40. Perdonami

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Eravamo al confine di New Orleans da ben due ore, ma sapevo che, appena entrata, mi sarei sentita uno schifo. Ero tornata in me, ma il male che avevo fatto era permanente, rimaneva lì a torturarmi. <<Dovremmo entrare>>, ripeté Damon per l'ennesima volta. Facevo finta di non sentirlo e gli feci centinaia di domande. Rispose a tutte e poi mi prese per mano e finalmente entrammo. L'odore della presenza dei Mikaelson mi stordí. Com'era possibile sentire una presenza ad una tale distanza? Ma, ovviamente, Damon rispose anche a quella. Cammimammo lentamente, come persone normali, ma il fatto era che di normale non avevamo nulla. Avevo la maglietta sporca del sangue dell'ultima vittima. Ricordo che era una ragazza molto bella: alta, mora e occhi verdi. L'odore della mia maglia mi faceva venir fame, ma appena abbassai lo sguardo sui miei jeans, mi venne il volta stomaco. Non erano più jeans, erano diventati un piatto su cui servire persone e bere Bourbon. Non eravamo molto lontani, ma sentivo la necessità di cambiarmi. Cercai di dire a Damon che sarebbe stato meglio tornare da mia madre e prendere la mia roba, ma lui insistette dicendo che sicuramente i miei vestiti erano ancora al palazzo. Per essere me stessa avevo bisogno dei miei vestitini e dei miei lunghi capelli che mi accarezzavano la schiena. Sul portamento e l'eleganza, somigliavo molto a mio padre, ma cosa importava se poi lui non mi parlava nemmeno? <<Eccoci>>, disse quando eravamo proprio difronte al grande cancello e qualche secondo dopo, Klaus era difronte a me. Guardò Damon, che fece un segno impercettibile con la testa e poi guardò di nuovo me, con la rabbia nel viso e la tristezza negli occhi. Corsi ad abbracciarlo e scoppiai a piangere. I miei singhiozzi fecero eco tra quelle mura. Klaus mi strinse forte a se e, per la prima volta da quando lo conoscevo, lo vidi piangere. Non era il Klaus che avevo incontrato a quella festa, ma era un Klaus vero, pieno d'amore e di perdono. Sapere che Klaus mi avrebbe perdonata, era un gran passo avanti. <<Perché lo hai fatto?>>, mi chiese mentre ancora mi stringeva a se. <<Ero stanca di starci male per voi, per Stefan e, soprattutto, per Elijah. Lui più di tutti mi ha fatto del male. Ma non importa, ok? Tu mi perdoni, zio?>>, gli chiesi e lui mi strinse ancora di più. <<Piccola mia, come non potrei perdonarti? Sei sangue del mio sangue. Sei la mia dolce nipotina. Sei la mia famiglia. Sempre e per sempre.>>, e quella risposta fu la pace eterna per la mia anima tormentata. Per la prima volta, aveva rivolto la promessa dei Mikaelson anche a me, la promessa della famiglia. <<Gli altri non sono a casa. Tu vai pure in camera tua, ci sono ancora alcuni dei tuoi vestiti>>, si staccò da me e mi sorrise. Mi fece segno di salire di sopra e mentre entravo nella mia stanza, vidi che lui parlava con Damon. Mi diedi una ripulita e mi tolsi di dosso l'odore di sangue snervante. L'acqua che mi scorreva giù per il corpo, era una delle sensazioni più piacevoli che avessi provato da quando ero tornata in me. Quando mi asciugai, indossai uno dei miei vestitini neri e un paio di tacchi. Ero tornata in me. Tornai sotto da Klaus e appena mi vide sorrise. <<Sempre elegante come tuo padre>>. Quella affermazione mi fece sorridere, sapevo che quel tratto lo avevo ereditato da Elijah. Damon mi fissava sorridente, anche lui si era cambiato, ma come al solito, indossava la sua dolce giacca di pelle nera. <<Beh, aspettiamo il resto dei Mikaelson>>, affermò Damon e Klaus ci invitò a sedere con lui. Avevo amato mio zio sin dalla prima volta che lo avevo visto. E Damon era qualcosa di diverso, qualcosa di speciale. Ero fortunata, stavo meglio, ma non bene. Ero tormentata dalle anime che avevo rubato.

The Originals ~ Speranza e DestinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora