Capitolo 23 ✔

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Mia

Scesi dall'auto accompagnata da una strana sensazione nel petto, quasi come se i polmoni fossero stati preda di un serpente costrittore e questo gli si era attorcigliato stritolandoli con facilità.

Sapevo che Alex era deluso e mi sentivo una grande egoista, ma non ero nella condizione di poter avanzare richieste al mio datore di lavoro, nonostante questo era lo zio del mio ragazzo e avrebbe compreso la situazione. Ero sicura che Johnny avrebbe fatto di tutto per venirci in contro, eppure io non riuscivo ad approfittare di quel privilegio.

Eravamo in piena estate, Roma era presa d'assalto dai turisti e con lei anche la pasticceria, non potevo permettermi di abbandonare i miei compagni senza nemmeno un minimo di preavviso – perché no, una settimana non avrebbe cambiato le cose –, senza considerare poi che Alex neanche sapeva dirmi quando saremmo tornati. Era impensabile anche per i più ottimisti che una come me avrebbe assecondato una pazzia del genere.

Mi ritrovai a sospirare quando, con il volto imbronciato e le sopracciglia corrugate all'attaccatura del naso, si allontanò mescolandosi tra le altre auto. Non volevo litigare, non volevo sopraffarlo di un senso d'impotenza che non meritava, ma non poteva neanche pretendere che accettassi senza remore un colpo di testa del genere.

Entrai in casa che l'umore era finito sotto la suola delle mie Converse rosse, buttai la borsa a terra e mi accasciai sul divano sbuffando incurante che Den si trovasse proprio lì e avesse osservato la scena in silenzio. Anzi, io l'attendevo proprio una sua domanda, necessitavo di scaricare il nervoso che aveva iniziato a ribollire nello stomaco.

«Guai in paradiso?» domandò venendosi a sedere accanto a me.

«E da quando, stare con Alex, è considerato paradiso?» chiesi di rimandò mentre la osservavo con la coda dell'occhio sghignazzare divertita.

«Effettivamente... cosa ha combinato, stavolta?»

Rilassai le spalle, tese come corde di violino sul punto di rottura, e appoggiai la testa alla spalliera del divano malgrado il caldo di luglio mi facesse sudare costantemente alla nuca. «Edo?»

«È nel suo vecchio appartamento con Ema per sistemare le cose da portare qui...» mi spiegò. Eravamo sole e libere di parlare quanto volevamo, proprio come desideravo, proprio come necessitavo.

Dopo aver recuperato due bicchieri XL e averli riempiti di thè freddo le raccontai della proposta fatta ad Alex da Maurizio, di come lui aveva saputo ben nascondere l'euforia all'ipotesi di seguirlo a Berlino, riportandomi quelle informazioni come se nulla fosse, e di come io avevo stracciato il foglio immaginario dove aveva riposto le sue speranze verso una mia risposta affermativa.

«Mi sento in colpissima...» confessai facendo ruotare il bicchiere davanti al mio naso.

«È comprensibile, ma io credo che lui abbia capito il tuo punto di vista... deve solo sbollire la delusione...»

«Tu mi trovi una persona orribile per questo? Pensi che stia sbagliando?» domandai con il tono vacuo mentre gli occhi scandagliavano quel viso che non sapeva nascondere alcuna emozione. E la vedevo la perplessità a mutarle i lineamenti, lo scorgevo nello sguardo che fuggiva dal mio che lei avrebbe preso una scelta diversa.

«Mia...» esitò appena, poi grazie al suo temperamento scacciò via ogni incertezza e si decise a rispondermi. «Io penso che ad Alex questo serva per risistemare alcuni tasselli della sua vita incastrati in malo modo... ti capisco, dico davvero, e non penso che tu debba sentirti cattiva o sbagliata perché non vuoi lasciare il tuo lavoro o non vuoi costringere altri a farlo per te...» si zittì per un attimo, pronta a scatenarmi contro quel "però" grande quanto una casa. «Però... devi lasciarlo andare... questa pazzia devi fargliela fare. Non seguirlo se non vuoi o se non puoi, magari potete parlare e concordare una data di rientro prima della partenza, ma lui deve avere la possibilità di conoscere meglio suo padre...»

Hug Me - Ciò Che Rimane Di Noi #2 (Completa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora