quattordici

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past

Sono le nove di mattina del penultimo giorno che passerò a Nessunposto, ho più o meno tutto il contenuto della mia valigia rovesciato su ogni superficie disponibile e stringo tra le mani un plico di schede dimenticato da Dio e da me.

I compiti delle vacanze. I fottutissimi esercizi di chimica che la mia insegnante di recupero e mia madre mi hanno ordinato di svolgere durante il mio soggiorno qui.

Ma possibile che con tutto quel tempo passato a crepare di noia non mi sia passato neanche per l'anticamera del cervello di farne un paio?

La mia valigia e quella di mio padre vengono abbandonate all'istante. Mi fiondo sul tavolino in cucina, arraffando la prima penna che mi capita sotto tiro. Ingoiando una tazza di caffè freddo mi fiondo sulle pagine, il mio cervello che scanna ogni angolo della mia testa alla ricerca di un qualche segno di riconoscimento, di un vago ricordo ammuffito riguardante formule ed elementi.

Con i pantaloni del pigiama ancora addosso, una maglietta scolorita sopra, i capelli ridotti ad un nido per via della mia abitudine di tirarmeli quando studio e l'appartamento ancora in rivoluzione dal giorno prima: è in queste condizioni che Jimin mi trova quando bussa alla porta due orette più tardi.

"E tu come fai a sapere dove abito?" chiedo, in contemporanea con il suo: "Dove accidenti eri finito?"

Jimin, ancora fermo sullo zerbino, squadra la mia tenuta casalinga e trae da sé le sue conclusioni, per cui si limita a rispondere alla mia domanda. "Mi avevi detto di villeggiare in un appartamento a direzione familiare e a Nessunposto c'è ne sono solo un paio. Mi è bastato chiedere ad Ashley per sapere da chi fosse occupato quello diretto da sua zia." mi spiega velocemente. "Allora, mi fai entrare o rimaniamo un altro po' sullo stipite?"

Ashley chi?

Ancora destabilizzato dalla sua presenza inattesa, mi faccio di lato tenendogli la porta, un gesto con la mano come d'invito. Regalandomi il terzo primo sorriso della giornata, Jimin mi passa a fianco chinando appena la testa, come per chiedere il permesso. Il profumo di crema solare raggiunge le mie narici e la pelle mi si accaIca tutta. Mi devo trattenere dall'inspirare rumorosamente.

Jimin si addentra per il breve corridoio che porta al salotto, la cucina visibile dalla porta scorrevole, e i miei occhi si mettono a saettare da tutte le parti, osservando come ogni singolo oggetto non sia al proprio posto. Approfittando del fatto che mi stia dando la schiena calcio furtivamente due riviste sotto il divano.

Lui varca la soglia della cucina, posando lo sguardo sul tavolo a malapena visibile sotto quello strato cartaceo di esercizi e fogli su cui ho lavorato fino ad ora.

"Come vedi sono abbastanza impegnato al momento." dico grattandomi distrattamente la testa.

Jimin fa scorrere l'indice contro il bordo di una pagina sporgente che si inclina appena sotto il suo tocco.

Davvero, devo sbatterlo fuori. Non c'è modo che io riesca a concentrarmi con lui presente.

"Lo spero per te. Ti ho aspettato in spiaggia per due ore oltre il mio solito turno."

Si volta leggermente verso di me, i capelli che gli scivolano tutti verso un lato della fronte coprendogli un occhio. Piega gli angoli della bocca all'insù, come per chiarire la natura scherzosa del suo tono lamentoso, ma vengo punto comunque dai sensi di colpa all'idea. Non pensavo che sarebbe rimasto ad aspettarmi per tutto quel tempo. In tutta sincerità avevo anche pensato fare un salto al lungomare per avvisarlo della mia assenza, ma non sembrava una cosa da me.

Il mio porgli le scuse assomiglia più al giustificarsi.

Faccio il giro del tavolo, fronteggiando Jimin al polo opposto. Smuovo un po' di schede, raddrizzandole o ammucchiandole, come per sottolineare il mio essere indaffarato.

Inghiottito dal Mare, Rapito dalla Luna - UNDERNEATH THE MIRROR (BTS Yoonmin)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora