27 - Stomp!

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Chiudo la porta d'ingresso dietro le mie spalle, ho ancora un sorriso da ebete stampato sul viso e non riesco a togliermi dalla testa quello che è successo poche ore fa. 
«Alla buon'ora Jane!» esclama mia madre dalla cucina, io la raggiungo e mi lascio cadere su una delle sedie sfinita, sotto il suo sguardo curioso.

«Avresti dovuto vedere la scena» inizio a raccontare, mentre lei mi porge una tazza di cioccolata «Avevamo appena finito le prove in una delle aule, e ad un certo punto il custode ha iniziato a urlare come un indemoniato in corridoio tenendo in mano un rastrello»
«E quindi sei rimasta lì dentro?» accenna una risatina, io annuisco «Ma che aveva?»

«Non lo so, parlava di derattizzazione e robe del genere» lei si siede di fronte a me con sguardo ammiccante «C'era qualcuno lì con te o eri da sola?» io per poco non mi affogo.
Sto arrossendo ne sono certa.

«Oliver» dico cercando di mantenere un tono serio «C'era anche lui».
«Il biondino! Il biondino vero?» mi chiede espandendo il suo sorriso, io mi imbarazzo ancora di più «Sì mamma» tento di nascondere la mia faccia dentro la tazza, ma nemmeno lì dentro si può sfuggire al suo interrogatorio da "io sono la tua Lorelai Gilmore, puoi dirmi di tutto".
«E che avete fatto?» ecco lo sapevo.

«Cosa c-che cosa avremmo dovuto fare?!» sbotto, che situazione assurda.
«Boh, dimmelo tu» solleva le spalle, io mi alzo per evitare ulteriori domande scomode «Siamo solo amici mamma, non farti film» mi giro per evitare di mettere troppo in mostra la mia espressione sconvolta e a passo svelto raggiungo le scale.

Una volta nella mia stanza trovo James appallottolato sul mio letto.

«Ciaaaaao batuffolo pelosetto» cantileno con una voce ridicola, tipica di chi è profondamente intenerito da un animaletto carino.
Inizio ad accarezzarlo, mi sa che devo delle scuse pure a lui ora che ci penso.

«Mi dispiace di averti mandato da quell'idiota, sembrava tanto simpatico...» è chiaro ormai il fatto che io sia pazza per parlare con così tanta nonchalance con il mio coniglio, non importa, poi mi avvicino di più alle sue orecchie e sussurro «In realtà è solo uno stronzo, ma tu zitto eh, non si dicono le parolacce» gli do qualche leggero buffetto affettuoso sulla testolina, che cosa mi aspetto forse? Che mi risponda?
«Sai, dovresti conoscere Oliver, lui sì che è un tipo apposto... oh se lo è...».
Devo fare la doccia, quanto tempo ho?
Guardo l'orologio: 19:55, cinque minuti!
Velocemente entro in bagno. Mi rilasso subito sotto il getto dell'acqua calda, ma senza neanche avere il tempo di canticchiare qualche canzone sento la voce di mia madre urlare dal piano di sotto «Jay, a mangiare! È tornato papà!» sbuffo, finisco di sciacquarmi i capelli insaponati e dopo aver indossato il pigiama in fretta e furia mi catapulto di sotto.


Ore 03:40 


Stomp. 
Mi rigiro sotto le coperte, sarà tornato Nick.

Stomp.

Apro gli occhi e cerco di capire senza alzarmi dal letto cosa sia questo rumore.

Stomp.

«James smettila» mugugno.
Stomp.  
Capisco che il rumore proviene dalla finestra e ancora assonnata barcollo verso questa.

All'ennesimo stomp vedo qualcosa sbattere nel vetro, così apro e trovo una sagoma in giardino. 
«Finalmente!» fa a bassa voce «Si gela qua fuori!»

«Megan?» serro gli occhi a fessura per vedere meglio «Che ci fai qui?!» cerco di fare piano anch'io.
«Mi fai entrare o dobbiamo continuare a parlare in questo modo?!»
Giusto. Le faccio segno di fare il giro e in punta di piedi percorro il corridoio buio e scendo le scale, poi apro la porta e mi ritrovo davanti una Megan tremante e infreddolita, e molto agitata.

Le faccio togliere il cappotto «Vuoi qualcosa di caldo?» chiedo cercando di capire che problemi abbia per fiondare qui alle tre di notte. 

«No grazie, i tuoi potrebbero svegliarsi, andiamo in camera tua».

Ci sdraiamo una accanto all'altra fissando il soffitto.

«È già venerdì» dice picchiettando con le dita sul dorso della mia mano.

«Lo so» dico ricordandomi che sul cellulare ho circa una ventina di messaggi di Megan con su scritto "Domani è venerdì".
«Non riuscivo a dormire, pensavo e ripensavo, sono troppo nervosa»

«Devi stare tranquilla, cosa può andare storto?» mi giro su un fianco a guardarla, lei gonfia le guance a palloncino, poi soffia «Non lo so, ma ho questa sensazione che non se ne va... è un po' come... come quando hai paura del buio e qualcuno decide di farti il pessimo scherzo di chiuderti in una stanza senza luci in piena notte, come se stesse per succedere qualcosa di brutto»  

«Ma dai, ti pare? Non puoi lasciarti condizionare soltanto da un'impressione che hai»

«Lo so, hai ragione... scusa se sono piombata qui all'improvviso e ti ho svegliata» sporge il labbro inferiore, io sorrido «Figurati»
«Ehy, ehy, tu hai qualcosa da dirmi» si gira su un fianco anche lei, e con lo stesso sorriso malizioso di mia madre inizia a fissarmi.

«Io? No, cosa te lo fa pensare?»

«Forse il fatto che normalmente mi avresti uccisa in circostanze come questa» io roteo gli occhi e sospiro «E va bene... c'è stato un altro... bacio» dico notando la sua espressione cambiare.
«Con Oliver?» chiede stringendo le labbra tra i denti soffocando una risata soddisfatta.

«Con Oliver»
«Ma quindi... cosa siete adesso? State insieme?» eccola la fatidica domanda, aspettate che me lo segno. Alle ore 04:13 di un gelido venerdì di febbraio, Jane fu segnata dal marchio del "E adesso cosa siete?". Eh, cosa siamo.
Per quanto ne so siamo amici, ottimi amici. Compagni di scuola, a volte di classe, membri di una stessa band. Mi copro il viso con entrambe le mani e pronuncio un "non lo so" biascicato. 

«Sul serio non ne avete parlato? Siete già al secondo bacio, state aspettando di fare tre figli e poi "Ehy Oliver, adesso stiamo insieme?" "Ma sì dai"»

«Non prendermi in giro, non è semplice... ti ricordo che fino a l'altro ieri gli ho detto di restare amici»
«Tu lo vuoi solo come amico?» mi domanda quindi, dovevo aspettarmi anche questo.
«Ad essere sincera non riesco a capire cosa provo per lui. Un giorno non posso fare a meno di guardarlo e pensare a quanto sia bello, con un fisico perfetto e... l'altro invece penso "che cosa ne posso sapere io dell'amore?" ed ecco che tutto mi crolla addosso»

«È normale, nessuno può sapere cos'è l'amore specialmente se alla sua prima esperienza è stato preso in giro da uno stronzo» io annuisco, in effetti è vero.
«Non dirmi che è un altro "dai tempo al tempo" ti prego» dico disperata, ma questa volta lei ridacchia «No, stavolta è più un "Fai ciò che ti senti, goditi le belle esperienze e impara da quelle brutte"» fa.

«Da quando sei diventata così saggia?» appoggio la testa sulla sua spalla, lei la solleva di poco e ridacchia «Sarà l'aria del venerdì».                                                              




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