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(present)


"Una volta mi hai detto che hai paura di andare in prigione."

Una smorfia infastidita mi risale sul mento.

"Non è che ne ho paura. E' un dato di fatto, una possibilità."

La signorina Richardson butta giù un sorso del suo té freddo, insofferente quasi quanto me. Ad ogni seduta sembra più provata dell'altra; sperava che con il tempo mi sarei aperto, che avrei semplicemente parlato senza fare storie, ma tutte le volte si ritrova a scucirmi le parole di bocca. Il tutto guarnito di una bella dose di insolenza e scorbutaggine.

"Perché la pensi così? Tuffarsi è stata una sua scelta, non hai colpe."

"La mia presenza lo ha istigato. Se avessi smesso prima di fare il cretino, o ancora meglio, se avessi piantato la nostra amicizia prima ancora che nascesse tutto questo non sarebbe successo."

La signorina Richardson aguzza le ciglia. E' un discorso che abbiamo già affrontato, questo, venendone a capo con niente. Continuo a ripeterle che di solito non avrei mai dato confidenza a una persona qualsiasi così facilmente e in così poco tempo, che non è stata una cosa da me, che non è così che sono abituato a comportarmi.

"Certe cose devono accadere e basta, Yoongi. Non puoi prenderti una responsabilità così grande solo perché hai assistito alla cosa."

"Non posso neanche non darmene." dico breve, la mia voce da schiarire.

Parla così solo perché lei non c'era, perché non l'ha vissuto sulla sua pelle. Non ha sentito i telegiornali parlare di quanto la polizia fosse confusa sulla natura del gesto del ragazzo; non ha ascoltato dibattiti sul fatto che si trattasse di un incidente, di un suicidio o di un omicidio; non ha saputo della testimonianza del bagnino che ha trovato quel corpo sulla spiaggia, convinto in un primo momento che il collega fosse stato colto da un malore, non sa del fatto che abbia provato a rianimarlo per poi scoprire che non c'era battito cardiaco.

Quello che più mi sconcerta è il perché nessuno mi abbia tirato in ballo. Sono stato con Jimin ventiquattro ore su ventiquattro per tre giorni, siamo usciti fuori a mangiare, abbiamo frequentato la spiaggia, e nessuno, nessuno ha detto una parola su di me. Cavolo, eravamo due ragazzi dai capelli incredibilmente sgargianti perennemente insieme. Dovrei credere che nessuno ci abbia notati?

Concludo. "Per Nessunposto l'accaduto è un mistero. L'unico a sapere qualcosa sono io, e l'unica cosa che io so è che si è tuffato per impressionarmi." Disegno una freccetta immaginaria con il dito nell'aria, come se le stessi illustrando graficamente la vicenda. "Colpa mia."

Le labbra rosse ciliegia della signorina Richardon si separano ma lei non proferisce parola. La chiamo una vittoria fino a quando lei non decide di cambiare argomento.

"Quindi ieri sei uscito con il tuo amico Taehyung?"

Butto fuori l'aria che non mi ero accorto di trattenere dal naso, tornando con la schiena appoggiata all'indietro. "Si."

"Ci sono stati cambiamenti, gli hai raccontato qualcosa?"

"Niente di nuovo."

La signorina Richardson esita prima di insistere. "Ne hai intenzione?"

"No."

"I tuoi genitori?"

"Lasci perdere i miei genitori."

Lei si aggiusta sulla sua poltroncina, sporgendosi sulla cattedra come per avvicinarmisi. A quanto pare oggi ha proprio voglia di litigare.

"Yoongi, ma non senti il bisogno di sfogarti? Di lasciarti andare e svuotarti da tutto quello che hai dentro?"

"Mi sto confidando adesso."

"No, questo è raccontare, tu non confidi mai niente."

Vengo punto dal suo tono di voce, come se fosse offesa personalmente da questa mia mancanza. Aspetti e speri, signorina Richardson.

Un sorrisino falso mi increspa la bocca. "Attacchi di panico e alcool presumo siano più che sufficienti." Mi mordo la lingua per non aggiungere un e più efficienti.

Mi aspetto che lei mi guardi male, che sospiri, che dichiari in un qualche modo che ne ha piene le scatole di me e dei miei problemi, ma invece faccio appena in tempo a spostare la mia mano dalla superficie lignea della cattedra quando lei fa per prendermela.

I suoi occhi, oggi sottolineati da un abbondante strato di matita, paiono volermi succhiare via l'anima. La sua mano ricade vuota sulle sue gambe, come se non si fosse mai mossa da lì.

"Hai pianto?" mi chiede, la voce più gentile di quanto mi aspettassi.

Non so come rispondere. Non so se rispondere. Tutte le volte in cui ho bevuto fino a star male, in cui ho delirato fino a perdere i sensi, non riesco a ricordare se ho anche pianto o meno. Non credo. Di sicuro so che non l'ho fatto da sobrio, alla luce del giorno.

In fondo, come potrei? Questa situazione è troppo irreale. Come posso piangere quando vivo con l'illusione che, dopo che quei portoni dell'ambulanza sono stati chiusi, Jimin si sia risvegliato e nessuno si sia ricordato di annunciarlo su scala internazionale? 

Inghiottito dal Mare, Rapito dalla Luna - UNDERNEATH THE MIRROR (BTS Yoonmin)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora