Capitolo 11 ✔

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Mia

Erano circa venti minuti che mi trovavo chiusa nel bagno del ristorante che avrebbe ospitato i festeggiamenti del matrimonio. Tra gli invitati erano presenti anche alcune persone che appartenevano alla famiglia di James – avevo deciso di chiamarlo nello stesso modo in cui faceva Louisa, così da sentirmelo meno vicino –, quindi alcune persone che appartenevano alla mia di famiglia. Non erano molti in realtà, perlopiù si trattava di amici della coppia e parenti della sposa.

Avevo adocchiato una donna bassina e decisamente robusta, con i capelli grigio topo e l'espressione malinconica. Mi avevano detto essere la madre dello sposo, mia nonna, una donna di cui non ricordavo neanche l'esistenza. Poi avevo visto una bambina in abito bianco, avrà avuto sei o sette anni, e somigliava terribilmente a me alla sua età.

Era stato allora che avevo avuto il bisogno di rimanere da sola, nel momento in cui avevo scoperto che quella era la figlia degli sposi, mia sorella. Mi si stava aprendo un mondo davanti e io non ero poi così sicura di essere pronta a esplorarlo.

Il colpo più forte lo avevo ricevuto trovandomi faccia a faccia con mio padre, questo era vero, e dopo quell'incontro mi ero preparata psicologicamente all'idea di entrare in contatto con altre persone con le quali condividevo lo stesso albero genealogico, ma avevo sottovalutato la mia resistenza, avevo dato per scontato che una volta superato lo scoglio più grande, ovvero John James Stevens, avrei potuto fare tutto. Non era stato così.

Mi ero sentita asfissiare all'idea di ritrovarmi in uno spazio chiuso tra quella gente, all'idea che loro potessero sapere chi fossi e tentassero un approccio – perché mica lo avevo ancora capito se la mia presenza in quel posto fosse o meno un caso –, mi ero sentita soffocare rendendomi conto che ero costretta a essere testimone della felicità di un uomo che non ne meritava neanche qualche briciola.

Ero sempre stata pro le seconde occasioni, mi ero sempre detta che le persone potevano sbagliare e avevano il diritto di riprendere in mano la propria vita una volta aver scontata la giusta punizione, ma compresi solo in quel momento che quando si trattava di persone a me vicine non ero poi così permissiva. Con Alex avevo fatto passare otto mesi prima di capire che non c'era altra soluzione per me se non quella di riprovare e non lo facevo perché pensavo meritasse una seconda occasione – sì, se l'era guadagnata ma non era quello il punto –, lo facevo perché io avevo il bisogno di concedergliela, io sentivo la necessità di averlo accanto. Era puro egoismo il mio, nulla di più.

Per quanto riguardava l'uomo di cui portavo il cognome, invece, ritenevo che non meritasse nulla di quello che stava vivendo. E non m'interessava se avesse fatto qualche corso di gestione della rabbia o frequentato gli alcolisti, se fosse seguito da qualche psicologo o se la moglie era riuscita a fargli vedere il mondo da una prospettiva diversa, tanto da riuscire a dargli uno scopo e riprendere in mano la propria vita e migliorarla. Gli uomini come lui non meritavano di essere felici, mai.

«Mia, è tutto ok?» Dei lievi colpi alla porta mi strapparono con prepotenza dai miei pensieri, la voce di Alex arrivava attutita ma non per questo non riuscii a cogliere quel filo di apprensione che gli strozzava il tono.

Un attimo dopo la porta si aprì e il mio sguardo un po' spento si incontrò con il suo vagamente perplesso. Alex si avvicinò con lentezza, indossava un pantalone nero e una camicia bianca, esattamente come me, esattamente come tutto lo staff della sala. Si fermò dietro di me, ma potevo vederlo grazie al riflesso dello specchio, e mi cinse morbido sul ventre mentre il mento si adagiò sulla spalla. «Andrà tutto bene. Lo sai, vero?»

«Lo so.» affermai in un sospiro

«È da stamattina che tremi...» commentò e quasi mi sorpresi. Non credevo se ne fosse accorto, pensavo di essere stata brava a nasconderlo, ma dovevo aspettarmelo che con Alex ero senza difese. Lui conosceva ogni spiraglio presente nel muro irto a proteggermi, era da quelle fessure che mi spiava, era da quelle fessure che aveva accesso alla parte più fragile di me.

Hug Me - Ciò Che Rimane Di Noi #2 (Completa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora