Capitolo 22

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Il cuore di Natalie batteva all'impazzata, come se dentro di lei stesse passando un'intera banda di paese che suonava i tamburi ad un ritmo forsennato. Ma ormai era arrivata fino a quel punto e, nonostante la sua agitazione si potesse tagliare con un coltello, era tardi per fare marcia indietro. Con un sospiro, spinse la porta girevole dell'hotel ed entrò. Appena la porta smise di fare il suo giro e Natalie si ritrovò dentro la hall, rimase letteralmente a bocca aperta e senza fiato: un grande pavimento di marmo con un disegno geometrico si trovava sotto ai suo piedi e il bancone della reception era delimitato da due grandi pilastri che avevano sopra di sé dei lampadari di cristallo a semicerchio.

I receptionist dell'albergo erano cinque, e il bancone aveva una parte inferiore di legno e una superiore di marmo, ma Natalie non aveva fatto un passo verso di loro, bensì era rimasta bloccata ad ammirare la maestosità di quel posto.

"Natalie, magari sarà il caso di registrarsi, che ne pensi?", disse Violet, arrivando al suo fianco e facendola sobbalzare per lo spavento.

Staccò gli occhi da quello spettacolo bellissimo e guardò verso la sua amica, imbambolata, dicendo:

"Sì, sarà il caso di registrarsi, non vorrei essere l'ultima, come sempre. E' che sono rimasta colpita da tanta bellezza, non avevo mai visto un hotel così maestoso".

"Beh, in effetti lascia anche me senza fiato, nonostante con i miei clienti abbia visto qualche posto davvero lussuoso. Ma questo li batte veramente tutti", disse sorridendo.

Natalie la guardò di nuovo, poi prese un profondo respiro e si incamminò al bancone con la sua valigia, sperando che non ci fossero problemi, come le succedeva spesso. Violet seguì in silenzio la sua amica, non sapendo cosa dire e non volendo aumentare ancora di più il suo nervosismo dicendo qualcosa di stupido o fuori luogo perché, per quanto Natalie stesse cercando di mostrarsi il più possibile calma e a suo agio in quella situazione, Violet sapeva benissimo che era agitatissima, perciò non voleva dire niente che potesse anche solo incrinare quella facciata che Natalie si era costruita.

"Buongiorno, sono Natalie Jhonson, e sono qui con la signorina Violet Williams. Dovrebbe esserci una camera prenotata a nostro nome, dal signor Caleb Evans", disse, con la voce un po' tremante, che non riuscì a nascondere la sua agitazione.

La ragazza che stava di fronte a lei, e che continuava a battere freneticamente sul computer ignorandola mentre stava parlando, alzò gli occhi da quello che stava facendo solo quando sentì il nome di Caleb Evans.

Due occhi grigi come l'acciaio studiarono freddi Natalie, come se cercassero di capire cosa ci facesse una ragazzina come lei in un luogo come quello e, soprattutto, perché Caleb Evans avrebbe dovuto prenotare una stanza per una come lei. Natalie si sentiva profondamente a disagio, perché sapeva che quello non era certo il suo posto, ma Caleb l'aveva scelta per conoscerla, perciò nessun altro poteva permettersi di giudicarla solo per come era vestita o poteva criticare la scelta che Caleb aveva fatto per volerla lì.

Natalie sentì Violet dietro di lei che stava per aprire bocca e si voltò, fulminandola con lo sguardo: non doveva certo essere difesa e, se quella receptionist aveva qualcosa da dirle, lo doveva dire a lei, e non spettava certo a Violet rispondere per lei, anche se lo aveva sempre fatto perché era la meno timida delle due.

Ma quando Violet di accorse dello sguardo assassino che aveva assunto Natalie, chiuse rapidamente la bocca, rivolgendole uno sguardo d'appoggio.

"Mi scusi, che nome ha detto", chiese con voce melliflua la receptionist, scostandosi i lunghi capelli corvini dal volto.

"Natalie, Natalie Jhonson. So che c'è una prenotazione a nome mio perciò, se mi può far registrare, vorrei andare in camera a darmi una rinfrescata, prima che arrivi Caleb. Presumo che lui ancora non ci sia, giusto?", chiese con voce ferma Natalie, guardando dritta la ragazza negli occhi.

Scommetto su di meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora