41 - Priorità

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Sono sdraiata sul sedile posteriore dell'auto, uno di quei due è seduto dietro con me e mi tiene i polsi stretti l'uno all'altro, sulle sue gambe.

Sto piangendo ininterrottamente, non riesco a fermarmi... mi bruciano gli occhi.

Ho la gola secca e tremo.

«Vuoi stare zitta?» mi fa brusco strattonandomi mentre non riesco a contenere i singhiozzi e i lamenti di dolore. Sento come se i miei polsi stessero andando a fuoco, ma per paura cerco subito di tapparmi la bocca ed il respiro dal naso si fa  più intenso.

«Avanti piccola, manca poco» fa quello alla guida come in fermento.

«Già non la sopporto più, adesso capisco perché Will l'ha mollata»

«Pensa a quando le avrai tolto tutti quei bei vestitini che si porta addosso»
«Hai ragione, sbrigati allora»

«Amico, sto facendo quello che posso, non voglio morire per un incidente proprio adesso» parlano tra di loro come se non ci fossi. Vorrei avere la forza di liberarmi dalla sua presa e scappare via, anche a costo di gettarmi dalla macchina in corsa, ma mi sento estremamente debole e ormai quasi non ci vedo più per via della quantità di lacrime che sono scese.

Adesso capisco perché Will mi è stato addosso tutto il tempo, lui sapeva delle loro intenzioni, aspettavano solo di trovarmi da sola ed io mi sono servita sul piatto d'argento.

Non sono brava nemmeno a prendere decisioni.

Durante il tragitto nella mia testa penso a mille modi in cui Oliver possa venire a salvarmi, riesco a pensare a lui anche in questa situazione. Come quando eravamo nel bosco vicino alla centrale elettrica, quel tizio ubriaco e strafatto si stava avvicinando a me, e lui è arrivato lì da me a proteggermi.
Ma non è più così e non lo sarà mai. 
Inizio a temere che lui sia contento vedendomi sparire per sempre dalla sua vita. 
«Siamo arrivati» fa quello al volante.

Poco dopo l'auto si ferma e quando si apre lo sportello mi sento trascinare ancora una volta.
Bocca tappata e mani bloccate, così camminiamo in una stanza buia. Non riesco a capire dove siamo, anche perché non riesco a ragionare.
Ad un tratto vengo spinta per terra, e mi ritrovo sdraiata sul pavimento, con il coccige dolorante per via della botta.
I miei singhiozzi si fanno sempre più forti, questa volta non riesco a trattenermi.


Justin's pov    


Ho ricevuto una chiamata di lavoro, devo partire domani.

Ho già valigia pronta, ma sono ancora seduto sul letto a fissare una foto su facebook che ritrae Jane insieme a quel ragazzo, Oliver. 

Sembrano felici, hanno stampati due sorrisi invidiabili sui loro volti, mi sento in colpa. 

Dovrei andare a dirglielo, prima che sia troppo tardi, alla fine è solo a causa mia se lei sta soffrendo e lui non le rivolge più la parola... 

Che faccio, che faccio... 

Potrebbe spaccarmi la faccia, ne sono consapevole, ma devo andare. 

Finalmente dopo minuti e minuti di riluttanza mi decido a contattarlo via chat.
"Devo parlarti di Jane, è urgente" scrivo sperando di convincerlo subito. Come speravo risponde dopo due minuti e riesco ad ottenere il suo indirizzo. 
La confusione che trovo mi innervosisce ancora di più, ma sto per liberarmi di un peso, in fondo non sono una cattiva persona, l'ho fatto solo per divertimento e mi sto sentendo molto stupido. 

Conosco la via in cui abita Oliver fortunatamente, è la stessa in cui abitavo io qualche anno fa, così riesco a muovermi tra le strade senza problemi e finalmente arrivo. 
Lo trovo seduto sulla staccionata del suo giardino ad aspettarmi con le braccia incrociate, a passo deciso mi avvicino a lui. 

«Sono Justin» dico per cortesia porgendogli la mano, ma lui mi guarda perplesso «Lo so chi sei, taglia corto» fa.
Bene.

«Io e Jane non siamo mai andati a letto insieme» dico, lui cambia espressione ed aggrotta le sopracciglia «Spiegati meglio».

«Quella sera era ubriaca, è andata a dormire ed io ammetto che l'ho seguita sperando di poter fare qualcosa, ma era già nel mondo dei sogni, così ho lasciato perdere e mi sono addormentato anch'io» noto i suoi lineamenti ammorbidirsi mentre parlo.

«Allora perché... cioè, perché ha detto di aver fatto sesso con te quando...» sembra confuso, ma sollevato.

«Perché gliel'ho fatto credere io» rispondo secco, mi rendo conto sempre di più di quanto io sia una testa di cazzo.

«Lo capirei se tu adesso mi dessi un pugno» dico mettendo le mani in tasca, ma con mia sorpresa lui sorride «Certo, lo capirei anch'io, ma adesso ho qualcosa di più importante da fare».

Oliver's pov    

Devo andare da lei, devo chiederle di perdonarmi, mi sono comportato da stronzo. Le devo dire che mi manca, che voglio abbracciarla, baciarla e stringerla a me fino a domani mattina, non posso aspettare. 

Questa, caro Justin, è la notizia migliore che tu potessi darmi oggi, ma resti coglione. 

Corro come un matto verso casa di Jane, indosso solo una maglietta e dei jeans, con questo freddo potrei morire congelato, ma mi sento euforico e ho caldo. 
Ecco che scorgo casa sua, mi fiondo in giardino e facendo un bel respiro suono il campanello.
Non sto nella pelle, sembro un pazzo appena uscito dall'ospedale psichiatrico, ma sono maledettamente felice. 

Non apre nessuno, quindi decido di suonare una seconda volta. Mi allontano un po' e noto che tutte le luci sono spente, poi sento una voce alle mie spalle.

«Che succede?» domanda Will comparendo dietro di me con aria preoccupata.
«Che vuoi?» dico innervosito non capendo il motivo della sua comparsa proprio adesso.
«Non apre nessuno? Cioè, Jane non c'è?» domanda ancora lui agitato.

«No ma mi spieghi che cazzo di problemi hai?» faccio io di rimando, insistendo.

«Merda!» fa allora passandosi nervosamente le mani tra i capelli, mi sta facendo preoccupare.

«Dobbiamo andare a cercarla, è successo un casino!» continua in preda al panico.

Allora inizio ad innervosirmi anch'io: «Che casino? Mi vuoi spiegare per favore che cazzo succede qui?!». 




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