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(present)


Nonostante il mio psichiatra ed io avessimo davvero valutato tutte le situazioni possibili ed immaginabili in cui sarei potuto incappare una volta qui, capisco solo ora che mi ci ritrovo dentro fino al collo che come preparazione non valga davvero niente. A cosa è servito sprecare tanto tempo e tante parole se nel momento in cui riconosco il paesaggio fuori dal finestrino del treno farei di tutto pur di non mettere piede a terra?

Semplicemente non sono pronto.

Non ero pronto a rivedere quei chilometri di campi coltivati, i pozzi di verde e gli spiazzi di mare che isolano Nessunposto. Non ero pronto neanche quando mi sono reso conto che l'albergo prenotato da Taehyung è lo stesso edificio a cui sarò passato davanti un centinaio di volte nelle mie scorribande con Jimin. Non ero pronto a passare davanti a quella gelateria dalle tinte lillà.

Sugli scalini è seduto un bambino paffuto, un grosso cono sgocciolante stretto tra le mani. Devo ritenermi fortunato ad aver rifiutato il cibo offertomi prima perché il mio stomaco si contrae in modo tutt'altro che piacevole.

Prego che Taehyung non se ne accorga. Seppur faccia caldo il mio amico mi ha circondato le spalle con un braccio da quando siamo usciti dall'albergo e non sembra intenzionato a mollare la presa. Non sono neanche riuscito a protestare.

Chissà come si sente riguardo a tutta questa situazione. Probabilmente sarà perennemente sull'attenti, pronto a intercettare qualsiasi mio messaggio corporeo e verbale. Magari sta pensando di aver fatto il passo più lungo della gamba prendendomi sotto la sua responsabilità davanti ai miei genitori e al dottore.

Un'altra cosa per cui non ero pronto è cercare l'indirizzo della casa di Jimin.

Come ogni edificio a Nessunposto non è nuova di pacca, tutt'altro. L'intonaco colorato da una tinta allegra tende a saltar via in più punti, perdendo briciole sul minuscolo spiazzo erboso posto davanti. I pochi gradini che saliamo sono rozzi, fatti di pietra.

Taehyung trova la forza di sorridermi, incerto, spronandomi a suonare il campanello.

Come se si trattasse del peggiore dei cerotti, io chiudo gli occhi, respiro, premo.

Un lungo suono prolungato parte automaticamente prima che una serie di passi si avvicinino e il portone si apra.

Dio, ha i suoi occhi.

La madre di Jimin. La donna che ho visto di sfuggita una sola volta nella mia vita, ancor prima di vedere suo figlio. La donna che lo ha visto crescere, la donna che è stata lasciata sola così presto.

E' piccola di statura, rotondetta, dalla carnagione nocciola. I capelli corvini tenuti sopra le spalle non le coprono l'espressione bianca con cui ci guarda.

"Buongiorno." ci dice, una vaga aria di diffidenza.

Solo Tae ricambia il saluto. Io sono troppo impegnato a rincorrere tutti i segni rintracciabili come i lineamenti di Jimin sotto un paio di rughe. La donna non sembra dar segno di riconoscermi.

"Avete bisogno?"

E' di nuovo il mio amico a prendere parola, la sua presa sulla mia spalla più ferrea, come se mi stesse impedendo fisicamente di piegarmi in due e vomitare anche l'anima sullo zerbino di casa.

"Ecco, ci dispiace disturbarla, ma ci stavamo chiedendo se, ehm, non potessimo parlare con lei. Magari entrare."

Il viso della signora Park si increspa man mano un po' di più. E' evidente che è indecisa su cosa fare nel ritrovarsi sulla porta di casa due ragazzi che chiaramente non sono del posto. La sua mano è già sulla maniglia quando dice: "Non sono interessata a comprare niente."

Inghiottito dal Mare, Rapito dalla Luna - UNDERNEATH THE MIRROR (BTS Yoonmin)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora