26 - Imprevisti

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Finalmente ho imparato Ride, c'è voluto parecchio per ricordare tutto il testo per filo e per segno, ma alla fine non ho deluso le aspettative di Oliver, che era certo del mio successo.

«Mi dispiace ragazzi, oggi non ho proprio il tempo per fermarmi, ci vediamo domani!» scappa via Michael dopo le prove. Ray e Libby sono spariti chissà dove, quando mi sono girata non c'erano più.
«Ma che hanno tutti?» mi guardo intorno, c'è un'atmosfera più frenetica. Oliver sta sistemando gli strumenti al loro posto, io penso a spegnere le luci e staccare la presa del microfono. 

Lui mi rivolge uno sguardo confuso, poi sentiamo delle urla.

«Vi ho detto che non potete stare qui! Brutti scanzafatiche! Un favore vi avevo chiesto, solo per oggi! E voi? Voi niente! Stupidi ragazzini maleducati!».

Ma che diavolo...

Mi sporgo di poco dalla porta dell'aula e vedo Demetrius che sbraita.

«Che succede?» Oliver mi raggiunge e io gli faccio cenno di abbassare la voce.

«Non lo so, ma se ci vede probabilmente assaggeremo un po' di ruggine da quell'affare» dico riferendomi al rastrello che sta tenendo in mano il custode impazzito.

«C'è anche scritto su quel maledettissimo foglio "IN GIORNATA VENTISEI FEBBRAIO SI PREGANO GLI STUDENTI DI NON SOSTARE PER I CORRIDOI DEL TERZO PIANO DOPO LE LEZIONI DI MUSICA CAUSA DERATTIZZAZIONE E PULIZIA GENERALE". O non sapete nemmeno leggere forse?!» la sua voce mette veramente paura. Non so se sia il caso che faccia in questo modo, fatto sta che sembra parecchio arrabbiato.

«È proprio qui davanti, che facciamo?»
«Qualsiasi cosa tranne che uscire di qui» mi tira leggermente indietro e cercando di fare meno rumore possibile chiude la porta.

«Mi sa che rimarremo qui per un bel po', almeno fino a quando non se ne vanno tutti» io annuisco. Questa volta scrivo immediatamente un messaggio a mio fratello dicendogli che farò tardi oggi.
"Devi chiamare la mamma e dirglielo, sono fuori città" risponde, io sbuffo «Devo chiamare mia madre» avviso Oliver, «Okay, ma non parlare troppo forte o ci scopre». 

Dopo qualche squillo risponde.

«Mamma» dico al suo "pronto" sempre preoccupato quando la chiamo ad orari strani.

«Tesoro, tutto okay?» 
«Sì, ti volevo dire che oggi tornerò a casa un po' più tardi, mi hanno bloccata a scuola per un problema»

«Va bene, ma è grave? Che problema?» io sospiro, perché sentendomi sussurrare non capisce che non posso stare al telefono?

Mamme.
«Ti racconto appena torno, tu non ti preoccupare» e senza darle il tempo di replicare chiudo la telefonata. Raggiungo Oliver che nel frattempo si era seduto affianco alla porta, mi siedo anch'io ed incrocio le gambe. 

Che situazione strana. Noi due, da soli, in un'aula insonorizzata del terzo piano vuoto.
Non so se quello che sento sia imbarazzo o che altro, so solo che nessuno dei due dice niente, siamo semplicemente seduti uno accanto all'altro in silenzio, aspettando che Demetrius vada via, chissà quando. Ma se ripenso che qualche ora prima ero in lacrime per colpa di Will, in confronto adesso sono in paradiso.

«Lo senti?» mi chiede ad un tratto continuando a guardare di fronte a sè. Io inarco un sopracciglio «Cosa?».
«Questo suono, ascolta bene» io provo a concentrarmi, non si sente nulla. D'altronde si chiamano pareti insonorizzate non per niente. «Non sento niente» dico cercando di capire cosa stia sentendo lui, è forse impazzito?
«Va bene, aspetta» si sposta più vicino a me e lascia scivolare entrambe le sue mani ai lati del mio collo, provocandomi dei brividi, dopo di che si sposta delicatamente sulle mie orecchie a mo' di cuffie «Chiudi gli occhi» sussurra, io titubo per un po' «Fidati» faccio come mi dice, «Adesso concentrati e dimmi cosa senti».
Il mio cuore batte freneticamente, non so cosa mi stia succedendo, ma adesso lo sento.

Sento il ritmo delle pulsazioni, sento il mio respiro, il contatto con le sue mani. Senza aprire gli occhi sorrido «Lo sento anch'io il suono» mormoro un po' in imbarazzo.

 «Che suono senti?» la sua voce risuona come se lui fosse nella mia mente, nei miei pensieri.
 «Il silenzio» rispondo, e non so perché ma quasi non mi manca il fiato.

Rimaniamo così per un po', lui non dice nulla, ma è come se lo sentissi lo stesso, chiaramente, poi sempre avvolta dal silenzio e da brividi che percorrono ogni centimetro della mia pelle, il suo viso si avvicina al mio e lentamente le nostre labbra si sfiorano. È un contatto leggero, stiamo giocando ed io non accenno ad aprire gli occhi, mi sento bene. Davvero.

Non posso fare a meno di sollevare, in un impercettibile sorriso, gli angoli della mia bocca. Lo sento fare lo stesso, poi si allontana di poco. Sta per ritrarre le mani quando lo blocco accarezzando le sue nocche, e in meno di mezzo secondo le nostre labbra si rincontrano di nuovo, e poi ancora ed ancora.
Non riesco a capire per quale ragione io lo stia facendo. Mi ero ripromessa di darmi tempo, di aspettare e non pensare ai ragazzi per un po', ma Oliver mi trasmette quella sensazione inspiegabile di serenità, sicurezza e dolcezza, che non riesco a resistergli e stargli lontana. 
Le sue dita si intrecciano alle mie e i nostri respiri si fanno più affannati, improvvisamente si sente un rumore provenire dal corridoio e la meravigliosa atmosfera che si era creata, viene spezzata in meno di un secondo. 
«Cos'è stato?» chiedo aprendo gli occhi dopo un sobbalzo.

«Forse Demetrius se n'è andato» Oliver si solleva da terra e mi porge una mano, io la afferro e a quel contatto i nostri sguardi si incrociano.

Riecco quella sensazione, il cuore che batte veloce, i brividi, lo stomaco in subbuglio, il cervello aggrovigliato in mille pensieri sconnessi.

«Dobbiamo andare, ora o mai più» dice a malincuore raccogliendo il suo giubbotto da terra. Io indosso il mio cappotto, esco fuori i capelli dal colletto e lo prendo per mano.

«Facciamo piano, ma in fretta, okay?» fa, poi apre la porta ed in fretta raggiungiamo le scale, per scenderle più veloci della luce ed arrivare nell'atrio trafelati.

«Jane» cerca di riprendere fiato «Senza offesa ma uno di questi giorni dovresti venire a correre con me» fa. Io sgrano gli occhi e spalanco la bocca fingendomi offesa «Stai dicendo che sono una rammollita?»

«Lo stai dicendo tu» alza le mani in segno di resa.

«Oh davvero? Vediamo chi è il rammollito adesso!» inizio a prenderlo a colpi di zaino, ovviamente vuoto, perché prima di andare al corso avevo già posato tutti i libri nel mio armadietto. Cerca di parare i miei colpi poi afferra lo zaino e mi tira a sé.
Il mio viso e di nuovo a pochi centimetri dal suo, lui sogghigna «Sei bella anche da rammollita».                   

The rhythm of loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora