Capitolo 9 ✔

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Alex

Ero sdraiato sul letto della mia stanza con la TV accesa su un canale qualsiasi e gli occhi puntati al display del telefonino mentre scorrevo la bacheca di Facebook.

Non ero molto tranquillo, sentivo addosso l'agitazione dell'aspettativa, quella che era nata dopo che Mia aveva accettato di venire a pranzo con me. Avevo mandato un messaggio a Ema, lui conosceva Firenze un filo meglio del sottoscritto, e gli avevo chiesto se potesse indicarmi un ristorantino nelle vicinanze del nostro hotel. Mi aveva risposto subito, consigliandomi un'osteria tipica sul Lungarno, poco distante da Ponte Vecchio, e si raccomandò anche di provare gli gnocchetti con salsa di noci e gorgonzola dicendo fossero la fine del mondo.

Mia e gli altri erano fuori da più di un'ora ormai e speravo non ci volesse ancora molto al loro rientro dato che il mio stomaco stava iniziando a borbottare per la fame e io avevo una tolleranza davvero labile in quei casi.

Quando il telefono prese a vibrare nacque un sorriso spontaneo, sicuro che Mia mi stava avvisando del loro ritorno; storsi la bocca però quando misi a fuoco il nome sul display e vidi che era Stefano quello a chiamarmi.

Se hanno deciso di fermarsi a mangiare da qualche parte, m'incazzo!

«Dimmi...» risposi con forse troppa durezza, ma il ragazzo dall'altra parte neanche ci fece caso.

«Alex, merda, ho bisogno di te!» Era agitato, quasi isterico e senza neanche accorgermene mi rizzai in piedi e iniziai a infilarmi le scarpe.

«Che è successo?» gli scenari più disparati si presentarono sotto ai miei occhi. Avevo pensato e valutato di tutto, davvero, eppure ero rimasto distante da ciò che era capitato in mia assenza. Mai mi sarei aspettato che quel lavoro a Firenze prendesse una piega così drammatica.

«Mia sta male! Non so che le sia preso, non... è in sé...» Il cuore mi si fermò per qualche secondo appena riuscii a percepire il significato di quelle sue parole. Tenevo le palpebre spalancate eppure non mettevo a fuoco nulla in quella dannata stanza troppo distante da lei. «Trema, piange e ha iniziato a parlare in inglese, così dal nulla... come se avesse dimenticato l'italiano...»

Merda! Merda, merda, merda!

Adesso avevo capito, ora il quadro era più chiaro e preoccupante di quel che avevo creduto. Iniziai a camminare come un forsennato in quei pochi metri quadrati che componevano la mia stanza, mi torturavo i capelli in ansia e i crampi allo stomaco non derivavo più dalla fame. «Dove siete? Vi raggiungo...»

«Stiamo partendo ora dal B&B, la portiamo in ospedale...»

«No! Non ha bisogno di dottori, Ste', ha bisogno di me... tornate subito in albergo, vi aspetto nella hall...»

«Non pensi di essere un tantino egocentrico, Alex?» disse con un tono contrariato, ma lui non capiva, non aveva i mezzi per farlo. Il male di Mia non era fisico, nessun dottore poteva aiutarla come avrei potuto fare io, le servivano intorno le persone che l'amavano e nessuno poteva farlo più di me.

«Ascolta... mi è già capitata una situazione del genere, so come gestirla. Stalle vicino, tienila stretta a te, falle sentire che ci sei e, cazzo, portatela immediatamente qui!»

«Ok, arriviamo!» rispose più sicuro, forse tranquillizzato dal fatto che a muovere le mie decisioni ci fosse un filo di l'esperienza e non l'arroganza.

Chiusi la chiamata con il respiro ansante e la voglia di spaccare ogni oggetto presente nella stanza, cosa diamine era successo per provocarle un nuovo attacco di panico? Non nascevano dal nulla, succedeva solo se veniva catapultata di prepotenza in un passato che lei tentava con tutta se stessa di tenere lontano, quindi come era possibile che un semplice incontro di lavoro avesse scatenato tutto questo?

Hug Me - Ciò Che Rimane Di Noi #2 (Completa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora