiace di averlo fatto, se avessi immaginato di arrivare a tanto non avrei mai iniziato».

«Lo so, non preoccuparti». Mi mostrò quel suo leggero sorriso che mi era mancato tantissimo. «Ora finalmente capisco perché gli angeli sono sempre dello stesso sesso del loro protetto. Se ci pensi, io sono fidanzato e tu sei invaghita di un altro ragazzo, e nonostante tutto abbiamo dei problemi».

«Hai ragione».

In questa prospettiva sembrava che fosse tutto sottocontrollo, eppure... qualcosa non tornava. Perché dai suoi discorsi era sparito il bacio che stavamo per scambiarci? Se avesse voluto insistere sul nostro distacco avrebbe potuto usarlo a suo favore, invece sembrava che volesse eliminarlo dai nostri pensieri. Ignorarlo sarebbe stato facile, certo, ma sentivo rimbombarmi nella testa una consapevolezza che avevo interiorizzato negli ultimi mesi: non potevamo risolvere un problema fingendo che non esistesse.

Eppure la tempesta era passata e non trovai il coraggio di tirar fuori altre questioni. Abel era così stanco che sembrò quasi accasciarsi sul letto, così restai al suo fianco e mi feci raccontare tutto ciò che mi ero persa in quel mese. Passammo il resto della mattinata a parlare, seduti sul letto ad almeno un metro distanza. Probabilmente tra noi non sarebbe mai più stato come prima, ma Abel restava Abel e mi era mancato tantissimo.

My Own AngelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora