Capitolo 31

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David's POV
Il mattino seguente arrivammo a San Francisco e attraverso il localizzatore riuscimmo a trovare Margaret proprio nella casa di suo padre. Chiesi ai poliziotti se potevo entrare da solo e mi diedero il consenso, così suonai il campanello e poco dopo mi venne ad aprire una donna.
«Salve signora, sono David, il fidanzato di Margaret, ho bisogno di vederla, può farmi entrare?» lei con rassegnazione mi fa entrare.
«Dov'è? Devo parlarle» cerco con lo sguardo in tutta la casa, ma non la vedo.
«Ora sta dormendo, forse è meglio che non vi vediate...sta molto male» mi dice dispiaciuta.
«Signora, mi creda, io non le ho fatto niente, c'è qualcuno che continua a farci separare, ma lei non vuole credermi e mi incolpa di tutto quello che sente. La prego, la faccia ragionare, dille che io la amo immensamente e che non l'ho mai tradita o mancata di rispetto. Sono anche venuto fin qui con la polizia perché temevo di averla persa» dico con gli occhi pieni di lacrime.
«Caro, vedrai che tutto si sistemerà, non preoccuparti! Ma ora vai, ha bisogno di riposarsi, cercherò di farla ritornare a Los Angeles per stasera, d'accordo?» mi accarezza il braccio.
«Grazie mille, davvero, voglio che capisca che al mio fianco avrà tutto l'amore del mondo. Arrivederci!» la abbraccio ed esco dalla casa guardando la finestra della sua camera, sperando di incrociare i suoi occhi, ma l'unica cosa che vedo è la tenda bianca che si muove leggermente.

Margaret's POV
Incontrai il suo sguardo malinconico attraverso quella tenda che copriva il mio volto e i miei sentimenti, avevo sentito tutto, David era venuto a cercarmi con la polizia, aveva paura di perdermi, nessun altro uomo farebbe una cosa del genere.
Mentre lo stavo vedendo allontanarsi, sento la porta della mia camera aprirsi, mi giro e vedo Anna tenersi il ventre ormai evidente.
«Hai sentito tutto, non è vero?» mi domanda compiaciuta.
«Sì, non posso credere che sia venuto fin qui con i poliziotti» dico stupita.
«Era molto preoccupato, aveva gli occhi lucidi, si vede che ci tiene tantissimo a te»
«Io...non riesco più a fidarmi completamente di lui, non voglio soffrire ancora, perciò non credo che lo perdonerò facilmente questa volta» dico scendendo in cucina, con lei al mio seguito.
«Dovresti ritornare a casa e magari vedervi e chiarire su quello che vuoi tu e quello che vuole lui da questa storia»
«Ritornerò a casa, ma ho bisogno ancora del tempo per riflettere, poi prenderò una decisione, preferisco non vederlo per un po di tempo» dico convinta.
«Va bene figliola, dai ora facciamo colazione che questa creaturina non ne vuole sapere di stare ferma» dice riferendosi ai calcetti che da il piccolo/a. Oggi pomeriggio l'accompagnerò in clinica per l'ecografia che ci dirà se è un maschietto o una femminuccia.

Arrivate le 15:30 la dottoressa chiama il suo nome e insieme entriamo in ambulatorio, la fa stendere sul lettino e comincia a spalmargli il gel sulla pancia, dopo di che con la macchina dell'ecografia percorre tutta la pancia finché nel monitor del computer appare la figura di un bambino ancora non formato del tutto.
«Ecco il suo bambino, tra poco dovremmo riuscire a vedere se è un maschietto o una femminuccia» dice la dottoressa, mentre Anna guarda lo schermo sorridendo.
Ripenso a quando ero rimasta incinta, se quel bambino fosse stato di David, ora potrei anche io trovarmi distesa su questo lettino con l'emozione nel cuore per la mia prima ecografia, avrei David al mio fianco che mi stringe la mano e attende con ansia che si inizi a vedere un fagiolino che dorme dentro al mio ventre. Un giorno succederà, me lo sento, presto avrò la famiglia che ho sempre sognato.
La voce della dottoressa mi risveglia da quelle immagini stupende che mi passavano per la mente.
«Signora, è un bel maschietto!» Anna comincia a piangere di gioia, anche se io volevo una femminuccia, sono comunque felicissima per lei, era quello che desiderava, chissà cosa dirà papà quando lo scoprirà, sicuramente salterà di gioia. Quando Nate era piccolo, lo portava sempre con se, ovunque andava, a pesca, a caccia, in campagna a raccogliere le fragole, mentre io rimanevo con la mamma ad aiutarla a preparare le mille torte che faceva. Non vedo l'ora che nasca così lo posso riempire di baci e portarlo nel passeggino, mi sento così gioiosa nel sapere che tra poco avrò un altro fratellino anche se di mamma diversa.

Quando uscimmo dall'ambulatorio l'abbracciai forte e mi congratulai, dopo di che tornammo a casa.
Le continuai a chiedere come l'avrebbe chiamato ma mi rispondeva sempre che lo decideva quando l'avrebbe guardato negli occhi e che anche papà era d'accordo.

Quando papà tornò dal lavoro e gli disse la notizia, scoppiò a piangere e non smetteva di riempirla di baci, era molto contento, sono felice che abbia trovato la felicità in lei, con mamma, purtroppo, era destino che non funzionasse, ma basta che entrambi siano felici e tutto va a meraviglia.

Verso la sera presto decisi di ritornare a casa, per non creare altro disturbo soprattutto in questo giorno speciale, così dopo averli salutati e dato un forte bacio al pancione di Anna, accesi la macchina e partii per Los Angeles.

Quando arrivai erano le 22:00 e dopo aver abbracciato mia madre che si era preoccupata per la mia scomparsa e Nate, uscii fuori, volevo fare una passeggiata per schiarirmi le idee.
Senza accorgermene mi ritrovai davanti all'hotel dove alberga Jeremy e senza pensarci due volte entrai e chiesi la sua stanza.
La raggiunsi in poco tempo e ansiosa bussai alla porta, poco dopo aprì e mi guardò sorpreso.
«Margaret! Che ci fai qui?»
«Posso entrare?» chiedo abbassando la testa.
«Certo, vieni» entro in quella piccola stanza con un solo letto matrimoniale e una porta-finestra che da sulla strada trafficata di macchine e taxi.
«Stai bene?» mi domanda preoccupato.
«Sì, sto bene...volevo chiederti scusa per come mi sono comportata con te» lo guardo negli occhi.
«Tranquilla, ti capisco...eri confusa» mi fa un mezzo sorriso.
«Ho bisogno ancora di riflettere, è difficile tutta questa situazione» metto la testa tra le mani, l'unica cosa che vorrei ora è un abbraccio confortevole, e come se mi leggesse nel pensiero, esaudisce il mio desiderio e togliendomi le mani dal viso mi abbraccia forte, senza dire niente, solo i nostri battiti risuonano nella stanza.

A un certo punto qualcuno bussa forte alla porta.
«Aspettavi qualcuno?» chiedo arrossendo.
«No, forse è la receptionist» si alza per aprire e vedo entrare furioso David.

Quel supplente che mi ha stravoltoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora