ventotto

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(past)


La donna del meteo è l'unica ha spezzare il silenzio in cucina con la sua parlantina allegra.

Ci sorride dalla televisione e ci mostra con un cenno della mano le varie simbologie sulla cartina del nostro paese.

Io e papà siamo ancora seduti a tavola, intenti a cenare. Mamma ci da la schiena, intenta a lavare le pentole che ha appena adoperato ancor prima di mettersi seduta e mangiare; dice sempre che non riesce a rilassarsi appieno se sa che dopo le spettano delle altre faccende casalinghe da sbrigare.

Non dice mai che non riesce a stare seduta composta a ignorare così sfacciatamente la presenza di mio padre. Le ultime volte che ci ha provato finiva sempre per ripiegarsi su di me per cercare di intavolare una conversazione sana. Oppure semplicemente iniziavano a litigare tra di loro.

Che più o meno è quello che penso stessero facendo prima che io scendessi per la cena.

Quando fanno così la cosa migliore è sempre stare alla larga. Non che mi costi tanti sforzi.

E' da quando mi sono seduto a tavola che mi sento oppresso. Troppo bianco dappertutto. Sono bianche le piastrelle in ceramica, il soffitto, le pareti, i denti di papà, i piatti, la tovaglia, la mia pelle, il frigo, il cartone del latte, lo strofinaccio che sta usando mamma, i tovaglioli.

Affondo la forchetta nel mio uovo sodo facendolo sgusciare dall'altra parte del piatto, intatto.

Dopo tutto questo non parlare mio padre fa l'errore madornale di interromperlo, chiedendo a mia madre di passargli uno dei liquori chiusi nella credenza proprio di fianco a lei.

La linea rigida che è la bocca di mia madre quando si volta verso di noi mi suggerisce che abbia rimuginato sulla loro precedente discussione per tutto questo tempo. Punta gli occhi struccati dritti su mio padre mentre apre lo sportello della suddetta credenza, poi si fa da parte, lasciando ad entrambi la visuale libera.

La credenza non è mai stata più vuota di così. Metà delle bottiglie di liquori, vini e alcool liscio è sparita, ed in quelle ancora presenti le quantità di liquido all'interno sono minime.

La mia testa rimane bassa, gli occhi sul riflesso argentato della forchetta.

"Credevo che almeno il vizio del bere non l'avessi."

"Infatti non ho bevuto niente più del mio solito bicchierino serale."

"A quanto pare non abbiamo la stessa concezione di bicchierino, allora."

"Lo giuro, non sono stato io."

Questo manda ancora di più in bestia mia madre. Non può sopportare quell'ultima, infantile frase detta dalla bocca di quello che dovrebbe essere un uomo maturo. Lei alza il tono di voce, lui la segue a ruota. Io deglutisco, temendo che anche solo quel suono minimo mi possa rendere nuovamente visibile ai loro occhi.

"E allora che fine ha fatto tutta quella roba, me lo spieghi? Devo averla bevuta io, senza ombra di dubbio, io che sono astemia. Oppure il tuo figlio minorenne, perché no? Tanto, a questo punto."

Il sarcasmo nella sua voce è pesantemente ovvio, ma qualcosa scatta nella mente di mio padre. Lui sa di non aver bevuto quell'alcool. Sa anche che non è stata mia madre.

La constatazione è abbastanza logica.

Sento i suoi occhi su di me dall'altra parte della tavola. Lo stesso sguardo intenso, confuso ed incredulo con cui mi aveva guardato quell'ultima sera a Nessunposto, quando gli ho detto che sarei tornato a casa seduta stante.

Passano un trilione di anni prima che gli occhi di mia madre seguano quelli del marito e atterrino anch'essi sul sottoscritto. Mi trovano con il mento incollato al collo, il viso nascosto dai capelli trascurati.

Mamma capisce l'implicazione.

La sua voce, che fino a un attimo primo sembrava pronta a ruggire contro mio padre, si fa piccola, esile, come se volesse parlare a un bambino. E' già spaventata anche alla sola idea.

"Yoongi," Traballa un po' sul mio nome, odiando prendermi in causa. "hai preso tu le bottiglie mancanti? Le hai portate a qualche festa con i tuoi amici?"

Quali amici, mamma?

Non alzo il capo, non do alcun cenno di aver capito che si sta rivolgendo proprio a me. Più il mio silenzio dura più la rabbia sul suo viso si squaglia, gocciola sul pavimento pulito.

"Yoongi?" chiama una seconda volta.

Le mie mani si chiudono sul mio viso.

Lo strofinaccio umido viene buttato a terra. I passi di mia madre rimbombano veloci su per le scale che portano al piano superiore, la maniglia della porta di camera mia viene spinta verso il basso. Nel giro di poco i piedi di una sedia stridono sul pavimento, mio padre le va dietro con passo pesante.

Dopo un po' li seguo a mia volta.

Quando raggiungo papà sullo stipite della porta, la mia camera è già stata messa per metà sottosopra. Mamma apre freneticamente un cassetto dopo l'altro, ci fruga all'interno alla cieca e passa a quello dopo, senza chiuderli mai. Svuota i comodini, guarda sotto il letto, alza i cuscini. Apre le ante dell'armadio dei vestiti e qualcosa in me si spezza in anticipo.

Le sue mani riemergono da una pila di vestiti non più ordinata stringendo un paio di bottiglie semivuote. Con il pollice ne fa saltare il tappo e se le porta al naso: le prime lacrime iniziano a rotolarle giù dalle guance.

Con la metà della forza in corpo rispetto a pochi momenti prima, mamma sfila completamente un cassetto dall'armadio e ne rovescia il contenuto a terra. Mucchi di calzini appaiati e non rotolano ai suoi piedi. Lei si siede sui talloni, ne prende tra le mani uno.

Lo rovescia e una confezione di pillole le colpisce il ginocchio quando cade.

Le guance di mia madre diventano laghi.

Ogni paio di calze che esamina rivela almeno una striscia di lamina da quattro antidepressivi. Non smette fino a quando non ce ne sono più. 

Inghiottito dal Mare, Rapito dalla Luna - UNDERNEATH THE MIRROR (BTS Yoonmin)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora