43 - Ti vogliamo bene

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Jane's pov

Apro gli occhi lentamente, cercando di abituarmi alla luce bianca d'ospedale che proviene dall'alto. 
Mi fanno male i polsi, la schiena ed uno zigomo, ho anche delle fitte alla testa e sento i miei occhi gonfi ed umidi. 

Pian piano mi torna in mente tutto ciò che mi è accaduto poche ore prima ed automaticamente stringo con una mano il lenzuolo del lettino. 

Quelle risate sadiche, le loro mani su tutto il mio corpo, la lingua umida e disgustosa, i vestiti che a poco a poco mi venivano strappati via di dosso... stringo anche i denti. Mai nella mia vita mi sono sentita tanto violata, tanto sporca, tanto sola e spaventata. 

Dopo qualche minuto, arco di tempo in cui realizzo di non essere più in pericolo, faccio scivolare via le lenzuola e scopro le parti doloranti per rendermi conto di quanto gravi siano i danni. 
Ho un taglio netto dietro il polpaccio e varie piccole ferite lì attorno, devo essermeli fatti mentre mi trascinavano per terra. 

Passo alla schiena, provo a girarmi e noto che ho un livido enorme e violaceo dalle parti del coccige... ecco che mi torna in mente il momento esatto in cui mi venivano sfilati gli slip. Rabbrividisco e mi viene un nodo in gola, ma vado avanti. 
Ho dei succhiotti sulla pancia, faccio una smorfia disgustata e gli occhi mi si posano sui polsi martoriati e circondati da due strisce rosse, ormai sul bordeaux. 
Non ho più lacrime, sento di aver pianto troppo e di averle consumate tutte. Ho la sensazione di dover piangere, ma non ci riesco. Tengo duro e con la mia mano tasto la mia guancia, è come se avessi ancora la scarpa che mi schiaccia al suolo... sono sensazioni che non spariranno con uno schiocco di dita da un momento all'altro, mi sa. 
In tutto ciò non mi accorgo che Oliver è accanto a me e probabilmente c'è rimasto per tutto il tempo, dormiva.

Non appena mi vede seduta si avvicina a me con la sedia, senza fare rumore. 

«Da quanto tempo sei sveglia?» mi chiede apprensivo, ha l'aria distrutta...
«Non da molto..» mormoro, è la prima volta che parlo dopo quello che è successo, temevo che mi fosse andata via la voce.

«Pensavo mi odiassi» ammetto chiedendomi perché mi stia così vicino nonostante quello che gli ho fatto, nonostante io lo abbia tradito.
«E perché dovrei?» fa con un sorriso spento «Mi sono comportato male con te e voglio chiederti di perdonarmi» continua, io sono confusa, molto confusa.

«Tu non hai fatto niente, la colpa è stata mia... non mi sarei mai dovuta ubriacare quella sera e soprattutto non avre-»

«Tu e Justin non siete andati a letto insieme» mi interrompe prendendomi le mani con delicatezza.
Eh?
«Ieri sera Justin è venuto a raccontarmi tutto... in realtà non è successo niente, è stato lui a fartelo credere»
«Quindi...» resto ferma per qualche secondo, poi scoppio in lacrime e nel frattempo rido. Starà pensando che io sia diventata pazza, sicuro, ma non mi importa, in realtà non sto riuscendo a controllarmi.

«Ho sentito la tua mancanza per settimane, per colpa di una bugia» dico continuando ad essere divisa tra riso e pianto, poi mi fermo. Ho le guance rigate dalle lacrime ed un'aria sollevata, non sto più singhiozzando e ridacchiando come una squilibrata, mi sono solo fermata a guardarlo negli occhi.
«Mi sa che mi sono innamorata di te» dico ad un tratto con tranquillità, come se mi fossi appena accorta che Oliver sia l'unica persona al mondo in grado di farmi bene, di farmi stare bene veramente. In realtà lo sapevo già da tempo, mi serviva solo il momento giusto per parlargli.
Anche lui mi guarda dritto negli occhi «Pensa te... io ieri sera mi sono sentito morire sapendoti in pericolo» poi mi accarezza la guancia non arrossata con la mano e si avvicina al mio viso.

«Non ti lascerò mai più sola, te lo prometto Jane» sussurra strofinando il suo naso contro il mio, io sorrido e lo bacio, poi qualcuno entra in stanza.

«Ti sei svegliata! Ragazzi è sveglia!» è Ray, euforico, che gesticola vistosamente sullo stipite della porta verso il corridoio. Alle sue spalle compaiono poi anche Michael, Libby, Chris e Megan, che non appena mi vede inizia a piangere e mi si fionda addosso per abbracciarmi.

«Oh mio dio Jane stai bene? Giuro che se li prendo io gli stacco il p-» si blocca poi guardando Chris, sorride nervosamente e riprende a guardare me «Però l'importante è che tu adesso stia bene, mi stava venendo un infarto appena ho saputo cosa ti era successo» fa continuando a piangere. Ecco perché è la mia migliore amica, l'ho trovata psicopatica come me.
«Siamo contenti che tu adesso sia di nuovo qui con noi» dice Michael «Abbiamo passato delle ore terribili, ti vogliamo tutti un gran bene» fa mentre Libby annuisce e Ray mi guarda come se avesse visto un cucciolo molto tenero.
Io sorrido e li ringrazio, poi alle loro spalle scorgo Nick, con un vassoio in mano pieno di bicchieri con caffè per tutti. Vedendomi sveglia in un primo momento ha pensato di venire di corsa ad abbracciarmi, ma si è accorto di stare tenendo il vassoio, così si è bloccato e ha titubato cercando un posto dove poggiarlo, in quello stesso istante passa un'infermiera accanto a lui, e glielo lascia tra le braccia, poi finalmente lasciandosi alle spalle lo sguardo perplesso di quella, viene verso di me.

«Non puoi immaginare cosa ho provato quando sono tornato e non ti ho trovato a casa» fa stringendomi «Poi mi ha telefonato Oliver e mi ha detto tutto... io li ammazzo» stringe i pugni e si allontana un po'.

«Non preoccuparti, ci hanno già pensato Oliver e... Will» mi guardo intorno cercando il suo volto, ma lui non c'è.
Vorrei ringraziarlo.

Nonostante ciò che mi ha fatto, quando ha scoperto che quei due volevano farmi del male non ha esitato a volermi proteggere, anche a costo di passare lui per il cattivo della situazione.

«Non pensare più a niente, riposati e basta. Oh e te lo farò sapere io personalmente quando arriverà il nuovo microfono!» dice Libby rimboccandomi le lenzuola, io sorrido «Grazie Libby».

«Mamma e papà torneranno domani, erano anche loro preoccupatissimi ovviamente... mamma era sconvolta, papà nonostante non ci fosse il volo aveva pensato di venire qua dalle Hawaii nuotando» ridacchia, io faccio lo stesso, poi lui continua «Li chiamo io, adesso riprenditi».                    

    

                



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