Hug Me - Ciò Che Rimane Di Noi #2 (Completa)

Capitolo 12 ✔

Alex

Non mancava molto alla fine della serata, lo avevo notato dagli occhi stanchi degli invitati che ormai a stento raggiungevano la pista da ballo e non guardavano più con avidità il buffet dei dolci.

Il taglio della torta era avvenuto da circa quaranta minuti e ci avrei scommesso una mano che quelle persone stavano solo attendendo il primo coraggioso che avrebbe abbandonato il ristorante per imitarlo immediatamente. Era sempre imbarazzante essere il primo ad abbandonare la festa.

Mi ero preso qualche minuto di pausa ed ero uscito in giardino per fumare una sigaretta, non ero uno che del fumo ci aveva fatto un vizio, con un pacchetto da venti ci andavo avanti una settimana, ma mi ero reso conto che quel giorno lo avevo estratto dalla tasca più del dovuto. La preoccupazione che Mia si sentisse male, l'attenzione rivolta agli atteggiamenti del padre, il fatto che quella cena pareva non finire mai mi avevano davvero sfiancato tanto da rifugiarmi più spesso del solito in un tiro di Camel Blue.

Aspirai e buttai il fumo verso l'alto, lo vidi danzare con quel filo di vento fresco fino a sparire del tutto, quello era il periodo dell'anno che preferivo perché mi concedeva di indossare solo una t-shirt ma il caldo non era asfissiante e la notte necessitavi ancora di accartocciarti in un lenzuolo. Non tolleravo il freddo tanto quanto detestavo l'afa, ero uno da mezze stagioni io e cercavo di godermele più che potevo in quel lasso di tempo così breve della loro esistenza.

Il cielo era limpido ma spento, non una nuvola a oscurarlo, non una stella a illuminarlo, eppure t'incantava ugualmente. Sarà stato per il posto quasi da sogno in cui ci trovavamo, sarà stato perché sentivo Mia più vicina che mai, ma ci sarei rimasto tutta la notte lì a guardarlo, magari disteso su quei freschi fili d'erba falciati da poco, magari proprio con lei a fianco.

Nacque spontaneo un sorriso quando nella mente si presentarono puntuali immagini di me e di quella ragazza sereni come prima che rovinassi tutto, ma si spense con altrettanta velocità quando mi resi conto di non essere più solo e che la compagnia non era certo tra le più gradite.

Mi voltai per un attimo, il tempo di vedere il padre di Mia camminare con lo sguardo basso e le mani in tasca, poi tornai a dargli le spalle sperando che non avesse alcuna intenzione di attaccare bottone. Ero stato davvero bravo in quei giorni, mi ero trattenuto sia per la serenità di Mia, sia per il buon nome di Johnny, ma non sapevo come avrei reagito a un faccia a faccia di quel tipo, soprattutto se avesse tirato fuori qualcosa che non mi avrebbe garbato per nulla.

L'uomo non era del mio stesso avviso, però. Si accostò al mio fianco e tirò fuori dalla tasca un porta sigarette d'alluminio dove, all'interno, ve ne erano diverse già rollate con il tabacco. Ne prese una, l'accese e aspirò in silenzio per un po'.

In quegli attimi mi ritrovai in un limbo d'indecisione, avrei voluto andarmene prima di sentirlo aprire bocca, eppure, non riuscivo a muovermi di un passo, curioso di scoprire se avesse davvero qualcosa da dire.

«Tu sai chi sono io, non è vero?» domandò con quel suo italiano stentato quando raggiunse la metà della sigaretta che teneva tra l'indice e il medio. Aveva lo sguardo fisso in avanti, nel buio che circondava il ristorante.

«Beh, questa domanda ha diverse interpretazioni quindi, la prego, sia più preciso...» il tono sarcastico veniva naturale quando cercavo di soffocare la rabbia. Ero certo che quell'uomo aveva riconosciuto Mia, anzi, ero sicuro che aveva organizzato tutto per vederla di nuovo e in quel momento mi stava dando la conferma almeno di una delle due cose.

«Lo vedo da come mi osservi che sai... lo vedo da come Mia sfugge alle mie occhiate che ha capito...» disse senza rispondere veramente alla mia domanda. Immaginai dovesse essere difficile guardarmi in faccia e affermare di essere l'uomo che aveva rovinato la vita a una bimba di soli sei anni.